Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BATTISTI
Cesare Sermoneta (Latina) dicembre 1954. Terrorista e assassino. Poi scrittore. «A chiunque mi parlasse di militanza, indicavo la banca più vicina: i soldi sono lì, vai a prenderli se sei un uomo».
VITA Al liceo classico Alessandro Manzoni di Latina, dove s’era iscritto nel 68, aveva capito che la contestazione gli interessava più dello studio. Dal suo sito Internet: «Le parole rivoluzionarie erano sulla bocca di tutti e Cesare, ancora molto
giovane ma da sempre indottrinato da una famiglia religiosamente comunista, non
poteva restare insensibile al vento di rivolta». Tre anni, ed era in un carcere minorile: «Solo qualche settimana, ma abbastanza per comprendere che “sono sempre gli stessi che cadono, e che alla violenza dello Stato bisogna
rispondere con le stesse armi”» (Giovanni Bianconi)
• Il “cattivo maestro” di questa storia si chiama Arrigo Cavallina (nato a Verona, 17 ottobre 1945).
Per i giudici era il padre spirituale di Battisti. Quando l’ha conosciuto? «In carcere a Udine. Cesare era detenuto per una rapina. Lì cominciai a parlargli di politica. Chi era? Un ragazzo di malavita, ma di
grande carica umana, con un grande senso dell’umorismo. Scherzavamo molto, sulle battute io e lui ci si capiva al volo. Aveva
molta voglia di leggere, di sapere... Io allora ero un insegnante di cultura
generale e di educazione civica alle professionali. Lui era un po’ bulletto, ma anche simpatico. E se la sapeva giocare. Aveva un certo fascino
con le ragazze» (Brunella Giovara)
• Fu così che Battisti entrò nei Pac, cioè nell’organizzazione terroristica Proletari armati per il comunismo. Cavallina: «Una parte di noi viveva a Milano, un’altra a Verona, qualcuno a Padova. Ci trovavamo, e ricordo che i “milanesi” chiedevano: “Dove andiamo a fare una gita?”. Andavamo in collina, a cena in trattoria, e poi naturalmente si guardava anche
al supermercato da rapinare, all’ufficio postale da assaltare...»
• I delitti nei quali Battisti è coinvolto sono quattro: il maresciallo Antonio Santoro, addetto al carcere
speciale di Udine, moglie e tre figli, ucciso alle 7.40 del 6 giugno 1978:
stava camminando per strada e un uomo sceso da una Simca bianca gli ha sparato
alle spalle; il macellaio Lino Sabbadin, rapinato e ucciso a Caltana di Santa
Maria a Sala (Venezia) la sera del 16 dicembre 1978 (ha reagito sparando e
prima di essere freddato ha ammazzato uno dei banditi); il gioielliere Pier
Luigi Torregiani, assassinato in via Mercantini a Milano alle ore 14 del 16
febbraio 1979 mentre stava tirando su la saracinesca del negozio (nella
sparatoria uno dei suoi figli è rimasto paralizzato: i Pac lo accusavano di aver ucciso un bandito-proletario
in una precedente rapina); Andrea Compagna, agente della Digos, ucciso il 19
aprile 1979 alla Barona (Milano)
• Arrestato nel 79, Battisti scelse di non difendersi. Le cronache raccontano
delle minacce che lanciava al giudice Corrado Carnevali: «Stai sicuro, veniamo a prendere anche te». Aula sgombrata un’infinità di volte, lui che non la smette di gridare «siete solo dei buffoni di merda». Fu l’unico processo (in primo grado) al quale prese parte • Il 4 ottobre 1981, infatti, i «Comunisti organizzati per la liberazione proletaria» lo fecero evadere con un’operazione in grande stile. Battisti fuggì in Francia. Poi in Messico, sei anni a comporre articoli per giornali, riviste
culturali, la scrittura che pian piano prendeva il posto della rivoluzione.
Finché, nel 90, tornò in Francia. Due anni ed usciva il primo romanzo, Travestito da uomo, editore Gallimard. Da allora, 13 “polar” (poliziesco+noir) e la popolarità: sui giornali, in tv, nei salotti letterari • Nel frattempo viene condannato in via definitiva a due ergastoli. Armando
Spataro, “toga rossa” che fu pm dell’inchiesta: «Battisti è stato condannato all’ergastolo per ben quattro omicidi: in due di essi (il maresciallo Santoro a
Udine e l’agente di Ps Campagna a Milano) egli sparò materialmente in testa o alle spalle delle vittime; per un terzo, il macellaio
Sabbadin a Mestre, partecipò facendo da copertura armata al killer Diego Giacomini; per il quarto (il
gioielliere Torregiani a Milano nella stessa giornata) fu condannato come
co-ideatore e organizzatore» (Mario Pirani)
• Nel 1991 Parigi rifiutò l’estradizione di Battisti in Italia. A proteggerlo la “dottrina Mitterrand”, con la quale, dal 1981, la Francia dava asilo ai terroristi in fuga, e il
fatto che da noi non fosse prevista la ripetizione del processo per i
condannati in contumacia • Per tredici anni non accadde nulla. Poi, il 10 febbraio 2004, l’arresto, in un’affollata sala di Parigi dove proiettavano Buongiorno notte, il film di Bellocchio sul caso Moro. La sinistra francese, in prima fila
politici e intellettuali, insorse allora in difesa di Battisti. Bertrand Delanoë, sindaco di Parigi, lo dichiarò simbolicamente «sotto la protezione della città». François Hollande, segretario dei socialisti, andò a trovarlo in carcere e all’uscita disse: «Va liberato, subito!». Lo scrittore Philippe Sollers attribuì la richiesta d’estradizione allo «spirito di vendetta» di Berlusconi nei confronti di un «rivoluzionario», disse che all’epoca in Italia c’era «un terrorismo di Stato molto importante, una vera guerra civile e sociale», quindi citò Victor Hugo: «Quando vedo una mosca o una farfalla impigliata in una tela di ragno la libero
