Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BORRELLI
Francesco Saverio Napoli 12 aprile 1930. Magistrato in pensione, responsabile dal maggio 2006 dell’ufficio inchieste della Federazione Gioco Calcio, carica che ha poi abbandonato
a seguito delle dimissioni di Guido Rossi • In magistratura dal 1955, è stato capo della Procura di Milano per più di 11 anni, 7 dei quali impegnato nell’inchiesta Mani pulite. Poi, dal 17 marzo 99 alla pensione (aprile 2002),
procuratore generale della Corte d’appello milanese. Tra i suoi atti giudiziari più clamorosi, l’invito a comparire fatto recapitare all’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi mentre a Napoli presiedeva un
vertice internazionale sulla criminalità. Il 12 gennaio 2002, all’inaugurazione dell’anno giudiziario in Corte d’appello, coniò lo slogan «resistere, resistere, resistere» contro le riforme del governo Berlusconi
• Il padre Manlio «era un uomo di grande presenza, un ex ufficiale di cavalleria con tratti
dannunziani e qualche rigidità del carattere. Mi metteva paura. Se a tavola mi guardava con severità, scoppiavo a piangere prima ancora che parlasse. Poi l’ho imitato in tutto, nella professione, nell’amore per Wagner, nel piacere di andare a cavallo. Lui non faceva nulla per
farsi temere: in tutta l’infanzia non ha mai alzato le mani su di me»
• Dice che a sette anni un adulto gli causò un forte trauma: «Sono un figlio di secondo letto, ma non avevo mai saputo che i miei fratelli
avessero avuto un’altra madre, morta quando erano piccolissimi. Nessuno mi aveva mai detto nulla.
Me lo rivelò quell’uomo stupido ridacchiando: “Ma che fratelli, i tuoi sono fratellastri”. Fu uno shock tremendo. Corsi a casa disperato. Volevo sapere, capire. I miei
avevano voluto salvaguardare l’uguaglianza tra fratelli: non dovevo sentirmi un privilegiato perché io avevo entrambi i genitori. Mi chetai, ma mi restò a lungo una fantasia di abbandono, il timore, che più tardi ho saputo comune a molti bambini, di essere un trovatello. Tremavo nel
mio lettino e pregavo che non fosse così»
• Bravissimo a scuola in tutte le materie, ma non in condotta • Fu soprannominato “il grande inquisitore”. «C’è chi ha fatto di tutto per screditare il nostro lavoro, anche attraverso i
soprannomi. Pochi sanno peraltro che sono finito a fare il pubblico ministero
per caso e, pur avendo fatto l’inquirente con scrupolo, la mia vera passione sarebbe stata quella di tornare a
fare il giudice, specie nelle cause civili. Non compro i libri di diritto, ma
sono attratto intellettualmente dal sottile meccanismo della sentenza, dal
rapporto tra fatto e norma. Sono figlio, nipote e pronipote di magistrati. Da
bambino spesso non potevo fare chiasso perché papà stava scrivendo una sentenza. A quel tempo il lavoro del magistrato,
specialmente se civilista, si svolgeva in casa. Forse viene da lì la mia passione per le sentenze. Anche per la tesi di laurea, incoraggiato da
Piero Calamandrei, scelsi come tema
Sentimento e sentenza» (da un’intervista di Stefania Rossini) • «Borrelli che festeggia incredulo la nomina a procuratore. Borrelli che scoppia a
piangere per il suicidio di Gabriele Cagliari. Borrelli che consola i cittadini
in coda davanti alla Procura di Tangentopoli. I ricordi dei “suoi” carabinieri, tre militari che, al suo fianco per quasi vent’anni, disegnano un ritratto diverso dalla figura istituzionale del procuratore
generale di Mani pulite. “Per noi è come un padre - spiega Angelo Gallo, con Borrelli dal 1983, prima come tutela
armata e poi come segretario-factotum. La sua dote più grande è una straordinaria umanità, che dall’esterno forse non si apprezza. Potrei fare mille esempi. Nei mesi più caldi di Mani pulite, tra il 92 e il 93, quando in questa Procura si
presentavano centinaia di denuncianti da tutta Italia, lui riceveva tutti, li
ascoltava uno per uno e poi li consigliava, indirizzava, rassicurava. Ecco,
Francesco Saverio Borrelli ci ha insegnato questo: che la legge è uguale per tutti e che tutti hanno diritto di essere trattati come cittadini»
• «Ero in ascensore con lui quando lo informarono che l’ex presidente dell’Eni si era ucciso a San Vittore - testimonia il carabiniere Pasquale Minniti -.
