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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

BONCOMPAGNI

Gianni Arezzo 13 maggio 1932. Regista e autore televisivo • «Non sono un genio, risolvo solo i problemi velocemente».



VITA Protagonista, accanto a Renzo Arbore negli anni Sessanta e Settanta, dei
programmi radiofonici Bandiera gialla e Alto gradimento. Nel 77 l’esordio in tv con il programma musicale Discoring. Poi è autore e regista di Pronto, Raffaella? (84), condotto dalla Carrà, e di Pronto, chi gioca? (85), condotto da Enrica Bonaccorti. Dall’87, per tre anni, gli viene affidata l’ideazione e la realizzazione di Domenica in. Nel 91 passa a Mediaset, dove realizza Primadonna condotto da Eva Robin’s e soprattutto Non è la Rai, programma con cui lancia Ambra Angiolini. Tornato alla Rai, nel 1996-97 è autore e regista di Macao (con Alba Parietti) e Macao 2 (senza), che chiude in anticipo per mancanza di ascolti. L’anno dopo la Rai gli chiude Crociera per il linguaggio troppo sboccato. Nel 2002 il rilancio con Chiambretti c’è • «Nella mia città, Arezzo, negli anni Cinquanta non c’erano nemmeno i semafori. Erano tutti comunisti e si sposavano tutti in chiesa» • Iniziò «alla radio svedese. Andai in Svezia a 18 anni con un mio amico e ci rimasi otto
anni» • «In Svezia. Ho fatto l’interprete ad un’asta di pellicce. Mi hanno dato un’enormità, 300 mila lire. Spesso facevo lo chaperon agli italiani importanti che
arrivavano. Quando Quasimodo venne per l’Oscar lo accompagnai dovunque. Musei, gallerie. Alla fine, distrutto, mi disse: “Ma qua non si fotte?”» • «Ha tre figlie grandi, Barbara Paola e Claudia, ed è nonno. Le figlie se le è cresciute da solo: da giovane si innamorò di una svedese, si trasferì a Stoccolma, la sposò, ne fu lasciato dopo sette anni, tornò in Italia e ingaggiò una battaglia per avere le bambine con sè. Le ottenne e le tirò su con le sue forze e l’aiuto dei due genitori di Arezzo. Opinione generale è che sia stato un padre simpatico, ma severo. Quando s’accorse che al liceo Castelnuovo le figlie chiamavano il preside “Bernardo” e gli davano del tu, gli prese un colpo. Sostiene che a scuola si boccia troppo
poco e che i giovani di adesso sono troppo ignoranti. “Non c’è paragone tra quello che sapevo io all’età loro e quello che sanno loro adesso”. Parla fluentemente svedese, inglese e francese. Dice di cavarsela ancora molto
bene con il latino» (Giorgio Dell’Arti)
• Su Bandiera gialla: «Proponevamo canzoni che normalmente la Rai non mandava in onda, avevamo creato
un gruppo di ragazzi niente male (Loredana Bertè, Renato Zero, Mita Medici). E poi dimostravamo che se uno aveva un’idea, la poteva anche realizzare» • Su Alto Gradimento: «Nella prima puntata, lessi l’elenco di parole sconsigliate alla radio: sudore, inguine, amante, ernia, piedi,
divorzio, membro. Cosa successe? Niente. Però i primi giorni tutti in via del Babuino mi consideravano come un marziano,
anche Corrado mi guardava allibito. I personaggi di allora nascevano dall’improvvisazione, sul filo del cazzeggio. Vivevano fin quando i loro modi di dire
