Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

BUFFON

Gianluigi (Gigi) Carrara 28 gennaio 1978. Calciatore. Portiere della Nazionale e della
Juventus. «E fino a vent’anni che faccio?» (Buffon quattordicenne all’allenatore dei portieri Ermes Fulgoni che gli aveva detto: «Tu a vent’anni sei in serie A»).



VITA Campione del mondo in Germania 2006, dove è stato giudicato il miglior portiere del pianeta. Ha giocato tutte le partite
subendo due gol, uno su autorete (Zaccardo, contro gli Stati Uniti, 17 giugno
2006), l’altro su rigore di Zidane nella finale con la Francia, terminata 1 a 1 e decisa
poi da altri cinque calci di rigore (9 luglio 2006). Di questi, Buffon non ne
ha intercettato nessuno, ma si dice sia stato capace di deviare sulla traversa
con lo sguardo il tiro di Trezeguet, suo compagno di squadra nella Juventus e
da lui ben conosciuto. Sacchi: «è il miglior portiere italiano di tutti i tempi»
• «Nessuno mi ha mai chiesto di diventare un professionista nel calcio o in qualche
altra disciplina. Giocando un po’ a tutto ho trovato la mia strada, ma fin da quando mi divertivo in pineta con i
miei amici, a 6 anni, sapevo che il mio sport sarebbe stato il calcio. Proprio
a quell’età i miei genitori mi hanno iscritto alla scuola calcio Canaletto, di La Spezia.
Mi ricordo l’allenatore, Libero Salvetti, e tanti bambini che volevano solo entrare nel
calcio, come me. Poi quando sono stato in età da Pulcini sono andato a giocare nel Perticata, squadra di Carrara. Ho un bel
ricordo degli allenatori, Boni, Rosini e Avallone, e di molti compagni. Fra l’altro non avevo nemmeno un ruolo definito, anche se già all’epoca mi entusiasmavano i portieri. Spesso
giocavo a centrocampo, non me la cavavo male» • «Un giocatore che da bambino mi piaceva tantissimo, proprio nel mio periodo da
centrocampista, era Lothar Matthaeus. Ero piuttosto un cultore delle squadre e dei personaggi un po’ strani, fuori da certi schemi. Mi entusiasmava il Pescara di Galeone, ma come
tifo mi sentivo del Genoa. Da centrocampista giocai la mia prima partita a San
Siro, a 10 anni, una sfida fra i migliori bambini della Toscana e quelli del
Veneto. Un’emozione incredibile, giocammo prima di Inter-Verona, nella stagione dello
scudetto interista 1988-89. Vinse l’Inter con gol di Berti, se non ricordo male» • «Il mito assoluto però per me era Thomas N’Kono, il grande portiere del Camerun. Il mondo lo aveva conosciuto ai Mondiali
del 1982, ma io ero troppo piccolo per ricordarmene, e mi innamorai di lui
durante Italia 90, quando con la sua Nazionale battè l’Argentina campione del mondo in carica nella partita iniziale e poi arrivò nei quarti di finale, dove venne eliminata dall’Inghilterra, grazie anche a due generosi calci di rigore concessi agli inglesi.
Mi ricordo che quella sera piansi»
• «Proprio dopo quei Mondiali passai al Bonascola, avevo 12 anni, e scelsi il ruolo
in maniera definitiva. Un po’ per la passione per N’Kono, un po’ per il cognome, e molto perché mi entusiasmava stare in porta. Tutti conoscevano Lorenzo Buffon, il grande
portiere di Inter e Milan, ma il paragone non mi è mai pesato, anche se le persone, soprattutto all’inizio, sentendo il mio cognome, facevano la faccia di chi è di fronte a un predestinato. O peggio, a un raccomandato. In realtà siamo parenti davvero alla lontana, lui è cugino di mio nonno, ma ci saremo incontrati cinque o sei volte in tutta la
vita. Tornando al Bonascola, devo dire che per me furono decisivi l’allenatore Piserini, ex portiere, e soprattutto il preparatore dei portieri,
Avio Manconi»
• «Intanto osservatori di tante società importanti mi stavano tenendo d’occhio perché, senza falsa modestia, stavo facendo davvero bene. In particolare mi seguivano
Parma, Milan e Bologna. Per un certo periodo il Milan fu la società più vicina a me, e non nego di aver pensato diverse volte a come sarebbe stato il
mio arrivo a Milanello, visto che si era nel pieno dell’era dei tre olandesi e dei tanti altri campioni. Ma poi insieme alla mia
famiglia scelsi il Parma, che era la squadra più vicina a casa. Ci andai da solo, nell’estate 1991: avevo 13 anni, ma i miei genitori si fidavano di me, anche perché è nella tradizione di famiglia il viaggiare per motivi sportivi: le mie sorelle
ne sanno qualcosa»