Scoppiò a piangere, coprendosi il viso con le mani. Si sono fatte tante polemiche per i
suicidi di Tangentopoli, ma io non l’ho mai visto soffrire come in quei momenti”. “Sì, anch’io penso che quella sia stata la settimana più brutta della sua vita - ricorda Alberto Ruggiero, il terzo militare della
procura generale -: i suicidi di Cagliari e Gardini, la strage di via
Palestro... La tensione, la paura di quei giorni terribili lo hanno segnato
profondamente”. Per i tre carabinieri, Borrelli è soprattutto “un uomo sereno ed equilibrato, che non si è mai montato la testa, nemmeno quando centinaia di fax, lettere e telefonate lo
acclamavano ogni giorno come eroe”. “Nel 1988, quando lo nominarono procuratore, quasi non ci credeva - racconta
Angelo, che lo scortò nel nuovo ufficio -. Da militare, posso dire che non ci ha fatto pesare i suoi
gradi. C’è un aneddoto che lo riassume: nel 92, tra i tanti cittadini che venivano a
chiedergli giustizia, si presentò un signore napoletano che, in segno di rispetto, si sentì in dovere di togliersi le scarpe. Borrelli rideva: “Ma cosa fa, io non sono un santo... Sono uno dei tanti servitore dello Stato,
cioè di voi cittadini”» (Corriere della Sera)
• Il commissario della Federcalcio Guido Rossi lo ha chiamato, nel maggio 2006, a
dirigere l’ufficio inchieste della Federazione, benché Borrelli non abbia mai manifestato alcuna passione per quello sport. Dopo
questa nomina, Filippo Facci ha scritto: «Di Borrelli avevo in mente il padre Manlio, un dannunziano col monocolo e il
fisico da ufficiale di cavalleria, nietzschiano della prima ora e buon amico di
Indro Montanelli; di Borrelli avevo in mente l’educazione austro-ungarica, le vacanze in Engadina, gli studi musicali, la borsa
di studio che lo portò a Bayreuth, lui frastornato da quel mito wagneriano che pure aveva ammaliato
suo padre, lui d’inclinazione rigorosamente classica e al tempo stesso disperatamente romantica,
una passione che accrebbe la sua indecisione sul che fare: si diplomò al Conservatorio e si laureò in Giurisprudenza nello stesso anno, e il titolo della sua tesi spiega tutto:
Sentimento e sentenza. Io di Borrelli avevo in mente la sorella sposata col musicologo Roman Vlad, il
fratello già consigliere dell’Opera di Roma con tanto di casa a Capalbio, avevo in mente l’eloquio perfetto, lo snobismo fantastico, la spettacolare vanitas, la pupilla
lievemente dilatata mentre risuonava la fanfara della rivoluzione e il Götterdammerung della Prima repubblica, io avevo in mente questo: e lo combattevo
con tutto il mio onore. Potete immaginare come mi sento ora a vederlo lì che si barcamena col Moviolone, con Moggi, col giuoco del pallone»
• Ha sposato Maria Laura Pini Prato, nata a Fucecchio (Firenze), insegnante di
inglese, conosciuta al liceo Michelangelo di Firenze, a differenza del marito
appassionata di calcio e tifosa proprio della Fiorentina, una delle squadre
messe sotto inchiesta dal marito durante il periodo del suo incarico in
Federcalcio. Due figli: Andrea, magistrato (interista), e Federica, archeologa.