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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

IL BAR DELLE COSCHE DAVANTI A PALAZZO CHIGI

Tra una brioche e un quadro di Renato Guttuso una certa differenza c’è. Così come tra un opera di Salvador Dalì e un cappuccino. Eppure gli uomini della Direzione investigativa antimafia hanno usato lo stesso tatto. Il 25 giugno 2009 misero sotto chiave 345 tele del presunto boss italo-canadese Beniamino Zappia, la cui società "Made in Italy" era in Galleria Alberto Sordi. Ieri, invece, a due passi da quella Galleria, i sigilli sono stati apposti all’Antico Caffè Chigi, tra i locali preferiti dai parlamentari. Il prestigioso bar-ristorante rientrava nella ragnatela proprietaria della holding Adonis, dietro la quale, secondo la Procura distrettuale antimafia che ha condotto per oltre due anni l’inchiesta, ci sarebbero un altro intermediario italo-canadese e l’ex autista della cosca Gallico di Palmi (Reggio Calabria).

La capitale è stata ieri scenario di un altro episodio criminale. Flavio Simmi, figlio di un gioielliere coinvolto nella Banda della Magliana, è stato crivellato di colpi e ucciso a pochi passi da casa. Il colonnello Paolo La Forgia, capo del centro Dia di Roma, commenta l’operazione. «Sono degli sfacciati – dichiara al Sole 24 Ore – che hanno messo radici a due passi da Palazzo Chigi. Gli abbiamo dato una caccia senza quartiere. Il referente della cosca Gallico, ufficialmente, era un saldatore. Un po’ poco per governare un patrimonio che, forse quando sentivano il fiato sul collo, è stato fatto confluire in un trust che gli toglieva il sonno. Qualcuno avrebbe potuto gabbarli da un momento all’altro».

Il valore dei beni sequestrati si aggira sui 20 milioni. Questa volta il calcolo è stato possibile: nel caso delle tele sequestrate a Zappia, che la Procura ritiene il referente delle potenti famiglie di Cosa nostra Bonanno di New York e Cuntrera-Caruana di Toronto, gli esperti non hanno ancora completato il lavoro. Per una stima attendibile – che sarà comunque di centinaia di milioni – ci vorrà ancora del tempo. Le mafie stanno colpendo a morte Roma a pochi passi dalle stanze della politica. Il colpo di ieri viene dopo quelli, altrettanto eclatanti, del 2009, allorché alla cosca Alvaro di Cosoleto (Reggio Calabria) fu sequestrato il Café de Paris in Via Veneto, il ristorante Colonna Antonina e il Gran Caffè Cellini.

Non solo ’ndrangheta. Nell’ultimo mese le operazioni della Procura distrettuale antimafia di Napoli hanno fatto saltare gli investimenti dei clan Mallardo e Belforte la cui passione è sempre la stessa: riciclaggio del denaro sporco nel ciclo del cemento e nelle attività commerciali.

Nel centro storico, nella via che collega Piazza Cairoli a Campo de’ Fiori, lo Stato si è riappropriato di un bene dei mafiosi e lo ha rimesso in un circolo vitale. Accade in via dei Giubbonari, dove una gioielleria, è stata prima sequestrata e poi confiscata.

La lista dei beni immobili (399) e delle imprese (96) confiscate alle mafie traccia una mappa sorprendente: quella della legalità strappata all’illegalità. Il valore complessivo è di miliardi. Tra le imprese confiscate ci sono soprattutto società immobiliari con sedi storiche nel centro. In via Francesco Crispi, cinque minuti a piedi da Piazza di Spagna o in viale Giuseppe Mazzini, nel quartiere Prati.

Non solo società immobiliari: anche night club, librerie, esercizi commerciali di ogni tipo, ditte di trasporto e negozi di antiquariato, come quello di via di Monserrato, a un tiro di sasso da Palazzo Farnese. Nel cuore della capitale, dunque, dove è più facile camuffare le attività di copertura o di riciclaggio di capitali sporchi. Se dalle imprese si passa a case, terreni e fabbricati, la musica non cambia. Ci sono locali in via dei Monfortani (una strada residenziale nelle vicinanze di Monte Mario), in via Tuscolana, arteria della città, così come nella consolare via Flaminia, dove è stato addirittura sottratto alla criminalità organizzata un impianto sportivo trasferito al Comune nell’aprile 2007 e destinato a centro per attività sociali. In via IV Novembre, strada dalla quale raggiungere Fontana di Trevi è una breve passeggiata, lo Stato ha consegnato al Campidoglio già nove anni fa un intero fabbricato che è stato destinato a sede di associazioni.