Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BONDI Enrico Arezzo 5 ottobre 1934. Laureato in Chimica. Manager. «Ho perso peso a furia di star seduto»
BONDI Enrico Arezzo 5 ottobre 1934. Laureato in Chimica. Manager. «Ho perso peso a furia di star seduto». VITA È il grande risanatore delle aziende italiane: ha salvato prima i conti di Montedison, dopo il crac seguito a Tangentopoli e al suicidio di Gardini, poi ha rimesso a posto i conti in Telecom, quindi È andato a sistemare la Sai-Premafin di Salvatore Ligresti. Di qui sarebbe dovuto andare in Fiat: ma la fama di uomo durissimo con i creditori (per salvare le aziende non esita ad azzerare le pretese di chi vuole soldi e a revocare i pagamenti anche di soggetti sulla carta molto forti) hanno mobilitato le banche creditrici della Fiat, che hanno impedito a Umberto Agnelli di chiamarlo: «Enrico Bondi ha un curriculum che ne fa, per le banche creditrici, “un personaggio da incubo”: “Il modus operandi scelto insieme a Mediobanca per ristrutturare il debito e forzare l’acquisto di obbligazioni a prezzi superscontati ha riportato nelle tasche dei prestatori di Ferruzzi soltanto un quinto del valore”» (Rob Cox). Passa perciò brevemente presso il gruppo Lucchini e viene infine chiamato al salvataggio della Parmalat, ottavo gruppo italiano, che nel dicembre 2003, dichiarandosi non in grado di rimborsare un bond da 150 milioni di euro, annuncia un crac da 14,4 miliardi di euro, pari allo 0,7% del Pil italiano e che lascia a tasche vuote 99 mila rispamiatori (vedi TANZI Calisto, TONNA Fausto) • Bondi, chiamato come consulente dal CdA della Parmalat il 10 dicembre 2003, viene nominato commissario straordinario il 24 dicembre, ventiquattr’ore dopo che il ministro delle Attività produttive Antonio Marzano ha fatto approvare un provvedimento che concede l’amministrazione controllata, sotto la guida di un commissario straordinario, a grandi aziende in situazioni di insolvenza che abbiano più di mille dipendenti e un debito superiore a un miliardo di euro. Bondi prevederà subito una perdita del cento per cento per gli azionisti e almeno dell’80 per cento per gli obbligazionisti. E metterà sotto accusa le banche sia italiane (in particolare Capitalia) che straniere (in particolare la Bank of America, contro la quale Bondi ha intentato quindici cause). Le colpe tra banche italiane e banche straniere sono divise così: banche italiane 30 per cento, banche straniere 70. Dei 25 milioni di euro insinuati al passivo del crac, Bondi non ne riconoscerà alla fine che due. Al tribunale, dove ha testimoniato il 28 febbraio 2006, ha detto di aver avviato 3 azioni di responsabilità, 15 di risarcimento e 75 revocatorie. Si sa che queste riguardano una cinquantina di banche italiane e straniere (7,5 miliardi di euro sono stati chiesti alle banche italiane, 10 miliardi di dollari a quelle straniere) • Suo racconto di come fu coinvolto in Parmalat: «Tanzi mi invita a cena a Collecchio l’8 dicembre 2003, mi chiede di ristrutturare il gruppo e trovare i 150 milioni per pagare il bond scaduto. Vengo eletto presidente il 15 del mese. Tre giorni dopo mi convoca d’urgenza la Consob a Roma: È Cardia, in quell’incontro riservato, il primo a dirmi che non esistevano i 3,9 miliardi di euro della Bonlat. L’ho saputo solo dall’esterno, la mina l’ha fatta esplodere la Consob. Poi, con i nostri consulenti Price, ci È bastato un mese per scoprire tutta la verità» • Bondi ha riportato in Borsa il titolo il 6 ottobre 2005, dopo 21 mesi di sospensione: valore nominale di 1 euro, 1,6 miliardi di azioni. Grande successo: È passato di mano il 17,6 per cento del capitale a un prezzo superiore ai 3 euro, per una capitalizzazione di 4,9 miliardi di euro (pari al fatturato dell’azienda) • «Da manuale, poi, il comportamento del commissario Enrico Bondi, di fronte alla devastante crisi societaria di Parmalat. Per superarla, assieme agli uomini della comunicazione, ha separato gli aspetti finanziari dalla produzione e ha conquistato il sostegno dei lavoratori che si sono astenuti da qualunque iniziativa di sciopero. Dopo le prime settimane di notizie sui telegiornali con l’intero top management inquisito, È così scattata una sorta di catena di solidarietà tra le istituzioni e i consumatori. Infine, dando visibilità alle tecnologie utilizzate per garantire prodotti di alta qualità, Parmalat È riuscita addirittura ad aumentare le quote di mercato» (Felice Fava). VIZI «Lesina dichiarazioni, evita la mondanità, si assicura l’ufficio più piccolo» (Sergio Bocconi) • «Manager grigio e schivo, dal carattere poco propenso alle pubbliche relazioni» (Vittorio Malagutti) • «Stakanovista, anche quando vuole curare gli ulivi nella tenuta d’Arezzo, sua città natale. Entra alle sette ed esce per ultimo. Riservato. Forse fin troppo, deve aver pensato chi nella primavera del 2002 gli aveva piazzato una cimice sulla macchina di rappresentanza della Telecom. E lui, per non dare nell’occhio ed evitare altre brutte sorprese, si era fatto dare la più piccola vettura del parco macchine della compagnia telefonica e per giunta senza le orecchie indiscrete di un autista. Decisionista e allergico alle intrusioni di campo. Quando arrivò alla corte di Salvatore Ligresti, prima di accettare l’incarico di amministratore delegato della Premafin ed avventurarsi nella battaglia Sai-Fondiaria, era l’agosto 2002, fu molto chiaro: “Ingegnere - spiegò a Ligresti - lei faccia l’azionista che io faccio l’amministratore delegato con pieni poteri”. Qualcuno, ispirandosi anche al suo fisico, asciutto e scavato, lo ha definito “l’asceta della disciplina contabile”» (Federico Monga).