Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BONIPERTI
Giampiero Barengo (Novara) 4 luglio 1928. Pensionato. Calciatore e poi presidente della
Juventus.
CALCIATORE (1947-1961) Esordio nel campionato di calcio 1946-47, 2 marzo 1947, Juventus-Milan 1-2.
Ultima partita il 10 giugno 1961, Juventus-Inter 9-1 (l’Inter giocò con una squadra di esordienti). Con la Juventus ha vinto cinque scudetti
(1949-50, 1951-52, 1957-58, 1959-60, 1960-61) e due coppe Italia (1958-1959,
1959-60). Ha disputato 444 partite di serie A e segnato 177 gol. Capocannoniere
(27 gol) nella stagione 1947-48. Fino al 2005 è stato in testa alla classifica dei marcatori della Juventus. Quando Del Piero
lo ha superato (10 gennaio 2006, coppa Italia, Juventus-Fiorentina 4-1), ha
detto: «Io a Del Piero voglio bene e sono quello che l’ha portato alla Juve, ma le situazioni non sono paragonabili. Io ho segnato 182
gol di cui 178 (
177 - ndr.) in campionato, perché negli anni in cui giocavo centravanti le coppe non erano ancora nate. Oggi in
una stagione un giocatore ne fa due di campionati: la serie A e le coppe. Non
solo: ai miei tempi le deviazioni erano catalogate come autoreti» (Enrica Speroni) • Debutto in Nazionale l’11 novembre 1947: Austria-Italia 5-1. Con la maglia azzurra ha giocato in tutto
38 volte e segnato otto gol. Unico italiano convocato per la partita del
Centenario della Football Association (Londra, 21 ottobre 1953). Impiegato come
ala destra segnò due gol. La partita finì 4 a 4 e l’Inghilterra pareggiò per un favore fatto dall’arbitro agli inglesi. «Ricordo bene quella circostanza, e la risposta del commissario tecnico inglese,
Winterbottom, alla domanda su chi sarebbe servito per rafforzare la sua
squadra: “Undici Boniperti
”» (Claudio Gorlier) • «Una volta il compianto Cesare Nay, durissimo stopper del Torino, mi disse: “Quando gli fai un’entrata dura, lui quasi ti chiede scusa”. Nella voluta esagerazione si nascondeva un margine di verità. Boniperti non era mite, ma il suo stile ripudiava ogni forma di gratuita
brutalità. Ecco allora l’appellativo, fatto proprio soprattutto dai tifosi torinisti, di “Marisa”, che ancora lo irrita e che va inteso nel suo significato più reale, il rifiuto di venir meno, appunto, allo stile, alla misura: maschio, non
macho. Non saltava certo a gomiti larghi, né esplodeva mai in eccessi d’ira. Per questo gli piaceva il poderoso, correttissimo John Charles. Ma una
volta, dopo aver assistito a un’entrata assassina su un compagno, l’argentino Ricagni, come un razzo attraversò mezzo campo per rendergli giustizia e — ce lo racconta — venne espulso. Ricordo quell’episodio. Con un amico, ci dicemmo: ecco Achille che corre a vendicare la morte
del suo amico Patroclo» (Gorlier)
• Secondo alcuni, il soprannome deriverebbe dalla sua inappuntabilità in campo, dal suo giocar forbito (Brera: «Un supremo dilettante, se si fosse battuto con furore sarebbe stato il più grande calciatore del suo tempo»). Messori-Cazzullo sostengono che il soprannome Marisa si deve al fatto che in
campo non aveva mai un capello fuori posto. Ma su questo vedi la sua
dichiarazione «da ragazzo nelle partite avevo sempre un fazzoletto. Lo usavo per asciugarmi il
sudore e per soffiarmi il naso. Lo toglievo all’occorrenza dalla tasca posteriore dei calzonicni, Quando andai a provare per la
Juve, Borel mi apostrofò: “Buttalo via, cosa diavolo ti viene in mente...”. Non lo usai più, oltretutto i calzoncini di gioco alla Juve non prevedevano tasche» (a Enrica Speroni). Egli stesso, in altra occasione (Beccantini), mette il
fazzoletto in relazione col soprannome
• Boniperti: «Benito Lorenzi, per esempio. Veleno. L’Inter vinceva 2-0, mi si avvicinò per sfottermi, Giampiero, dai, non te la prendere. Schiumavo di rabbia.
