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 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

ARGENTO

Dario Roma 7 settembre 1940. Regista. «Io non ho mai la possibilità di incontrarmi».


VITA Maestro dell’horror. Suoi film più celebri: L’uccello delle piume di cristallo (70), Il gatto a nove code (71), Quattro mosche di velluto grigio (71), Profondo rosso (75), Suspiria (77), Inferno (80), Phenomena (85) ecc. «Sono il più grande assassino d’Italia. In 30 anni di carriera avrò ucciso 90 persone. A furia di farlo, so bene come dare una pugnalata oppure
strozzare» • Sua madre, Elda Luxardo, bellissima modella brasiliana, arrivata in Italia con
il fratello Elio, diventò la prima fotografa di moda e di cinema nel dopoguerra (i più celebri ritratti di Gina Lollobrigida, Sofia Loren e Claudia Cardinale sono
opera sua). Il padre Salvatore, produttore cinematografico, ex partigiano di
Giustizia e Libertà, nato a Perugia ma vissuto sempre a Roma, aveva combattuto in Jugoslavia, «e ci raccontava di aver salvato la vita al suo ufficiale, che era il direttore d’orchestra Carlo Maria Giulini. Ma papà era stato anche compagno di classe di quel Pietro Koch che con la sua banda,
una sorta di polizia privata, con tanto di carcere privato presso la pensione
Jaccarino, terrorizzò Roma nel 1944» (da un’intervista di Barbara Palombelli)
• «La mia infanzia è stata un periodo tranquillo. Non ho avuto nessun trauma. Forse ho sofferto di
alcune assenze. Di chi? Dei miei genitori. Soprattutto mia madre. Faceva la
fotografa, viaggiava molto. Io stavo con i nonni e i miei fratelli. Ma non
ricordo questo come una sofferenza. Anzi. Sono sempre stato un solitario. Mi
nascondevo in soffitta a leggere. Avevo paura che mi giudicassero presuntuoso» • «A 12 anni, malato di febbre reumatica, lessi un po’ di cose scabrose: Il piacere di D’Annunzio e Le mille e una notte. Da ragazzo mi piaceva molto Evelyn Waugh. I cattivi mi affascinano.
Adolescente, sono stato travolto dalle donne di Thomas Mann, cominciando da
Madame Chauchat. E avrei voluto inginocchiarmi a Isotta» • «Prima di decidere di fare un film mio ho fatto di tutto un po’. Sono scappato e tornato a casa, sono stato critico cinematografico e
sceneggiatore, poi mi sono deciso e ho girato L’uccello dalle piume di cristallo» • In gioventù fu vice critico cinematografico a Paese Sera: «Teorizzavo, con la nouvelle vague (l’avanguardia cinefila francese), che non esistono film brutti, che, magari per
cinque minuti, c’è qualcosa da vedere in ogni pellicola. Uno scandalo. Quando recensivo con
entusiasmo i film western di quel fascistone di John Ford e i gialli di
Hitchcock mi arrivava la letterina di richiamo del direttore, Fausto Coen: “Quello americano è fatuo divertimento”, scriveva. Non era l’unico problema, non sopportavo l’invadenza dei dirigenti del Pci»
• «Scrissi con Bernardo Bertolucci la sceneggiatura di C’era una volta il West di Sergio Leone, costruimmo il personaggio della protagonista scegliendo una
donna forte, ex puttana, e anche questa fu una piccola rivoluzione. Gli amici
si chiamavano Franco Piperno e Oreste Scalzone, ero vicino a Potere Operaio.
Quando andai a vivere con Daria Nicolodi, nella nostra camera da letto, sopra
il materassone appoggiato a terra come si usava, avevo fatto costruire una
immensa stella rossa di legno. Una volta, un produttore americano la vide e
mancò poco che cancellasse il contratto»
• «Ho avuto i miei primi successi negli anni Settanta, con Profondo rosso, Suspiria, L’uccello dalle piume di cristallo. Il genere in quegli anni era una lunga strada deserta, c’era Carpenter, c’era De Palma. L’orrore era più delicato allora, soddisfaceva un bisogno di fantastico soprattutto del pubblico
maschile. Oggi è tutto più cruento, l’orrore che arriva dall’America è moltissimo, punta alle emozioni forti, agli effetti speciali. Io ho continuato
per la mia strada, e adesso ho scoperto che il mio pubblico è soprattutto femminile. Chissà, forse perché uso in genere protagoniste donne»
• «Freud è il mio feticcio. E ho sempre pensato che i miei film sono delle sgangherate
sedute psicanalatiche a cui sottopongo lo spettatore. O forse me stesso. Non lo
so bene» • «In tutti i miei film ci sono frasi prese da Conan Doyle, che non tutti hanno colto. Uno dei pochi critici che se ne accorgevano era Alberto
Farassino, quando ci incontravamo ai festival, parlavamo per ore degli intrighi
alla Conan Doyle» • «Sento una grande affinità con Stephen King. Ne abbiamo parlato spesso. Anzi, mi ha chiesto per quattro
volte di fare film dai suoi libri. Ci ho pensato, ma so che dovrei tagliarli,
adattarli, e ho troppo rispetto per lui e per la sua letteratura» • «Spesso mi chiedo: “Ma chi è questo Dario Argento che fa i film, di cui tutti parlano. Io non lo conosco”. Gli altri mi conoscono perché parlano con me, vengono a cena con me, fanno l’amore con me. Ma io non ho mai la possibilità d’incontrarmi. Certe volte guardo i miei film e penso: “Bella questa scena, ma che bravo questo qui. Io non sarò mai capace di fare un film così bello”» • «Certe volte con gli attori va malissimo, e io continuo a odiarli per anni e
anni. Tony Musante, quando ho girato il mio primo film L’uccello dalle piume di cristallo. Nei suoi confronti provo tuttora un fortissimo rancore. Alla fine delle
riprese venne a cercarmi per picchiarmi, ma io feci finta di non essere in
casa. Il nostro odio era iniziato dal primo giorno sul set, quando lui voleva
fare una scena in un modo che a me non piaceva e, siccome io continuavo a
restare della mia opinione, lui a un certo punto mi disse con aria sprezzante “sei solo un debuttante, dai retta a chi il cinema lo sa fare davvero”. Gli risposi “manco per il cavolo” e da allora andò sempre peggio»
• è padre di Asia, avuta dall’attrice Daria Nicolodi.