funzionavano» (vedi anche la voce ARBORE Renzo) • Non è la Rai, programma cult dei primi anni Novanta (in onda dal 9 settembre 1991 fino al
1995), era una diretta con cento ragazzine che, senza saper far nulla, si
provavano a cantare, ballare, giocare. Presentato nella prima edizione da
Enrica Bonaccorti, poi da Paolo Bonolis, infine da nessuno. O meglio dalla
quindicenne Ambra Angiolini, ben presto star assoluta del programma, che
Boncompagni teleguidava - nelle risposte e nelle movenze - con un auricolare.
Le selezioni provocavano ogni anno un’invasione di adolescenti accompagnate dalle madri e offrivano il destro a
cronisti e commentatori per piccoli saggi di sociologia: «s’è presentata una massa mai vista di bambine accompagnate da mamma e papà. Fatti i calcoli, a occhio e a croce saranno state quindicimila. Boncompagni,
la Ghergo, Floriana Santini e la stessa Ambra le hanno selezionate in tre
giorni. Meglio: il vero selezionatore è stato naturalmente Boncompagni, le altre si sono limitate ad assisterlo
moralmente. Le ragazze, asserragliate alla porta dello studio 3 di Cinecittà e tenute a bada da una decina di poli
ziotti, venivano fatte entrare a gruppi di quindici-venti, salivano due gradini,
si trovavano su una pedana davanti a un microfono e dovevano dire
semplicemente: “Ciao, sono Susanna, ho sedici anni e vengo da Roma”. Novantanove volte su cento a Boncompagni bastava questa frase per bocciarle. E
l’intelligenza? “Ma a me basta pochissimo per sapere se una è intelligente o no”. Parecchie mamme hanno detto che il concorso era una truffa. “Come si fa a respingere una candidata sulla base di un esame di pochi secondi?
In pratica, nessuno ha visto quella che la mia bambina sa fare!” L’idea di parecchie mamme e di parecchie figlie è che a
Non è la Rai siano passate le solite raccomandate o quelle che hanno fatto chissà che. Certe ragazze, che non si davano pace per la bocciatura, si sono rimesse
in fila una seconda volta, sono ritornate al microfono, hanno detto di nuovo: “Sono Susanna, eccetera” e sono state bocciate, perciò, non una, ma due volte. Una delle candidate, testardissima, ha fatto la fila
una terza volta e quando s’è trovata di nuovo sul palco ha “denunciato la truffa”: “Sono passata qui davanti tre volte e non ve ne siete accorti”» (Giorgio Dell’Arti)
• Passa per il padre delle veline e letterine: «Lo ammetto. Anche se le mie ragazze erano molto diverse da quelle di oggi. Erano
ragazze carine, normali. Molto accattivanti, ma non “mignottesche”. Quelle di oggi d’essere delle “markette” ce l’hanno scritto in fronte. E poi sono tutte uguali. E per giunta, a differenza
delle mie, parlano. E questo Dio non glielo perdonerà mai. Le mie erano mute, le chiamavano “sorcomute”»
• «Ambra era bravissima. Capì il gioco, lo assimilò subito, lo metabolizzò immediatamente. La trovata fu che una ragazzina di 15 anni dicesse cose che
ignorava. Facevo le citazioni più impossibili. Lei le sbagliava e si metteva a ridere. Ci siamo divertiti molto.
Era simpaticissima» • «Ho scritto Il mondo, la canzone di Jimmy Fontana. Ci ho comprato una casa. Venti milioni. Tutte le
canzoni di Raffaella ancora mi rendono un sacco di soldi».


