Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BUONTEMPO
Teodoro Carunchio (Chieti) 21 gennaio 1946. Politico. Diploma di ragioneria,
giornalista, primo segretario del Fronte della Gioventù (1970), capocronista del Secolo d’Italia, ex membro del comitato centrale del Ms-Dn, deputato dal 92 (Alleanza
Nazionale) • «“Quando nel 1992 mi affidarono la circoscrizione elettorale che comprende Ostia
Lido, Casalpalocco, Castel Fusano, Castel Porziano e Infernetto,
centottantamila residenti, non fu quel che si dice un favore”. Si considera tollerato a malapena nel partito: amato dalla base, inviso ai
vertici. Conquistò palmo su palmo il territorio. In questo ci sa fare. “E anche il seggio, tradizionale appannaggio della sinistra. Quand’ero giovane i capelli mi arrivavano fino alle spalle, avevo la barba. Dormivo
nella Cinquecento di papà davanti alla facoltà di Architettura. Il posto mi sembrava sicuro e poi c’era una fontanella per lavarmi”. Fu allora che lo soprannominarono “er pecora”. “Ma nessuno mi conosceva così. È stata la Repubblica, non ricordo chi, a riesumare quel nome, quando Fini era lì lì per battere Rutelli. Volevano accreditare l’immagine del rozzo, del picchiatore”. Non intendeva certo smentirla, nel dicembre 1996, quando tirò un pugno al giornalista Giancarlo Perna, colpevole di avergli messo in bocca
dichiarazioni sgradite a proposito nientemeno che di Alessandra Mussolini,
nipote del Duce. O quando disse dei naziskin che “bisogna prenderli a calci”. “Mio padre Giovanni era socialista. Faceva il muratore in un paesino di montagna
dell’Abruzzo, Carunchio, provincia di Chieti. Denunciò gli abusi di potenti del posto e fu costretto ad andarsene. Mamma dovette
abbandonare il lavoro in macelleria”. Si trasferiscono a Ortona, e qui inizia la carriera del contestatore. La
partenza invero È soft e persino apolitica: “Volevo rompere la logica dei ragazzi da una parte e delle ragazze dall’altra. Irrompevo nelle scuole alla ricreazione col mio slogan: ‘Il ballo È libertà’”. Così viene notato e avvicinato da vari politici. Ma ha un debole per il Movimento
Sociale. Perché era il partito dei vinti e perché il Duce qualcosa di buono aveva fatto, non come Hitler, tutto odio razziale.
Nel Msi fa carriera a livello locale, lo zio socialdemocratico gli toglie il
saluto. Il padre muore d’infarto, la madre s’ammala di cirrosi. Col diploma in ragioneria, s’adatta a scaricare casse tra il porto e la stazione. Poi prende la Cinquecento.
Tenta qualche esame a Scienze politiche, la sera fa il cameriere al night club
Rupe Tarpea. Viene il 68. “Il Sistema fece in modo di dividerci con la logica degli opposti estremismi”. Abbandona l’università, va a vivere in via Firenze, in sezione: per letto una pila di manifesti, vita
privata zero. “Per campare toglievo le copertine ai fumetti in resa. L’uomo mascherato, Capitan Mike. Gli editori cambiavano le copertine e rivendevano
i fumetti come nuovi. Poi, c’È quasi da ridere, compravamo lastre radiografiche all’Ospedale. Di notte in riva all’Aniene le facevamo scaldare. A temperature altissime, liberavano l’argento che colava negli stampi, si formavano lingotti. Se avessi continuato
quest’attività sarei miliardario”. Dopo il business dei lingotti venne l’assunzione al Secolo. “Al Secolo rompevo i coglioni, ero nel cdr, feci assumere Storace abusivo.
Trattai anche una vertenza. Io al tavolo con l’Fnsi, Almirante e l’esecutivo all’altro. Mi misero in cassintegrazione, alla prima occasione fui licenziato”. Nell’81 entra in Consiglio comunale a Roma e ci resta per sedici anni» (Antonio Armano)
• Sposato con Marinella Vuoli, tre figli (Maria, Michele, Gianni).