Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BERSANI
Pierluigi Bettola (Piacenza) 29 settembre 1951. Politico diessino, ministro. «La tristezza è un lusso da ricchi».
VITA Ministro dell’Industria nei governi Prodi I e D’Alema I, dei Trasporti nel D’Alema II e nell’Amato II. Presidente della Regione Emilia Romagna dal 93 al 96. Parlamentare
europeo nel 2004. Deputato nelle politiche 2006 e Ministro per lo Sviluppo
economico (già Attività produttive, già Industria) nel governo Prodi formatosi dopo le elezioni • Prima Pci, poi Pds, poi Ds. è membro della Segreteria Nazionale dei Democratici di Sinistra e Presidente
della Commissione Nazionale per il Progetto. Come parlamentare europeo è iscritto al gruppo del Partito Socialista Europeo • «Quand’era studente di filosofia a Bologna fu tra i fondatori di Avanguardia operaia.
Passò presto al Pci (“decisi di fare sul serio”) e ne diventò funzionario a Piacenza. Poi, una brillante carriera da amministratore:
vicepresidente della Comunità montana, vicepresidente del Comprensorio, consigliere regionale, assessore,
vicepresidente e infine, per due anni, presidente. Nel 96 Prodi lo chiama a
Roma - a proposito: di tutti i dalemiani veri, presunti e millantati, Bersani è il solo che è sempre andato d’accordo con il leader dell’Unione - e poco alla volta si conquista la stima degli addetti ai lavori:
industriali, economisti, manager» (Fabrizio Rondolino)
• Famiglia di artigiani. Diploma di maturità classica a Piacenza, poi laurea a Bologna in Filosofia con una tesi su La grazia e l’autonomia umana nella prospettiva ecclesiologica di san Gregorio Magno. Sposato con Daniela, farmacista, due figlie Margherita (nata nel 1985) ed Elisa
(nata nel 2003) • Dalemiano, è il leader dei riformisti, uno dei pochi esponenti diessini che vada a genio
anche a molti rappresentanti del centrodestra. Passa per un grande pragmatico.
Ottima presenza in tv, dove risulta simpatico e trasmette un’impressione di concretezza e buona volontà • «è l’unico “comunista” che manco Berlusconi riesce a chiamare “comunista”» (Corriere della Sera) • «Cresciuto in una famiglia cattolica e democristiana. Il primo sciopero - così ha raccontato il ministro a Maria Teresa Meli - è stato da chierichetto, contro il parroco che distribuiva male le mance. Ma
quello stesso parroco, don Vincenzo, suonerà le campane a festa quando il suo Pierluigi nel maggio del 96 lascerà la presidenza dell’Emilia Romagna per diventare ministro dell’Industria, del Commercio, dell’Artigianato e del Turismo nel primo governo Prodi» (Rondolino)
• Durante il governo Berlusconi ha monitorato i conti pubblici attraverso l’associazione Nuova Economia Nuova Società (Nens), fondata con Vincenzo Visco. Memorabili i suoi scontri-confronti con
Tremonti • Benché sia stato definito «tenace assertore della necessità di concertare le politiche economiche con sindacati e imprese» (la Repubblica), nel giugno 2006 ha sorpreso tutti varando, senza concertare
niente con nessuno, un decreto che introduceva importanti elementi di
liberalizzazione nel rapporto tra alcune categorie e i consumatori: possibilità di vendere medicine senza ricetta anche nei supermercati (decisione che ha
fatto infuriare i farmacisti); abolizione delle tariffe minime per gli avvocati
(scioperi a catena); nuove regole, relativamente al rapporto con i clienti, per
le banche; possibilità per i Comuni di permettere il cumulo delle licenze di taxi, provvedimento
questo che suscitò la violenta reazione dei 19 sindacati del settore obbligandolo a una parziale
marcia indietro. A chi gli contestava la mancata concertazione, ha risposto con
una frase che vale un programma di governo: «Le regole non sono oggetto di concertazione» (in un’intervista a Marco Patucchi di Repubblica, 2 luglio 2006). Il decreto è poi stato convertito in legge grazie a un voto di fiducia
• La moglie, Daniela Ferrari, farmacista a Piacenza, ha difeso a spada tratta il
decreto del marito, fortemente avversato invece dalla sua categoria.