• «Appena arrivato a Parma non mi montai la testa, ma onestamente pensai che se ero
arrivato lì almeno in serie C, da grande avrei dovuto farcela ad arrivare. E sarei stato già contento così, giuro. Venni affidato alle cure di due grossi personaggi: l’allenatore Ermes Polli, a Parma un mito, con oltre 300 partite giocate con la
squadra in varie categorie, e l’allenatore dei portieri Ermes Fulgoni. Proprio Fulgoni mi diede da subito
grandissima fiducia. Dopo 6 mesi che ero lì già diceva che sarei arrivato in serie A»
• «Andando avanti nelle giovanili Fulgoni continuò a seguirmi come preparatore specifico, e come allenatore dopo Polli arrivò Rabitti. Nel racconto siamo arrivati agli Allievi Nazionali. Un bellissimo
settore giovanile, quello del Parma: mi sono rimaste amicizie con tanti
ragazzi, alcuni dei quali sono anche diventati professionisti di fama, come
Morello, Falsini, Barone, Franceschini. Nella Berretti l’allenatore era Michelangelo Benedetto e nella primavera Salvioni. Intanto ero
entrato nel mirino della prima squadra: stiamo parlando del 1995, a 17 anni e
qualche mese»
• «Nella rosa c’erano ottimi portieri, come Bucci, Galli e Nista, ma fin da subito Nevio Scala
dimostrò di avere fiducia in me. Durante l’estate mi fece giocare gli ultimi minuti di un’amichevole che stavamo vincendo per quattro a zero, e ne feci di tutti i colori.
In negativo» • «Ma Scala continuò a credere in me, pur considerandomi per quello che ero, cioè un ragazzo promettente: cercò di farmi da tutore, anche fuori dal campo, ma anche i dirigenti del Parma
fecero la loro parte per non farmi subire troppo l’approccio con il professionismo. Torniamo a quella stagione 1995-96. In coppa
Uefa, contro l’Halmstadt, si fece male Bucci, Galli era andato alla Lucchese, e Scala mi fece
entrare. Finì 0 a 0, avevo 17 anni e avevo giocato in Europa prima che in serie A! La
domenica dopo fece giocare Nista, ma continuò a tenermi d’occhio. Fino a quando, contro il Milan, il 19 novembre 1995, disse che era
arrivato il mio turno. L’allenatore dei portieri Di Palma aveva lavorato tantissimo sulla mia tecnica,
sentivo di essere migliorato»
• «Più che emozionato mi sentivo felice, una sensazione strana per un debuttante di 17
anni. Entrando in campo mi sembrò di avere sempre giocato in serie A, ma non era una sensazione da spaccone, era
solo che mi sentivo al mio posto. Insomma, come ho detto prima, ero felice. Fra
l’altro la situazione era potenzialmente di tensione, anche per un calciatore
esperto, figuriamoci per un ragazzo. I compagni furono molto bravi: Sensini,
Couto, Apolloni non mi fecero delle grandi raccomandazioni, e la cosa mi fece
capire che ero pronto. Solo Stoitchkov, nella sua maniera simpatica, mi disse
all’orecchio delle parole che non ho dimenticato. Finì zero a zero, non avevo preso gol»
• Divenuto titolare l’anno seguente, con Ancelotti, venne chiamato in Nazionale da Cesare Maldini che
lo fece esordire contro la Russia (29 ottobre 1997, qualificazioni ai Mondiali
di Francia 98): «Un freddo cane. Lì sì emozionantissimo, altro che che San Siro contro il Milan. A pochi secondi dalla
mia entrata in campo feci una parata difficile e mi sbloccai» • Nella stagione successiva (1998-99) vince col Parma la coppa Uefa (l’allenatore era Malesani). Salta, per una frattura al dito, l’Europeo del 2000. Nel 2001 viene comprato dalla Juventus per 70 miliardi di lire
più il centrocampista Brighi (un valore stimato di 100 miliardi di lire, più di 50 milioni di euro). Gli vengono garantiti dieci miliardi di lire netti a
stagione per cinque anni • Con la Juve vince quattro scudetti (2001-2002, 2002-2003, 2004-2005, 2005-2006)
e le supercoppe italiane 2002 e 2003. Perde ai rigori la finale di Champions
League del 2002-2003. Nono nella classifica del Pallone d’oro 2003, 17° nel 2004, 19° nel 2005, nomination anche nel 1999 e nel 2001. Nel 2004 e nel 2005 è stato eletto miglior portiere del mondo dall’IFFHS (International Federation of Football History & Statistics, in italiano Istituto di Storia e Statistica del Calcio)
• Dal 14 agosto 2005, per via di una lussazione alla spalla patita durante un
incontro col Milan per il trofeo Berlusconi, è stato fermo tre mesi. Il Milan ha presentato le sue scuse prestando alla Juve
