Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BONANNI
Raffaele Bomba (Chieti) 10 giugno 1949. Sindacalista. Segretario della Cisl (dal 27
aprile 2006). «Viene dal sindacato degli edili e ha percorso un largo cursus honorum interno
alla Cisl. Ha modi diretti, spigliati, perfino un po’ ruvidi» (Raffaello Masci) • «Dantoniano un tempo, oggi vicino alla Margherita per via di Marini. Uomo
spigoloso e diffidente, poco noto fuori dal sindacato, nonostante i forti
legami personali con alcuni settori imprenditoriali, così come tra i partiti del centrodestra» (Roberto Mania) • «Molti anni fa ha adottato come
maÎtre à penser l’ex leader della Cisl e oggi parlamentare della Margherita Sergio D’Antoni. Ma del fatto che la coerenza fosse solo un inutile optional s’era convinto già prima, da solo. È stato nel 1970, quando, allora ventenne, aveva trovato lavoro come magazziniere
in un cantiere edile della Val di Sangro. Figlio del popolarissimo segretario
del Pci di Bomba, il paesello natio in provincia di Chieti, il giovane Bonanni
si era iscritto alla Cgil. Nominato delegato sindacale, lesto aveva capito come
arringare i muratori fosse meno faticoso che impilare mattoni. Così, s’era offerto come sindacalista a tempo pieno. Incassato un secco rifiuto dalla
Cgil, aveva fatto spallucce ed era scomparso. Per riapparire d’incanto nei ranghi della Cisl a Palermo, dove D’Antoni faceva il bello e il cattivo tempo dalla poltrona di segretario della
locale Camera del Lavoro. Il sodalizio con D’Antoni, e ancor più con il suo braccio destro Luigi Cocilovo, non si interromperà più. Sulle orme dei due, Bonanni inizia la sua scalata. Segretario della Cisl a
Palermo. Poi leader del sindacato isolano, quando dietro lo striscione “Eccoci qua, siamo le vittime della trasparenza”, guida in corteo un gruppo di lavoratori rimasti disoccupati per la chiusura di
alcune aziende in odore di mafia. Fino al grande salto del 1991, con l’incarico di capo degli edili, un pacchetto da 250 mila iscritti. Bonanni si fa
le ossa scontrandosi duramente con Carla Cantone, tostissima collega della Cgil
che nel corso di una riunione con i costruttori dell’Ance lo mette ko davanti a tutti con un formidabile gancio sinistro. Bonanni si
lagna con D’Antoni. Il numero uno della Cisl protesta con Sergio Cofferati, che se la ride
sotto i baffi. Il leader di Bomba incassa e va dritto per la sua strada. Nel
98, quando entra nella segreteria confederale della Cisl, confida agli amici. “È solo questione di tempo; alla fine il numero uno sarò io”. Siccome ci crede davvero, sgomita. Si trasferisce a Roma. Riempie il
guardaroba di gessati scuri. Comincia a coltivare con metodo lo zoccolo duro
della Cisl dantoniana, fino a diventare un signore delle tessere tra i
lavoratori del pubblico impiego, i commercianti e i braccianti. Intanto,
stabilisce rapporti con il mondo politico romano. Lo fa in modo trasversale.
Cattolicissimo (È legato al movimento dei neocatecumenali), autodidatta ma sedicente poliglotta,
a tutti regala libri sul papa, sui quali verga pure una dedica. Negli anni
della Confindustria di Antonio D’Amato, che lui mostra di apprezzare, e mentre D’Antoni coltiva le sue ambizioni di leader politico nel centro-destra, Bonanni
trama d’intesa con il ministro leghista del Welfare Roberto Maroni. E più ancora con il suo sottosegretario Maurizio Sacconi, uno cui la sigla Cgil fa lo
stesso effetto del drappo rosso agli occhi del toro. Teorico degli accordi
separati (senza cioÈ la Cgil), scavalca il suo leader Savino Pezzotta. Apre alla cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Lavora alla legge Biagi e alla stesura
del Patto per l’Italia. Di fatto, diventa il vero interlocutore nella Cisl del governo
Berlusconi. Poi D’Antoni, che in attesa di passare la mano al fido Bonanni s’È inventato la segreteria Pezzotta, cambia idea come spesso gli accade e trova
ospitalità nella Margherita. Eccellente ballerino (anni fa strappò l’applauso a un gruppo di colleghi spagnoli esibendosi in un impeccabile
flamenco), Bonanni esegue lesto la medesima giravolta. Si ricolloca,
piazzandosi sotto l’ala di Franco Marini. E all’improvviso il passato gli appare sotto una luce un po’ diversa: “Chiediamo discontinuità rispetto al precedente esecutivo, così forte del proprio consenso elettorale da negare ogni legittimo confronto con le
parti sociali”, tuona il 27 aprile. “Prodi dovrà rimuovere questa stagione indegna di una democrazia evoluta. È quasi una vergogna che non gli abbiamo fatto un clamoroso sciopero contro”. Messo alla porta l’infedele Pezzotta, che si era smarcato da D’Antoni & C., Bonanni ha traslocato nella stanza di segretario della Cisl portandosi
appresso una delle cose cui tiene di più: una foto che lo ritrae mentre stringe la mano all’ex vice presidente Usa, Al Gore. Sulla poltrona di numero uno È arrivato con una maggioranza schiacciante. Ha raccolto 220 voti sui 243 del
consiglio generale. Le tessere del filone più meridionale della Cisl, ispirato a un sindacalismo politico ancorato a una
visione assistenzialista. Appena eletto, forte di 4 milioni e 287 mila
iscritti, ha sparato a palle incatenate sulla Cgil. Un po’ per solleticare l’anticomunismo viscerale della sua base. Soprattutto, per mandare un messaggio
preciso: ritrovato nella Margherita un punto di riferimento politico, la Cisl
non intende farsi ricacciare nell’angolo, com’era avvenuto con i precedenti governi del centro-sinistra» (Stefano Liviadotti).