Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
BALDINI
Stefano Castelnovo di Sotto (Reggio Emilia) 25 maggio 1971. Maratoneta. «Corro in rimonta».
VITA Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene (2004) e agli Europei di Goteborg (2006). Terzo ai
Mondiali 2001 e 2003. Campione europeo nel 98. «Vengo da una famiglia di contadini dove la fatica è nella nostra cultura» • «Sono l’ottavo di 11 fratelli, 6 maschi e 5 femmine, nati fra il 59 e il 77. Mio padre è originario di Viadana, nel mantovano, e ha varcato il Po per venire nel
reggiano dove la terra, essendo allora zona depressa, costava poco. Ha
comperato la fattoria e il terreno a Castelnovo di Sotto. Adesso tutto il
terreno è coltivato a foraggio per dar da mangiare alle 250 mucche che forniscono il
latte per produrre il Parmigiano Reggiano. La mia famiglia mi ha dato il gusto
della competizione. Quando ero piccolo, correvano già i miei fratelli maggiori, Pietro, Giuseppe e Marco e io volevo andare ad
allenarmi con loro. Avevo 11 anni e loro via, a 3’40’’ al chilometro. Ho cominciato resistendo al loro ritmo poche centinaia di metri,
poi un chilometro, poi tutto l’allenamento, sino a diventare il più forte dei Baldini. Ma loro mi hanno anche aiutato a diventare quello che sono.
In campagna tutti lavorano, ma loro mi hanno permesso di dedicare il mio tempo
all’allenamento. Tanta gente mi ha dato una mano, come i proprietari della
Calcestruzzi Corradini di Rubiera. Sino al 99 ho lavorato part-time nell’ufficio amministrativo. Così mi hanno permesso di crescere e mi hanno conservato il posto in quell’ufficio per quando concluderò la carriera. Ma non penso che ci tornerò...»
• «Ancora ai tempi di Bordin, la maratona era considerata una disciplina per atleti
in declino. Chi non riusciva a tenere più i ritmi dei 5 o 10.000 metri si dava ai 42 chilometri. Non è più così. Oggi un maratoneta si allena come un velocista e può vincere gare molto più corte» • A proposito del successo olimpico: «Solo a giugno Baldini confidava al suo allenatore-confessore, il 70enne Luciano
Ghigliotti: “Sono un uomo finito, non correrò mai più, mi manca la volontà, non riesco a dormire, non trovo la forza dentro”. Erano le conseguenze della crisi familiare che l’ha indotto a chiedere il divorzio dalla moglie Virna e costretto a negoziare le
ore mensili da trascorrere assieme alla figlia, l’amatissima Alessia. Poi però resuscitava, sino a trarre slancio e determinazione proprio da quella crisi. “Sono riuscito a trasformare una situazione negativa in energia positiva”. Fu il miracolo del 29 agosto nello stadio della prima Olimpiade. Impossibile
dimenticare quel suo urlo al traguardo, rabbioso, liberatorio, esplosivo.
Molti, anche i suoi compagni di corsa che si sono visti tante volte quella
scena alla moviola, hanno letto dalle sue labbra un poderoso “vaffa... Virna”» (Lorenzo Cremonesi)
• Il padre festeggiò l’oro olimpico «chiudendosi nella stalla a mungere le sue 200 frisone, il vero tesoro di
famiglia» • Sul successo olimpico c’è una piccola ombra, l’intervento del prete spretato Neil Horan che fermò il brasiliano in testa alla corsa, seppure braccato dall’azzurro (l’avrebbe raggiunto e superato lo stesso?): «Vanderlei Cordeiro Lima corre verso l’oro della maratona. Ma a 5 chilometri dal traguardo viene travolto dall’irlandese in costume che sbuca come un genio perfido delle brughiere per
togliergli ogni speranza di vittoria. Vince Stefano Baldini» (Giancarlo Galavotti)
• Dicono che molti in giro per il mondo fanno il tifo per lui perché è l’unico bianco in un mondo di neri: «Sì, può essere che l’eccezione attiri, che il tifo si concentri sull’alieno nel mondo della maratona, però è anche vero che io corro sempre su certi standard e mi ritiro raramente. Nella
maratona c’è un momento in cui finisci le energie, succede a tutti, anche a chi vince, cosa
riesci a fare lì è fondamentale. Mia figlia, che ha 5 anni, dice che uso la tattica giusta: corro
in rimonta. Chissà chi glielo ha spiegato. Ma forse piaccio anche per quello»
• «Sono corteggiato e non soltanto dal giro dei professionisti. Ogni tanto mi
chiedono impegni anche di rappresentanza. Volevano che corressi un pezzo di
maratona con Romano Prodi a Reggio Emilia. A me non andava di essere poi etichettato,
avrei avuto lo stesso problema anche con un candidato dell’altro schieramento. Però quello che mi ha fatto decidere per il no è stata l’idea di andare così piano. L’ultima volta che l’ho fatto è stato per la Deejay running, correvo con Linus, ma i dilettanti vanno a zig zag
e tengono un ritmo troppo basso, mi si imballano le gambe» • «Se penso a quando mi regalarono il primo paio di scarpe nell’87... Le conservavo in modo quasi religioso. Adesso il mio sponsor tecnico mi
fornisce una quindicina di paia di scarpe l’anno, dopo 400 chilometri mi posso permettere di buttarle. Ma non spreco. Ecco,
seppur su un piano differente, è un modo di vivere che continuo a sentire in linea con le mie radici, il senso
di essere della famiglia Baldini, ma non so se continuerà. Vedo i miei nipotini che si divertono di più con il telefonino...».
SULLA MARATONA «La maratona non la fai contro gli avversari, ma contro te stesso, è una cosa tua, è la tua capacità di conoscere ogni angolo del tuo serbatoio di energie» • «Il trucco è pensare il meno possibile alla gara per non bruciare energie nervose. Correre
in una bella città, come Roma o Madrid, aiuta. L’arte, la buona architettura, ti allontanano i brutti pensieri» • «è l’aspetto più egualitario di questo sport. Nessun calciatore in erba potrà mai neppure sperare di giocare a San Siro con i suoi idoli. Nella corsa invece
chiunque si iscriva alla gara può mettersi dietro allo striscione del via assieme a me, può sfidarmi sul mio stesso terreno. Per questo il mio titolo è messo continuamente in discussione. Non c’è tregua».