il portiere Abbiati • Viene da una famiglia di sportivi. I genitori sono stati due campioni dell’atletica: la madre, Maria Stella Masocco, carrarese a sua volta, è stata campionessa italiana di lancio del peso e diciassette volte di lancio del
disco, stabilendo nello stesso giorno (14 maggio 1972) il record italiano in
entrambe le specialità (rispettivamente 15,43 e 57,54); il padre Adriano, di Latisana (Udine), è stato medaglia di bronzo nel lancio del peso agli Europei di Varsavia 1964. Le
sorelle Guendalina e Veronica sono due affermate pallavoliste e hanno giocato
sia nella serie A1 che in Nazionale (il marito di Guendalina è Mario Caruso, giocatore di basket)
• La famiglia ha uno stabilimento balneare a Poveromo, tra Marina di Massa e
Forte dei Marmi (“La Romanina”). La sorella Veronica ha detto che quando Gigi si mette dietro al bancone «si vendono un sacco di gelati in più» • Spesso al centro di polemiche e scandali. Nel 1996, volendosi iscrivere alla
facoltà di Giurisprudenza di Parma e non avendo il diploma di scuola superiore (era
stato bocciato in terza e aveva inutilmente frequentato poi un istituto
privato) presentò in facoltà un diploma rilasciato da una scuola romana che, a un controllo, risultò falso. Spiegò di averlo comprato, che s’era trattato di un’ingenuità e pregò di essere perdonato
• Il 26 settembre 1999, al termine di Parma-Lazio (1-2), esibì una maglietta con la scritta “Boia chi molla”, lasciandola ben visibile anche durante le interviste televisive. Fu multato
per questo di 5 milioni, e alle accuse dei giornali rispose dicendo di non
saper nulla della storia di quella frase e che era stata una ragazzata (Lo slogan “Boia chi molla” era stato inventato dal missino Ciccio Franco durante la rivolta scoppiata a
Reggio Calabria il 5 luglio 1970: i reggini non volevano che capoluogo di
Regione fosse Catanzaro. I moti durarono fino a febbraio 1971, quando il
presidente del Consiglio Emilio Colombo promise di costruire a Reggio Calabria
il quinto centro siderurgico nazionale - ndr) • Per la stagione 2000-2001 comunicò alla stampa di aver scelto come numero di maglia l’88, suscitando vibrate proteste delle comunità ebraiche italiane, e in particolare del responsabile sportivo Vittorio
Pavoncelli: l’88, in epoca nazista, era stato il modo abbreviato per significare “Heil Hitler”. Buffon disse stupito che per lui voleva dire “Quattro palle” e che gli era parso un modo spiritoso per prendere in giro la propria bravura.
Cambiò comunque subito numero di maglia (Massimo Fini: «Ma che processo alle intenzioni è mai questo? Adesso siccome il numero 88 disturba la sensibilità degli ebrei, per fatti accaduti cinquantacinque anni fa quando non solo Buffon
ma la maggior parte di noi non era ancora nata, dovremmo espungerlo dalla
matematica come i superstiziosi fanno col 17? E se per caso, in una operazione,
ci capita il terribile numero 88, che facciamo? Chi ci salverà dalla comunità ebraica?»)
• Nel 2006, alla vigilia dei Mondiali di Germania e in margine allo scandalo
Moggi, fu accusato dalla magistratura di aver scommesso su un
Atalanta-Juventus, ottavi di finale di coppa Italia (stagione 2004-2005) e su
un preliminare di Champions League dell’agosto 2004 (2-2 a Torino, 4-1 per la Juve in Svezia) su cui avrebbero puntato
anche altri juventini e di cui parlano in una telefonata Moggi e Bergamo. In
base alle indagini, sarebbe risultato che Buffon era uno scommettitore
accanito, che si serviva per le puntate di un magazziniere della Parmalat, il
quale andava normalmente a scommettere a un Internet point di Parma attraverso
il quale si metteva in contatto con degli allibratori inglesi. In questo modo,
il giocatore avrebbe dilapidato due milioni di euro. L’accusa mise in pericolo la sua partecipazione al mondiale tedesco, dove poi si
laureò campione
• Fa beneficienza. Ha fatto il servizio civile in una comunità per tossicodipendenti, ha passato un’estate in Africa per aiutare la popolazione locale nella costruzione di un pozzo
• Poiché non possiede una Fiat, ma una Porsche gialla, non può usufruire del parcheggio riservato ai calciatori all’esterno dello stadio di Torino • Molti flirt. Da ultimo con la modella ceca Alena Seredova, conosciuta nel 2003
al Pineta di Milano Marittima per la festa dei 30 anni di Vieri.



