Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BONATTI
Walter Bergamo 22 giugno 1930. Alpinista. «La prima volta che si presentò all’esame per diventare maestro di sci fu bocciato. Era appena tornato da una
spedizione sul K2, quella mitica del 54, dunque in montagna ci sapeva andare.
Eppure lo bocciarono. Inesperienza, dissero, e tecnica approssimativa. Ci
riprovò e alla fine riuscì ad ottenere il patentino. Con quello nel 56 partì per la traversata delle Alpi: 1.700 chilometri senza neppure uno “strappo” con un mezzo meccanico (jeep o funivia), sci sempre sotto ai piedi o sulle
spalle (che è anche peggio), seguendo per 66 giorni gli itinerari più classici dello sci alpinismo. Adesso che ha scalato tutto, ricorda quella
traversata “come una delle mie imprese di montagna più belle. Devo tantissimo allo sci: mi ha fatto fiato e gambe”» (Daniela Monti)
• è famoso per le polemiche riguardo alla conquista del K2 (54): «Mahdi era il migliore degli hunza. Il più forte scalatore indigeno del Pakistan, non inferiore al mitico sherpa Tengsin.
L’anno prima aveva salvato Herman Buhl, il conquistatore del Nanga Parbat,
caricandoselo sulle spalle. Senza di lui il K2 non sarebbe stato conquistato.
Andò così. La notte del 29 luglio, all’ottavo e penultimo campo, concordiamo il piano. Pino Gallotti e io saremmo scesi
fin quasi al settimo campo, dove si trovava l’ossigeno. Achille Compagnoni e Lino Lacedelli sarebbero saliti a piazzare il
nono campo, almeno cento metri più in basso di quanto previsto, per darmi modo di arrivarci per la notte con le
bombole in spalla. Al settimo campo troviamo Mahdi, che si aggrega. Gallotti
non ce la fa, Mahdi e io sì. Ma quando, al tramonto, arriviamo là dove dovrebbe esserci il nono campo, vediamo che la tenda non c’è. Urliamo, chiediamo aiuto, quando scende la notte: Achille, Lino, dove siete?
La voce di Lacedelli si sente ferma e chiara: “Non potevamo restare fuori a gelare per voi. Lasciate l’ossigeno e tornate indietro”. Di notte? Al buio? Impossibile, Mahdi non ce la fa. Ma Lacedelli ora taceva.
Era cominciata la notte più lunga, all’addiaccio, a 8.100 metri, funestata più tardi da una bufera. Per questo Mahdi agitava la piccozza verso la tenda
invisibile dei miei compagni: No good Compagnoni sahib! No good Lacedelli
sahib!”. Bonatti la scamperà. Mahdi subirà amputazioni alle mani e ai piedi, congelati. La sera dopo Compagnoni e
Lacedelli torneranno all’ottavo campo da vincitori. “Sulle prime prevalse l’entusiasmo. La montagna era vinta, l’Italia andava fiera di noi. Io ero molto giovane, non avevo la maturità e la consapevolezza per smontare tutto questo inganno. Eravamo vincolati al
silenzio: le regole imposte da Ardito Desio capo della spedizione ci imponevano
di tacere per due anni. E poi io aspettavo. Non pretendevo scuse formali.
Bastava una pacca sulla spalla, come si fa in montagna. Una frase in privato,
tra amici, tra uomini: Walter, abbiamo fatto una sciocchezza. Niente» (da un’intervista di Aldo Cazzullo)
• «Ti puoi salvare dalla morte, non dall’Italia. Puoi evitare che ti si congelino mani, piedi, cuore, ma non che si
sbrini la memoria. Puoi scampare una condanna a morte dove chi firma la tua
uccisione ti lascia solo: a crepare con la gola secca, pugnalato dal buio, dal
freddo, dalla disperazione. A 8 mila metri il corpo ha bisogno di 5 litri di
liquido al giorno e tu nella tasca della giacca hai solo tre caramelle, che
devi sputare, perché sei senza saliva. Se n’è andata anche quella, insieme a quelli che dovevano darti un riparo, insieme
alla sensibilità che non senti più, insieme alla lucidità che galleggia nel vuoto, ti manca l’ossigeno e cos’è quella piccola bava alla bocca? Nevica polvere, il vento ti entra ovunque, ti
ansima nei polmoni, è una tormenta solida, che non ti fa respirare. Hai il cervello secco, la gola
secca, ma una paura umida. Da bianco sei diventato blu, a meno 25 la vita è pronta a lasciarti. Puoi scavare un gradino di sessanta centimetri nella neve
ghiacciata, puoi poggiare la schiena su un fianco della montagna, far penzolare
le gambe nel vuoto. Puoi sopravvivere alla più grande notte shakesperiana della tua vita, piena di orrore, di follia, di
tradimenti, ma non alla menzogna che ha deciso di fabbricare un’impresa eroica, la conquista del K2. Puoi, puoi, puoi. Sperare nella verità, che il mondo non rida dietro al tuo paese, alle sue ridicole relazioni
ufficiali. Credere che sia venuta l’ora di fare l’orlo alla giustizia. Non vuoi la tua pace personale, già ottenuta, forse, chiedi solo il riconoscimento di una storia che ha portato l’Italia in cima al mondo, la correzione di un torto che ormai è una cisti, sta lì e non se ne va, come quasi tutti i misteri del paese. Non è un tuo problema, dovrebbe essere un problema di tutti: quante Ustiche, anche
nello sport?» (Emanuela Audisio).