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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

AVATI Pupi (Giuseppe Avati) Bologna 3 novembre 1938. Regista. «È Babbo Natale, una specie di nonno universale» (Vanessa Incontrada)

AVATI Pupi (Giuseppe Avati) Bologna 3 novembre 1938. Regista. «È Babbo Natale, una specie di nonno universale» (Vanessa Incontrada). VITA Appassionato di jazz e di cinema, si laurea in Scienze politiche e nel frattempo segue corsi di regia. Il suo primo lungometraggio È Balsamus, l’uomo di Satana, del 68. Nel 75 firma La mazurka del barone della santa e del fico fiorone, con Ugo Tognazzi e Paolo Villaggio, nel 76 La casa dalle finestre che ridono e il musical Bordella con Gigi Proietti, censurato all’uscita. Seguono tra gli altri Una gita scolastica (83), Festa di laurea (84), Regalo di Natale (86), Storia di ragazzi e di ragazze (89) e da ultimo La seconda notte di nozze, bel successo con Antonio Albanese e Katia Ricciarelli • È nato nel centro di Bologna, in via San Vitale 51, e lì ha vissuto per molti anni: «Durante la guerra tutti erano convinti che, se avessero bombardato, le due torri sarebbero crollate sopra casa nostra» • Il padre di Pupi Avati si chiamava Angelo, la madre Ines. Il nonno Avati era un noto antiquario di Bologna, presso il quale la giovane Ines faceva la dattilografa: «Mio padre era il figlio scioperato, molto bello, molto affascinante, elegante. Come da copione mia madre si innamorò del bel rampollo e si mise in testa di conquistarlo». Ines era figlia di un operaio socialista e di una contadina, mentre nell’altro ramo della famiglia erano borghesi e monarchici: «La domenica, quando le due famiglie si riunivano a pranzo, c’erano discussioni molto accese: eravamo in pieno doncamillismo» • Nei confronti del padre ha sempre sofferto di inferiorità «e a questo È dovuta tutta la mia timidezza. Mi sentivo inadeguato, non ero alla sua altezza, lui era troppo affascinante e io ero convinto di non piacergli, neppure esteticamente» • Angelo morì nel 50 in un incidente d’auto. Con lui c’era anche la suocera: «Noi li aspettavamo a Rimini dove eravamo in vacanza. Era il 10 agosto e l’incidente accadde a Santarcangelo di Romagna: la stessa data e lo stesso luogo dove fu ucciso il padre di Pascoli» • Con La seconda notte di nozze ha ripercorso la sua esperienza «quando adolescente vivevo, insieme con i miei due fratelli, la storia di mia madre, una donna piacente, giovane, rimasta vedova, che tutti volevano far risposare» • «Non ho difficoltà a dire che avevo un innamoramento per mia madre: È la donna che ho amato di più, per quanto ami moltissimo mia moglie e mia figlia» • «Mia madre aveva conosciuto un violinista austriaco che si chiamava Joseph ma che veniva chiamato Pupi, le piaceva quel diminutivo e così da sempre mi ha chiamato Pupi. Sono sempre stato Pupi, per tutti, anche se fino a quindici, sedici anni mi vergognavo terribilmente di questo nickname» • Al cinema È arrivato tardi. Prima, per dodici anni, ha suonato jazz, l’altra sua grande passione: «Alla fine mi sono reso conto che non avevo talento e che in quel mondo, competitivo quanto la boxe, prendevo solo cazzotti, così ho smesso». In seguito diresse per quattro anni una grande ditta di surgelati. Infine il passaggio quasi casuale al cinema con suo fratello Antonio, produttore.• «Prima si iscrive a Scienze politiche a Firenze per fare l’ambasciatore, poi alla facoltà di Veterinaria a Bologna. Finisce “a vendere bastoncini Findus in giro per le Standa d’Italia”. Nel 1968, Ines vende la casa di Bologna e compra un appartamento in via del Babuino, apre la Pensione For You, rifà i letti e porta la colazione agli studenti, uno stratagemma per consentire a Pupi di frequentare il cuore della città del cinema e di realizzare l’ennesimo sogno. Laura Betti, anche lei bolognese, adotta il giovane aspirante regista e lo introduce nel giro degli artisti che gravitavano fra via Margutta e piazza del Popolo. A cena con Moravia, Bertolucci, Bellocchio, Patroni Griffi, Avati incontra Pier Paolo Pasolini, con cui poi scriverà Salò. Miracolo avvenuto, Ines Provvidenza entra in tutti i film del figlio Pupi, prodotti dall’altro figlio Antonio. Alla sera, per grazia ricevuta, va a ricompensare il suo Dio recitando il rosario insieme a Giulietta Masina» (Barbara