FRASI «Sono una persona allegra. E non lo sono per i miliardi che guadagno, ero così a 13 anni nella Carrarese» • «Io leggo Topolino, mica Superman» • «Elegante o sportivo, scelgo abiti che attirino l’attenzione. Non mi va di essere scontato, banale» • «A me piace andare in sala stampa dopo la gara e ammettere gli sbagli. Non capivo
perché tutti i tecnici me lo sconsigliassero. Invece avevano ragione loro. Tra due
mesi, stai sicuro, salterà fuori uno a ricordarti lo sbaglio e a sottolinearlo» • «Mentre aspetto che l’azione si avvicini alla mia area, mi capita spesso di fantasticare. Succede pure
nelle sfide più importanti. Butto l’occhio su un cartellone e inizio a pensare alla pubblicità, ai colori. La testa lavora».


COMMENTI «Fa tutto con sicurezza, è questa la sua forza. Ma questo può anche perderlo» (Rossano Giampaglia, che fu allenatore della Nazionale under 21) • «Ha la bandana del pirata e lo sguardo limpido del guascone per caso, di quello
che, quando fa una marachella, lo beccano subito. Mentre altri, molto peggio di
lui, la sfangano sempre» (Roberto Perrone) • «Il buon portiere deve parare il parabile: uscire, chiudere lo specchio, indurre
all’errore la punta avversaria, parare qualche rigore, non esagerare con il tuffo
spettacolo e badare alla praticità. Ma il portiere grandissimo ha un solo compito, oltre a tutto ciò: prendere anche l’impossibile. La palla all’incrocio, il tiro sotto misura, il rimpallo nell’area piccola, il colpo di testa che schizza in una mischia, la deviazione
sfortunata di un compagno. Gigi Buffon è il migliore, e sappiamo perché. Perché quando c’è lui in porta, nella Juventus o nella Nazionale, niente è impossibile» (Edmondo Berselli).



POLITICA è di destra. Secondo Filippo Nassetti del Foglio sta tra An e Alessandra
Mussolini («con Fini in vantaggio»)



VIZI Ha, e seriamente, il vizio del gioco • «C’è una piccola casa di fianco alla nostra villetta, lui si chiude lì dentro, nessuno lo può disturbare, e sapete che cosa fa? Si mette a cantare i cori degli ultrà! Una volta l’ho spiato dalla finestra, mi sembrava impazzito. Saltava come un bambino,
rideva... Gli ho detto: “Guarda che tu sei un giocatore, mica un tifoso”. Mi ha risposto che l’anima non gliela cambierà nessuno, e ha ripreso a cantare come fanno i Boys. Ogni volta che torna a casa
la scena si ripete» (la sorella Veronica)
• «è un po’ permaloso, se la prende facilmente per le piccole cose. E dà molta importanza a ciò che dicono gli altri. A volte troppa, non distingue le amicizie. Glielo dico
sempre che dovrebbe stare più attento» (Alena Seredova) • «D’inverno faccio sempre il fioretto e cerco di fumare solo la domenica dopo la
partita. D’estate qualcosa in più» • Patito del tennis (Federer e prima Younes El Aynaoui. Felice perché Nadal gli ha detto che lo sceglie sempre come portiere alla playstation). Gli
piace anche l’hockey «dove se le danno» • Mania dei cerchietti • Cattolicissimo. Ha costretto la fidanzata Alena Seredova a seguire dei corsi di
catechismo per battezzarla e poi sposarla in chiesa.