Vincemmo 3-2. Lo inseguii, gliene dissi di tutti i colori. Non so se fu lui il
primo a chiamarmi Marisa» (Beccantini) • «L’allenatore che mi lanciò fu Cesarini. Gli piaceva come tiravo. Mi teneva in campo fino a notte. In
Triestina-Juve ero alle prime armi, mi affacciai nell’area della Triestina, Tognon — alto, bello, gran picchiatore — mi prese per una guancia, Puparin, che cosa fai qui? Fila! Scusi tanto, gli
risposi, ma faccio il centravanti, e se non entro almeno in area, i miei
compagni mi menano. Sempre a Trieste, un giorno segnai per paura: mi vennero
addosso Striuli, il portiere e Blason. Due montagne. Nello schivarli, allungai
la gamba per disperazione: rete»
• Il suo numero di maglia era l’8, come precisò sdegnato una volta che la Gazzetta dello Sport, volendo fare una Nazionale
composta dai più forti juventini della storia, gli assegnò il 10 • Salvatore Accardo: «Boniperti come calciatore ha avuto la stessa grandezza di Bach».
PRESIDENTE (13 luglio 1971 — 5 febbraio 1990) Da presidente della Juventus vince 9 scudetti, la coppa dei Campioni, la coppa
delle Coppe, la coppa Uefa, la coppa Intercontinentale, la Supercoppa Europea,
due coppe Italia. Mandato via e richiamato nel 1991. Resta fino al 1994,
vincendo solo un’altra coppa Uefa. Famoso come manager per astuzia, umanità, toni spicci. Teneva appesa in ufficio (come metodo pedagogico) le foto della
squadra avversaria che aveva vinto l’ultimo scudetto o quella con cui la Juve aveva perso una partita decisiva: in
questo modo scoraggiava le pretese dei giocatori (Messori-Cazzullo)
• «Acquistato dalla Juve nell’estate del 1993, Del Piero si allenò per una settimana con il procuratore Rizzato per discutere il contratto, “se Boniperti ci propone questo noi ribattiamo quest’altro, se invece ci offre quest’altro, noi chiediamo anche …”. Arrivati nell’ufficio, il presidente della Juve portò subito il futuro Pinturicchio nella sala delle coppe e gli disse: “Per il contratto non preoccuparti, la cifra la scriviamo noi. Sarai contento. è tutto a posto, fidati”. Del Piero firmò, poi, uscito dalla stanza, si appoggiò desolato ad un muretto con il manager: “è una settimana che parliamo di contratto e in cinque minuti Boniperti ci ha
liquidato”» (Boniperti-Speroni). Però ad Haller versava lo stipendio con due assegni, uno per la famiglia, uno per i
vizi personali (Messori-Cazzullo), comportamento stravagante, dato che passava
per un moralista implacabile: «Un giocatore, frizzante per tecnica e per carattere, ha trascorso una notte con
una commessa della Rinascente. Boniperti lo convoca in sede e lo informa che
gli è stata inflitta una pesante multa, considerando che ha tradito la moglie. Dopo
laboriose trattative, la multa viene dimezzata. “Il guaio non è stata, dopo tutto, la multa” mi raccontò la mia fonte, ovvero il mortificato colpevole, “capisci, hanno informato mia moglie”. Conclusione implicita: bisogna diffidare del piacere; spesso si trasforma in
colpa, in trasgressione
» (Gorlier) • Nel 1985 propose a Fassino, allora segretario del Pci torinese, di diventare
vicepresidente della Juve, con Bettega, Chiusano e Catella: il partito ne
discusse sei ore e poi decise che non poteva appiattirsi sulla squadra del
padrone della Fiat (Giovannetti) • Domenico Luzzara (1 dicembre 1922-29 aprile 2006) presidente della Cremonese
per 34 anni: «Oggi ci sono i procuratori, i contratti, per chiudere una trattativa ci vogliono
tre avvocati. Ai tempi miei — e di Viola, Boniperti, Mantovani — era questione di rettitudine e modestia, bastava una stretta di mano e se una
sola volta avevi mancato alla parola non lavoravi più. C’è questo episodio: mi arriva voce che Mantovani vorrebbe Vialli per la Sampdoria,
offre 2 miliardi. Ci accordiamo, con la promessa che Gianluca me lo avrebbe
lasciato ancora un anno. Io però mi sento in debito con la Juve, quindi telefono a Boniperti. Giampiero, dico,
guarda che a te Vialli lo do anche per un miliardo e ottocento. No, grazie, mi
risponde, i miei osservatori mi hanno detto che non è da Juve. Vialli, in quell’anno, letteralmente esplode. Mi richiama Boniperti, si lamenta che l’Avvocato gli dà il tormento perché vuole Gianluca. E mi offre due miliardi in più di Mantovani. Ammutolisco. Dopo dieci secondi di silenzio, Boniperti mi dice: “Scusa Domenico, fai conto che non ti abbia detto niente
”» • Ha raccontato la sua vita a Enrica Speroni (Giampiero Boniperti-Enrica Speroni Una vita a testa alta. Cinquant’anni sempre e solo per la Juventus Rizzoli 2003).