FRASI «A me la prima serata non piace. è preda dei format. Io sono un regista-autore. I format li può fare chiunque» • «Il mio sogno è una polizia televisiva. Guidata da me, naturalmente. Un gran monitoraggio delle
stronzate con seguito di manette, arresti e ai recidivi pene in un carcere
speciale, vediamo, ecco sì: Guantanamo».



POLITICA Per Non è la Rai venne violentemente attaccato dai cattolici: «Non è la Rai è un programma per bambini. I cattolici vengano qui a vedere come lavoriamo e
cambieranno idea. Del resto, i cattolici che vogliono? Sono i principali
responsabili della rovina del paese». Lei è un mangiapreti? «Sì». Per chi vota? «Ho sempre votato comunista» • «Alla Rai sono sempre passato per comunista. Quando ti attribuiscono una patente è come un marchio. Comunista? Comunista. Ma comunista all’acqua di rose. Mica un attivista. Ho sempre votato comunista, frequentavo
Giorgio Amendola, ed ero amico di Giorgio Cingoli, direttore di Paese Sera.
Laureato comunista. Ma non facevo le manifestazioni» • «Sono sempre uno di sinistra, però è una cosa così vaga. Quelli di sinistra sono noiosi, religiosi. Ma sono noiosi anche quelli
della sinistra che vanno a destra. Io in ogni caso ho anche amici a destra. Il
mio più caro amico è un senatore di An, Giuseppe Consolo»
• Scrive tutti i giorni una letterina al Foglio: «Avevo visto a cena Giuliano Ferrara, che rideva a qualcuna delle mie battute.
Tanto che aveva fatto scrivere a uno dei suoi giornalisti più bravi, Stefano Di Michele, una mia biografia in un’infinità di puntate che aveva avuto un certo successo. Poi è venuta la collaborazione. Ci lavoro parecchie ore al giorno».


VIZI Le ragazze giovani. Tra i suoi amori, Raffaella Carrà: «Con lei sono stato dieci anni. Tre anni più che con mia moglie»; Claudia Gerini: «Con lei mi sono divertito molto. Era spiritosa, simpatica, intelligente. Aveva
un grande senso dell’umorismo. Ha avuto un grande maestro, me»; Isabella Ferrari: «Una che è diventata un’attrice famosa. è diventata anche colta. Io non c’ero riuscito a farle leggere i libri. Le si chiudevano gli occhi alla prima
pagina». Guarda pochissima televisione: «Pochissimo. Già il farla mi sembra abbastanza grave» • «Boncompagni è un bambino di 61 anni, felice soprattutto quando può giocare con i suoi famosi aggeggi elettronici. A casa sua (dove ci troviamo
adesso) è pieno di tastiere, videolaser, computer, attrezzi spaziali per far ginnastica,
il telescopio, la parabola, tre videoproiettori piazzati in altrettante camere,
impianti stereofonici di altissima fedeltà, cuffie, frigorifero da ristorante zeppo di roba (“cucino io, in qualunque momento posso invitare a cena otto persone”). Non c’è luogo in Italia più divertente di casa sua per vedere il Festival di Sanremo, si sta sdraiati su un
divano-letto a una decina di piazze e, sulla parete, la tv è in realtà uno schermo cinematografico. Boncompagni ha un rapporto brusco con i bambini di
sesso maschile, tipo i nipoti, a cui s’accosta facendogli i dispetti, e un rapporto tutto diverso con le bambine, a cui
invece fa tenerezze» (Dell’Arti) • Ritocca col pc opere pittoriche di artisti riconosciuti (Roger Van der Weyden,
Raffaello Sanzio, Jan Van Dyck, Hendrick Avercamp, Jean Clouet, Tamara de
Lempicka): «Ho evitato di ritoccare opere troppo sulla cresta dell’onda come la
Dama con l’ermellino di Leonardo per non cadere nello scontato» • «Si sente un artista? “Ma per carità”. Chi fa televisione non è un artista? “No, assolutamente. In televisione passa solo robaccia. Che si divide in due
categorie: robaccia con ascolti alti e robaccia con ascolti bassi”. Sa che nella sigla di Non è la Rai sento qualcosa di triste, di struggente? “Ha ragione. Ho adoperato degli accordi di Nino Rota. Lavoro spesso sulle tonalità minori. Altri accordi che mi piace adoperare sono quelli di Kurt Weil. Le piace
Mahler?” Normalmente. “Io lo adoro. Ho il suo ritratto a capo del letto. La notte mi metto alla
tastiera e gioco con gli accordi. Vuol sentire delle variazioni che ho fatto su
Ravel?”» (Dell’Arti).