Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BRITTI
Alex Roma 23 agosto 1968. Cantante. Chitarrista. Primo cd singolo Quello che voglio, nel 96. Nel 98, con Solo una volta, ottiene il primo grande successo. Nel 99 vince a Sanremo nella categoria nuove
proposte (Oggi sono io), nel 2001 è 7° tra i big (Sono contento), nel 2003 2° (7000 caffè) • «Avevo sei anni. La scalinata della chiesa di Monteverde il pomeriggio si
riempiva di ragazzi con la chitarra: suonavano Edoardo Bennato, Ivan Graziani,
De André, De Gregori. Ero rapito, affascinato dalla chitarra e dall’individualità che permetteva. I miei mi regalarono una Eko Junior, quelle piccole, da
bambini. Per un anno ci ho giocato, la suonavo come un tamburo. Poi un prete,
che dava lezioni di chitarra per coinvolgere i ragazzi nella messa cantata, m’insegnò i primi accordi: un anno dopo ero insieme a lui a insegnare agli altri
ragazzini. A dieci anni ho cominciato a suonare nei gruppi. A sedici un amico
fonico, che aveva uno stereo spettacolare a casa, mi registrò un album di David Lindley, rock tex-mex, e lì ho scoperto l’assolo alla chitarra elettrica che per me fu come scoprire la luna. Ho subito
comprato la chitarra elettrica, mi sono chiuso dentro casa per mesi: ho preso
Moonflower di Santana, un doppio live, e l’ho imparato a memoria. Poi con Cold shot di Steve Ray Vaughan ho scoperto il blues, Muddy Waters, John Lee Hooker, Jimi
Hendrix» • «Il grosso pubblico lo conosce come cantautore, ma lui è soprattutto un musicista, un chitarrista che tutti gli anni, la notte di
Capodanno, va nella tana romana del blues, il Big Mama, per il piacere di
suonare gratis accanto al vecchio e tosto bluesman americano Louisiana Red.
Alex Britti ha suonato per quindici anni nei locali italiani e europei, ed è proprio in quelle mille e mille serate, specie nei lunghi spostamenti in
pullmino fra una città e l’altra fatti di ore e ore di chiacchere fra strade e autostrade con gli altri
musicisti, che nascono le sue vere radici» (Fabrizio Zampa)
• «I primi tempi in cui suonavo facevo solo blues, finché mi sono accorto che la mia musica aveva una bella componente melodica. Insomma,
ho scoperto che mi piacevano le canzoni e ho ricominciato a frequentarle. Nelle
serate tutti badavano solo alla musica, mi guardavano le mani, mi chiedevano
gli accordi che usavo, e così ho sentito il bisogno di scrivere dei testi e raccontare le mie sensazioni. Io
sono un musicista blues, ma scimmiottare gli americani non mi è mai piaciuto e quindi porto avanti la filosofia del blues, che è figlio di tante madri, dall’Africa all’America, e che a prima vista sembra una cosa solo allegra ma ha testi che poi
dicono ben altro»
• «A me piace mescolare molti ingredienti. L’insalata mista di rock, pop, jazz e blues, il minestrone in cui nuotano Jimi
Hendrix, Eric Clapton, Thelonious Monk, Fatboy Slim e anche Barry White e Lando
Fiorini, che erano gli idoli dei miei genitori, è la ricetta ideale».