Il Catalogo dei viventi 2007, 6 luglio 2011
ANTONELLI
Laura Pola (Croazia) 28 novembre 1941. Attrice. «L’angelo in guepiere che ha fatto sognare una generazione di italiani e che è passata attraverso un calvario di cocaina, arresti, assoluzioni a rilento e
dolore psichico» (Massimo Lugli) • «Veniva “da una infanzia dispersa e infelice”, famiglia di sfollati slavi, profuga a Venezia, poi a Napoli, poi a Camaldoli,
insegnante di ginnastica approdata a Roma nel 1963, primi Caroselli, poi i
fotoromanzi con qualche velo svelato, le primissime commediole osées tipo La rivoluzione sessuale, anno 1965, dove, scandalosamente, faceva il bagno nuda. Corpo perfetto: 55
chili, 1 metro e 66 d’altezza. Poi lei moglie di un marito voyeur (Lando Buzzanca: “Era magica, bastava che si slacciasse un mezzo bottone…”), che la esibisce per tornare ad amarla. Infine il successo. Racconta Sandro
Parenzo, che sceneggiò Malizia con il regista Salvatore Samperi: “L’idea della servetta che eccita tutti i maschi di casa la pescammo un po’ da Brancati. Calze velate, buco della serratura, silenzi d’appartamento, rumore della doccia. Fu un miracolo”. Storaro ci mise la luce dei film di Bertolucci. Fred Bongusto la musica della
penombra. Laura Antonelli, tutto il resto. Fu il più grosso incasso dell’anno 1973, 6 miliardi di lire di allora. Il suo cachet passò da 4 a 100 milioni a film. Scrisse il critico Buttafava: “Assurta a simbolo del sesso italico: piccole porcherie esplosive fissate in un
catalogo da variare all’infinito”. Scrisse il grande Rodolfo Sonego, sceneggiatore: “Lei era di una bellezza estremamente desiderabile e ingannevole. Poteva far
perdere la testa a qualsiasi uomo l’avesse incontrata”. Sbocciò infine - dopo un matrimonio sbagliato con l’antiquario Piacentini e innumerevoli
flirt veri o presunti - la sua storia d’amore, più emozionante e spettacolare, con Jean-Paul Belmondo strappato alla più gelida e perfetta e bikinata delle Bond-girl, Ursula Andress. Rapito dal set de
La trappola e il lupo, in fuga prima a Roma, poi nei Caraibi, isola di Antigua, poi su tutti i
rotocalchi del mondo per le botte e i baci, i tradimenti, i litigi e l’amore ad alta quota, come raccontavano (oltre a Laura) le scandalizzate hostess
del Concorde di linea Parigi-New York. Amore che durò 9 anni, senza matrimonio, senza figli (“la sola idea di averli mi terrorizza”), senza una casa in comune, lei a Roma, terrazza a pochi passi da Montecitorio,
lui appartamento a Saint-Germain-des-Prés, pendolari d’amore. “Quando Jean-Paul è in pubblico - dirà Laura appena quarantenne e appena separata - deve sempre fare a pugni e tenere
in braccio una donna vistosa”. Forse è da qui che inizia il declino di Laura Antonelli, donna (infine) di nessuna o
pochissima malizia, semmai ingenua, fragile come uno specchio dentro al quale,
lentamente, dilegua la giovinezza. E la bellezza, inavvertita, si incrina. L’universo si rompe definitivamente la notte del 27 aprile 1991 quando in camicia
da notte, lo sguardo allucinato, la faccia gonfia di alcol, apre la porta d’entrata della villa al maresciallo Sollazzo e gli dice: “Venga, dentro c’è una festa”, accompagnandolo, indifferente, fino a quel celebre vassoio pieno di coca (con
puntiglio il tribunale annotò: 36 grammi di cocaina, pari a 162 dosi, valore 9 milioni di lire), che le
spalancò il carcere, la condanna in primo grado a 3 anni e 6 mesi, poi il Centro di
igiene mentale di Civitavecchia, poi l’assoluzione in appello (tossicomane e non spacciatrice), anno 2000» (Pino Corrias)
• «Forse non ero tagliata per fare l’attrice. Non ero preparata ad affrontare quella carriera, il successo, la
popolarità, quell’ambiente, con le illusioni e le delusioni. Sono sempre stata una persona
semplice, timida, attaccata ai valori della famiglia. Oggi, per me, esiste Gesù».