Palombelli) • Osservava Fellini a distanza, in via Margutta, senza il coraggio di fermarlo: «Una volta però osai e mi presentai. Mi chiamò Pupone e mi baciò. Perché Fellini baciava tutti, anche gli uomini, pur non essendo omosessuale» • «A Fellini devo la carriera! Se non avessi visto 8 e mezzo non avrei capito il potenziale autentico del cinema né chi È un regista, ruolo che a noi provinciali sfuggiva» • Sposato con Amelia Turri, ha tre figli che lavorano nel cinema: «Alvise come inventore di cartoni animati al computer. Ha scritto in Nuova Zelanda al regista de Il Signore degli anelli, Peter Jackson, e gli ha mandato i suoi prodotti. Jackson l’ha chiamato a collaborare nella squadra». Tommaso e Mariantonia sono sceneggiatore e regista di Per non dimenticarti. Nel 2006 Mariantonia ha presentato al Festival Magna Grecia di Soverato il suo primo film, Per non dimenticarti con Anita Caprioli ed Ettore Bassi. FRASI «La maggior parte dei miei film ha come punto di partenza un fatto accaduto nel passato perché ho molta più curiosità verso le cose già trascorse piuttosto che verso il futuro. Questo forse deriva dalla mia cultura contadina» • «I registi si dividono in due categorie: quelli che sanno lavorare su una sceneggiatura che gli viene affidata e quelli che sanno lavorare solo partendo da una loro idea. I francesi li chiamano “realizzatori” e “autori”. Io appartengo alla seconda categoria. Non so fare altrimenti. Mi consolo pensando che Bu uel sosteneva che da una grande opera letteraria non viene mai fuori un buon film, mentre può accadere che da una cosa modesta esca un capolavoro» • «Ho iniziato a fare cinema quando i miei colleghi si chiamavano Rossellini e Antonioni. Negli anni mi sono trovato accanto varie generazioni: ho sempre sentito l’urgenza di raccontare, e ho avuto la fortuna di mantenere una mia calligrafia» • «Esiste una grande differenza tra la passione e il talento. Ho trascorso gran parte della giovinezza confondendo le due cose e credo che questo equivoco incida fortemente sulla formazione della nostra società. Ci sono un sacco di persone che svolgono attività lontane anni luce dalle loro vere inclinazioni» • «Ho deciso da anni che la scrittura È la forma d’espressione attraverso la quale e nella quale maggiormente mi riconosco. La precisione cartesiana della scrittura, attraverso la padronanza e il controllo del lessico, ti consente di dire esattamente ciò che vuoi dire. La bellezza del libro È nel rapporto “uno a uno”, che trovo assolutamente straordinario. La sera, nella mia camera, nel mio letto, trascorro le ore più belle della mia vita perché siamo io e Montaigne, io e Mann: siamo soli; parlano a me, hanno scritto per me. Non c’È nulla che faccia da filtro, che medi: È un rapporto così assolutamente intimizzato... Forse È questa la ragione per la quale, da un po’ di anni, tendo molto alla narrativa. Per arrivare, alla fine di tutte le fini, alla poesia: che È la forma più alta, più nobile; l’urgenza più autentica. E non si vende» • «Mi sono accorto che tutte le volte che ho raccontato me stesso, i miei limiti, le mie incertezze, le mie ambizioni, improvvisamente ho trovato un consenso che ha dato forza alla mia carriera» • «Il film che si ama di più non È quello che si È fatto, ma quello che si vorrebbe aver saputo fare» • «Sogno ancora di sfidare Lucio Dalla al clarinetto, di imparare il latino talmente bene da poter tradurre trattati medioevali, di cambiare in modo definitivo anche se poi sono orgoglioso di tenere in vita il bambino che È in me». CRITICA «Regista dei piccoli sentimenti, delle storie familiari» (Emilia Costantini); «Cantore di Bologna e dintorni, narratore quasi maniacale di quel pezzo di terra» (Silvana Mazzocchi). POLITICA «Sono un cane sciolto, da sempre. Non appartengo alla cultura di sinistra e non È mai esistita in Italia, una cultura di destra» • «Mi danno sempre l’etichetta di cattolico. Ebbene sì, lo sono. Ma non per finta, sul serio. E con orgoglio. Lo so che È strano, per un artista, andare in chiesa. Vado a messa, prendo la comunione, mi confesso dal mio parroco di San Giacomo in Augusta, in via del Corso». VIZI «Non vado a vedere i film degli altri, ho il terrore che mi piacciano e mi facciano soffrire. Non vado nemmeno a vedere quelli brutti, non ce ne sarebbe motivo. Risultato? Non vado quasi mai al cinema».