Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BARESI
Franco Travagliato (Brescia) 8 maggio 1960. Ex calciatore. Inizia a giocare nella
squadra del paese e nel 74 fa un provino per l’Inter insieme al fratello più grande Beppe, ma viene scartato per il fisico troppo gracile (Baresi I, invece,
è arruolato). Il provino nel Milan va meglio e viene preso e inserito nelle
giovanili. Il 23 aprile 78, quasi diciottenne, fa l’esordio in A in Verona-Milan. Viene impiegato come libero, ruolo che interpreterà ad altissimi livelli per tutta la vita. Il 4 dicembre 82 è il giorno dell’esordio in Nazionale: sostituisce Scirea contro la Romania, finisce 0-0. Rimane
al Milan nonostante due retrocessioni in B e diventa capitano a 22 anni,
gettando le basi per diventare una delle più grandi «bandiere» rossonere. La scelta paga perché nell’86 Silvio Berlusconi acquista il Milan e lo rilancia e il palmarès di Baresi si arricchisce: 6 scudetti, 3 coppe dei Campioni, 2 coppe
Intercontinentali, 3 supercoppe Europee, 4 supercoppe Italiane. Se la squadra
di club regala molte soddisfazioni a «kaiser Franz», non vale lo stesso per la Nazionale. A Usa 94 si fa male, recupera in tempi
record e gioca una leggendaria finale a Pasadena. Ma dal dischetto è proprio lui (con Baggio e Massaro) a sbagliare e a scoppiare in un “pianto diretto” che le tv di tutto il mondo rendono celebre. Chiude la carriera da giocatore il
26 giugno 97, con 716 partite ufficiali nel Milan e 81 presenze in Nazionale
(un gol). Il Milan ritira la sua maglia (il 6) e lo incarica di allenare la
primavera. è stato secondo nella classifica del Pallone d’oro dell’89 (dietro Marco Van Basten), 5° nel 90, 6° nel 93, 8° nell’88, 11 nell’84, 20° nel 92, 21 nel 95
• «Il Milan diventa presto, più che la sua squadra, la sua famiglia. Perde i genitori prestissimo, ricavandone
un’ombra di malinconia nello sguardo che neppure le giornate più fulgide riusciranno a cancellare. Quasi inevitabile che il calcio diventi la
sua vita. Non è alto di statura, ma possiede una naturale armonia di movimenti che trasforma
ogni azzardo atletico, ogni recupero apparentemente proibitivo, ogni avanzata
palla al piede nel semplice rotolare delle cose sospinte dolcemente dalla
gravità. I piedi sono da centrocampista, la testa è quella di un libero, meglio, di un leader della difesa. Nils Liedholm,
nocchiero del Milan in caccia della stella del decimo scudetto, non esita nel
1978 ad apporre sui suoi 18 anni i galloni da titolare, trasformandolo in uno
dei punti di forza di una conquista esaltante. I senatori lo ribattezzano “Piscinin”, piccolino, per l’età quasi imberbe. C’è Rivera al passo d’addio ed è naturale cogliere nel contemporaneo, felicissimo esordio del giovane l’ideale passaggio di testimone tra due bandiere» (Carlo F. Chiesa)
• Affronta le due retrocessioni in B, che precedono l’arrivo di Berlusconi «con l’orgoglio del campione che non abbandona la nave nel momento della tempesta» (ibidem) • Negli ultimi tempi è finito sui giornali per alcune disavventure finanziarie: «Ho 4 milioni di euro di debiti con le banche e 3 milioni con il gallerista di
Torino Giovanni Mazzoleni. La mia colpa? Non avere vigilato su quello che
faceva mia moglie, l’amministratrice delle finanze di famiglia».
CRITICA «Il libero che, assieme a Scirea, più si è avvicinato al modello sublime di Franz Beckenbauer, entrando senza difficoltà nel calcio della zona e della intercambiabilità dei ruoli difensivi centrali, a propria volta proponendo un’interpretazione capace di fare scuola (ibidem)».