ed è una piccola amnistia oscura, che fa arrabbiare solo i ragni». Il giornale comunista L’Humanité scrisse che «Battisti è stato condannato nel 1987 da un giudice speciale di un tribunale militare
riservato ai processi contro i militanti dell’estrema sinistra» (un’incredibile castroneria). Libération sostenne che Battisti era «vittima della vendetta delle camicie nere». Daniel Pennac evocò la Comune di Parigi e la rapida amnistia (9 anni) dei condannati. Dimenticando,
però, che prima gli amnistiati avevano soggiornato nel bagno penale della Nuova
Caledonia. Finì che il 3 marzo 2004 la Chambre d’Instruction parigina scarcerò Battisti, il quale il 14 agosto di quell’anno sparì. Perciò quando a ottobre i francesi concessero l’estradizione, Battisti non era più reperibile. è tuttora latitante
• Intellettuali francesi, insistendo nella polemica con l’Italia, hanno sostenuto che tutto il processo è stata una farsa e che Battisti è stato condannato per aver commesso due delitti (Sabbadin e Torreggiani)
avvenuti alla stessa ora, uno a Mestre, l’altro a Milano. A parte che l’intervallo tra i due delitti è di cinque ore, la sentenza distingue precisamente il suo ruolo (vedi sopra, la
dichiarazione del pm Spataro). Battisti, si ribatte, è accusato solo dai pentiti. Non è vero, ci sono prove e testimoni. E poi, spiega Spataro, «nell’83 due terroristi italiani, tali Franco Fiorina e Gloria Argano, vennero
catturati a Milano, provenienti da Parigi dove, in combutta con i terroristi
francesi di Action Directe, avevano partecipato all’omicidio di due agenti in avenue Trudaine. L’accertamento dei colpevoli francesi e italiani del fatto di sangue fu possibile
anche grazie alla testimonianza di due pentiti [...]. Magistrati e inquirenti
francesi vennero a Milano per acquisire le prove. I colpevoli italiani furono
condannati in Italia e quelli francesi a Parigi. Il governo di Parigi ci
ringraziò calorosamente. Mi chiedo cosa avrebbe detto se l’Italia avesse rifiutato di procedere contro Argano e Fiorina, reputando
inattendibili le prove raccolte in Francia» (Pirani)
• Si insiste: Battisti, processato in contumacia, non ha potuto difendersi. In
Francia, il processo ai latitanti si fa senza difensori e si riapre nel caso di
arresto, in Italia no, e questo sembra essere l’ostacolo più grosso all’estradizione. In realtà, Battisti è stato così ben difeso che la Cassazione ha annullato per scarsa motivazione una parte
della sentenza che lo riguardava; il processo è stato rifatto nel 1993 con una nuova condanna all’ergastolo • Giancarlo Caselli: «L’Italia ha sempre escluso tribunali speciali, cosa che non tutti i paesi europei
hanno fatto. Da noi c’è stato solo un adattamento delle leggi ordinarie, l’introduzione di un’aggravante per i delitti comuni con finalità terroristiche» (Jaco Jacoboni) • Alle strette, Sollers la butta in corner: «Si può estradare qualcuno per fatti che risalgono a 25 anni fa?». (La Stampa). Nava: «Il bisogno o la giustezza di “voltar pagina” sono rimasti una traumatica riflessione italiana, senza riscontri simili in
Francia, nemmeno fra gli ambienti intellettuali insorti sul caso Battisti. I
capi storici di Action Directe vennero arrestati nel 1987. Nathalie Ménigon, Joelle Aubron, Jean-Marc Rouillan e Georges Cipriani sono stati
condannati a diversi ergastoli e ad anni di isolamento che tutt’ora stanno scontando». Di più: secondo Amnesty International «diversi elementi provano che il trattamento riservato ai prigionieri di Action
Directe è contrario alle norme internazionali». Dei tre imputati principali uno è impazzito, l’altro ha un cancro, la terza è emiplegica, tutti sono ancora in carcere. La sinistra francese ha la memoria
corta, falsifica la storia, conosce poco la situazione italiana... Pierre
Milza, autorevole docente di Storia contemporanea: «è un vecchio vizio della sinistra francese o, per meglio dire, di ristretti
ambienti parigini molto influenti. è una sinistra borghese che respira a pieni polmoni una sorta di nostalgia
rivoluzionaria e che confonde nel mito della ribellione protagonisti e
situazioni lontanissime. Gli ex terroristi si accreditano come fuoriusciti ed
esuli dell’epoca risorgimentale o fascista e questa sinistra ci crede». Barbara Spinelli (agli intellettuali francesi): «La maggior parte di voi non sa nulla del dossier giudiziario di Battisti, nulla
dei processi che lo hanno condannato per due omicidi, e quest’ignoranza è perfino ammessa. Un giornalista del settimanale Marianne, Philippe Cohen, dopo
aver scritto che la condanna fu emessa “per fatti non commessi”, confessa a Panorama “di sapere ben poco del dossier giudiziario di Battisti”. Perfino l’ex ministro Robert Badinter prende posizione in vostro favore ma poi ammette di
ignorare gli elementi dei processi. Già questo è stupefacente, per un intellettuale: che si pronunci con tanta sicurezza su cose
di cui è ignaro».