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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

BENTIVOGLIO

Fabrizio Milano 4 gennaio 1957. Attore. Studi nel 1976/77 alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano. «È un attore bravo. Bravo perché recita bene, ma anche perché sceglie con attenzione cosa fare, lavora con persone che stima e a cui vuol
bene, partecipa, se può, alla creazione del personaggio, si impegna con onestà nella messa a fuoco di un ruolo che vorrebbe fosse eseguito “a regola d’arte”, secondo la formula che usavano un tempo gli artigiani e che oggi gli
piacerebbe fosse messa alla fine dei film, tra i titoli di coda. Per lui meglio
poco ma buono, che tanto e sciatto. E tempo, molto tempo, perché si riesca ad esprimere esattamente ciò che si vuole. Carriera tra teatro, cinema e musica, con autori come Salvatores,
Placido, Soldini, Muccino, in pellicole selezionate con cura come
TurnÈ, Un’anima divisa in due, Del perduto amore, Ricordati di me» (Simonetta Robiony) • «Negli anni Settanta, quando ho cominciato, c’erano i grandi film di autore altamente impegnati e le commediacce da ridere,
altamente volgari. O i capolavori o le stronzate. Per noi giovani attori che
avevamo studiato recitazione e facevamo teatro, trovare uno spazio era
durissimo perché vigeva il pregiudizio che parlassimo col birignao e quindi non potessimo far
cinema. Abbiamo ricominciato a fare qualche buon film alla fine degli anni
Ottanta, quando i giovani registi hanno smesso di raccontare solo se stessi e
hanno ripreso a pensare che un film si fa perché il pubblico lo veda. Altrimenti non esiste»
• «Il cinema industriale americano non mi piace. Ho girato in America due pellicole
indipendenti di James Merendino, ma, come diceva Anghelopoulos, niente È più internazionale del nazionale. Siamo il contrario dei francesi: loro sono
sciovinisti noi disfattisti: non crediamo nelle nostre cose» • «Non faccio televisione. Io ho bisogno di molto tempo per lavorare bene, e la tv
non concede tempo. Non mi piace la popolarità: vorrei non esser riconosciuto per strada. Detesto le interruzioni
pubblicitarie che obbligano a un linguaggio semplificato. No, finché posso, non faccio la fiction. Non mi interessa» • «Gli attori sono molto fragili, anche se in certi momenti diamo l’impressione opposta» • «Incarna la figura dell’artista di sinistra che “si dà le arie”: quando andò a Porta a porta per il lancio di Ricordati di me di Gabriele Muccino aveva l’aria disgustata, di uno che era stato trascinato in catene...» (Paolo D’Agostini) • «So di non avere un’immagine simpatica, forse presuntuosa» • Nel 93 ha vinto la Coppa Volpi a Venezia per Un’anima divisa in due, poi il David di Donatello come protagonista per Testimone a rischio (97), il David di Donatello come non protagonista per Del perduto amore (99).