COMMENTI «La popolarità di Bersani nasce in questo modo: dall’alto, per così dire, e tra le élites. Ma non per questo è un tecnico: e se le cose fossero andate in un altro modo, all’avvio della legislatura, fra non molti mesi Bersani sarebbe diventato segretario
della Quercia. Invece sta diventando l’icona e il simbolo della sinistra riformista di governo. “Quei politici che stanno lì a progettarsi la vita tappa per tappa spesso non arrivano dove vogliono
arrivare”, aveva osservato qualche mese fa. Meglio, “non so se per la mia formazione filosofica o se per quella paesana”, affidarsi al caso e non crucciarsi troppo. Dopodiché, come direbbe Vasco, “ci troveremo come le star, a bere del whisky al Roxy Bar, o forse non c’incontreremo mai, ognuno a rincorrere i suoi guai…”» (Rondolino)
• «Il più bello del centrosinistra è il diessino Pierluigi Bersani, il più brutto è l’ex presidente del Consiglio Lamberto Dini» (Rosy Bindi a Monica Setta).
FRASI «Avrei voluto essere papa Giovanni. Perché papa Roncalli fu un vero riformista. Lui sapeva coniugare la radicalità delle scelte, i gesti visibili, concreti, di rottura, con la capacità di comunicarli rassicurando gli interlocutori, cattolici e non [...] Un
Giovanni XXIII dell’Ulivo potrebbe far capire ai nostri elettori che all’interno di una coalizione le diversità possono convivere in amicizia. E poi proporrebbe un’alternativa a Berlusconi che non sia per forza una rivincita. Supererebbe la
logica dei blocchi» (da un’intervista a Vittorio Zincone)
• «L’economia italiana ha bisogno di un menù più ricco di soluzioni contrattuali, senza però pensare a 20 mercati del lavoro, regione per regione» (a Dario Di Vico, nel 2001) • «Non credo che in Italia ci siano quattro milioni di imbecilli, perciò bisogna capire meglio le ragioni che hanno portato al successo di questo
fenomeno» (a proposito delle Lecciso)
VIZI Melomane. «La vera passione di Bersani (a parte la politica, s’intende) è senz’altro la musica: il duetto mozartiano con Katia Ricciarelli è soltanto uno degli infiniti episodi che lo vedono protagonista. Quand’era ministro la volta scorsa, la sera andava spesso a cena al Conte di
Galluccio, in via Veneto, a due passi dal ministero. E ogni sera, come spesso
capita a Roma, arrivava il musicante di turno. Poteva così capitare che i due - il chitarrista e il ministro - si esibissero in strepitose
cover della canzone italiana, mentre l’oste, divertito e furbo, mostrava ai turisti la prima pagina del Messaggero: “
Look, the minister of Industry!” [...] Con vezzo appena appena accennato, Bersani ha raccontato una volta che
avrebbe voluto imparare a suonare il pianoforte, ma era il 68 e c’era la rivoluzione da fare: “La rivoluzione non è arrivata e io non so suonare il piano”. Quanto al canto, il ministro, che è un baritono, fa parte con divertito orgoglio del coro di Bettola, diretto
naturalmente da don Vincenzo e specializzato, come lo stesso Bersani ha
raccontato a Luca Telese, nei “canti delle nostre montagne” e in “qualche inno alpino della prima guerra mondiale”. In questa stessa intervista, Bersani offre una raffinata analisi del nesso
musica-Emilia, passando in rassegna il “modello dialettico urbano” di Guccini, il “modello visionario e cittadino” di Dalla, “l’Emilia delle strade lunghe” di Ligabue, i “rumori del cascinale” del romagnolo Zucchero, fino al più grande di tutti, Vasco Rossi, “uno che parla per conto di un popolo. Uno che è legato alle radici di una terra, proprio come Verdi”. In questa cultura musicale onnivora - e oltre ai cantautori e all’opera bisogna aggiungere l’heavy metal: mentre nasceva il primo governo Prodi e tutti si accapigliavano per
una poltrona, Bersani era al concerto bolognese degli AC/DC -, in questa
passione autentica per la musica popolare, per la canzonetta e per il
Conservatorio, senza gerarchie né distinzioni che non siano di gusto, c’è naturalmente molta Emilia, dove ancora si va all’opera come altrove si va al cinema. Però, forse, c’è anche una chiave per comprendere la persona, o la metafora di un’idea della politica: che, come la musica, nasce dalla terra, e senza la terra
non è niente» (Rondolino).