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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

BETTINI

Paolo Cecina (Livorno) 1 aprile 1974. Ciclista. Nel 2006 campione d’Italia e del mondo (a Salisburgo, in volata davanti al tedesco Erik Zabel e allo
spagnolo Alejandro Valverde, nello stesso anno della nazionale di calcio come
Saronni nell’82). Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Atene (2004). Vicecampione del Mondo nel 2001 (dietro
Oscar Freire Gomez). Ha vinto la Coppa del Mondo 2002, 2003 e 2004, la
Milano-Sanremo 2003, il Giro di Lombardia 2005, due Liegi-Bastogne-Liegi (2000
e 2002), il G.P. di Francoforte 2001, la Hew Classics di Amburgo 2003, il G.P.
di San Sebastian 2003, il Campionato di Zurigo 2005. il Campionato italiano
2003. Una tappa al Tour de France del 2000. Una tappa e quattro giorni in
maglia rosa al Giro d’Italia del 2005
• «Ne è passato di tempo da quando il piccolo corridore di La California, nel
livornese, si era visto regalare un biciclettina che papà Giuliano aveva salvato dalla spazzatura. Con quel suo primo trabiccolo cominciò a pedalare come aveva visto fare spesso fin da bimbetto, quando i suoi genitori
lo portavano lungo le strade a incitare i corridori fra i quali c’era anche il fratello maggiore Sauro. Anche lui decise di provarci e subito se
la cavò bene. Iniziò a gareggiare appena fu possibile tesserarlo e nel suo primo anno vinse 23 corse
su 24. Andava forte in salita come in volata e non stava mai tranquillo in
gruppo, saltando sulla sella tanto da guadagnarsi il soprannome di “Grillo”, che si porta dietro ancora oggi. Il talento emerse in fretta, ma tra i
Giovanissimi dovette subire una cocente umiliazione, battuto addirittura da una
ragazzina che poi avrebbe fatto parlare di sé: Fabiana Luperini. Ma fu solo un episodio. Passato dilettante, continuò a distinguersi anche se nel Mondiale under 23 di Lugano 96 fu il più triste degli azzurri, quarto e ai piedi di quel podio sul quale stavano
festeggiando i compagni di squadra Figueras, Sgambelluri e Sironi. Restare a
ruota sarebbe stato il suo destino anche nei primi anni da professionista,
trascorsi al servizio proprio di Bartoli, suo capitano e grande amico, che
anche grazie a lui ha firmato numerose classiche. Ma quel ruolo da comprimario
non poteva durare. Era pronto per i gradi di capitano, presto onorati» (Giorgio Viberti)
• «Mio papà Giuliano era presidente del Gruppo Sportivo La California. La società era impegnata in vari sport, ma papà era innamorato del ciclismo. è lui che ci ha trasmesso la passione. Prima di me ha corso mio fratello Sauro.
Si è fermato agli allievi: non aveva voglia di studiare e papà gli disse che allora doveva lavorare, con lui operaio e mamma Giuliana
casalinga, i lussi non erano permessi. Sauro non riusciva a conciliare le due
cose e così mollò»
• «Nell’81, a 7 anni, ho cominciato io, da giovanissimo, il primo gradino della trafila.
Li ho saliti tutti. Disputai la prima corsa a Marina di Bibbona e la vinsi,
anche se non passai per primo sotto il traguardo. Fui secondo assoluto e primo
della mia categoria, eravamo in due G1 ad aver preso il via. Non la consideravo
una vera vittoria. Ma la domenica dopo giunsi davanti a tutti: quell’anno vinsi 23 gare su 24» • «La corsa della vita, la Liegi-Bastogne-Liegi del 2000, diventa lo spartiacque
della carriera; nel prima c’era il gregario fedelissimo di capitan Bartoli, nel dopo c’è il corridore che acquista consapevolezza dei propri mezzi. Bettini, dunque,
esplose nel 2000, quando si aggiudicò anche la tappa di Dax al Tour de France. L’anno dopo arrivò la seconda vittoria in Coppa del Mondo, il Campionato di Zurigo. Ma nel
frattempo qualcosa se ne stava andando: la grande amicizia con Michele Bartoli,
con cui era ormai destinato a entrare in rotta di collisione. Il segnale della
rottura si ebbe al Mondiale di Plouay del 2000, quando Michele lo accusò di non averlo aiutato in volata. Un anno dopo, al Mondiale di Lisbona, l’amarissimo argento di Bettini venne condito dalle medesime accuse, stavolta in
direzione contraria...» (Nino Minoliti).