VITA PRIVATA «Nato in una famiglia di solidi mezzi economici, il fratello Gino, amatissimo ed
egli stesso atleta, diviene medico affermato, morendo ancora giovane; la
sorella sposa un politico di rilievo. Lui si diploma geometra, in funzione dell’impegno fondiario della famiglia, che sarà parte non indifferente della sua vita, specie dopo aver chiuso con il calcio...
Niente avventure, lui con quel fisico da attore del cinema, un solido
matrimonio con una donna intelligente e tutt’altro che subalterna, non certo la solita ragazza di copertina, pur nel suo
fascino» (Gorlier)
• La moglie si chiama Rosi. Hanno tre figli.
FRASI «Io, così tedesco» • «Del Piero mi assomiglia nell’amore per la squadra, nella fedeltà, credo anche nella serietà. Anche se io ero molto più carogna di lui. Ma avevo un vantaggio: non c’era la televisione, e potevo menare come e quanto volevo. Però ne prendevo anche un sacco, devo dire» • «Platini è stato carino, mi ha eletto juventino della storia» • «Cosa può avere di così straordinario che alla sua età non avessi io?» (Boniperti a Sivori che gli segnalava il quindicenne Maradona).
POLITICA A Moreno Torricelli, che appena arrivato dalla Brianza si faceva chiamare “Bossino”: «Moreno, tu facevi il falegname è meglio si ti fai chiamare Geppetto» (Cerruti) • è stato parlamentare europeo per Forza Italia.
TIFO Ai tempi della Triade (Bettega-Moggi-Giraudo) aveva smesso di andare alla
partita. Era celebre perché lasciava sempre lo stadio alla fine del primo tempo • Racconta che durante la finale Italia-Germania dei Mondiali 1982 (vinta dall’Italia 3 a 1) abbracciò Pertini fin quasi a rompergli le costole e fu poi invitato al Quirinale dal
presidente • «Caro papà, io ti voglio molto bene, io capisco cosa hai sofferto, quando il Torino è passato primo in classifica. Cambierà, stai tranquillo. La tua Boniperti Federica» (lettera scritta il 17 aprile 1972, Boniperti era presidente della Juventus, la
figlia aveva 8 anni) • Boniperti «Io, nato juventino, apprezzo tutti coloro che, juventini, diventano: lo fanno
perché stanchi di soffrire, come li capisco...» (prima di Moggiopoli).
VIZI Molto fedele agli Agnelli, molto avaro, molto forte di carattere • Fedele. «Il 17 febbraio 1952 la Juventus affrontò a Roma la Lazio. Pochi giorni prima la squadra era stata ricevuta da Papa Pio
XII che, dopo aver confessato ai giocatori di essere juventino, li esortò: “Cercate di vincere”. Finita la partita 2-0 per i biancocelesti, il danese Praest negli spogliatoi
non si dava pace, “Che vergogna, che vergogna! E adesso che penserà di noi, che dirà il Santo Padre?”, finché Boniperti lo rimbrottò: “Che penserà il Papa? Che dirà il Papa? Ma è di ciò che dirà l’Avvocato che ti devi preoccupare!”» (Sappino)
• «La Juventus di Boniperti e John Hansen perse una partita in casa. Il presidente
Gianni Agnelli scese negli spogliatoi: “Che sciocchi che siete. Vado a prendermi un caffè a Parigi”. Commento di Boniperti: “Mille volte meglio uno schiaffo”» (Pennacchia) • Avaro. Pietro Vierchowood: «Nella mia carriera ho stabilito un record: sono riuscito a farmi pagare un caffè da Boniperti» • Chiedeva che i premi-partita gli venissero dati in bovini, preferiva mucche
gravide che sceglieva lui stesso andando una volta l’anno nella fattoria dell’avvocato Agnelli • Forte di carattere. Per il Mondiale in Brasile del 1950, Aldo Bardelli, ct
della Nazionale, ebbe l’idea di evitare l’aereo (l’anno prima c’era stata la tragedia di Superga) e fece viaggiare l’Italia via nave: durante la traversata l’unico che non soffrì il mal di mare e non ebbe bisogno ogni cinque minuti del bagni fu Boniperti • Per tutta la vita, Umberto Agnelli chiamò Boniperti “capitano”.