CRITICA «Considerato da molti detrattori solo un abile confezionatore di paure facili,
anche se di sicuro effetto, e ispiratore-padre putativo di tanti registi
splatter, ha comunque saputo innovare sia le formule drammaturgiche del
thriller e dell’horror, sia il linguaggio del cinema» (Gianni Canova).


FRASI «Che cosa temo? I critici. Mi spaventano moltissimo. Ogni volta che ci penso mi
torna in mente una storiella che mi raccontava Sergio Leone, parlava di un
ragazzino che, interrogato sul mestiere del padre, rispondeva sempre “cassamortaio”, insomma becchino. In realtà il padre faceva il critico, ma lui si vergognava a dire la verità».


POLITICA «Non ho mai voluto incontrare i politici. Ho sempre pensato che mi avrebbero in
qualche modo inquinato. Ho perfino rifiutato gli inviti al Quirinale, quando
venivano proiettati i miei film: non sono mai andato. Sono sempre stato “un compagno”, voto a sinistra da sempre, ma ho mantenuto la diffidenza che avevo da ragazzo
nei confronti del Palazzo. Ho avuto una simpatia per Bettino Craxi quando fece
di tutto per salvare la vita al prigioniero Aldo Moro: era possibile, e lui fu
il solo a capire che c’era la strada per una trattativa. L’unico che posso dire di avere frequentato è proprio Silvio Berlusconi, come produttore. Il nostro primo incontro, in via
Rovani, a Milano, è indimenticabile. Mi accolse così: “Argento, mi dica quello che vuole, quello di cui ha bisogno. Noi siamo qui per
imparare da lei”».



VIZI «Non mi piace ostentare la cultura. Anche oggi, non parlo mai forbito, preferisco
un linguaggio popolare. Tendo a mascherarmi. Per questo amo la solitudine. Vivo
solo, viaggio da solo. Se posso vado a letto presto. Ma non dormo subito.
Penso. Invento le scene dei miei film».