Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

ANNUNZIATA

Lucia Sarno (Salerno) 8 agosto 1950. Giornalista. «Finché mi considerano stronza sono viva e vegeta».



VITA Ex direttore del Tg3, ex corrispondente di guerra del Corriere della Sera e di
Repubblica. Nel 2003 viene messa a capo della Rai, dopo la rinuncia di Paolo
Mieli, come presidente di garanzia in un Consiglio d’amministrazione in cui quattro membri sui cinque sono espressione della
maggioranza di Berlusconi. Fino a maggio 2004, quando si dimette, è un susseguirsi di contrasti col direttore generale Flavio Cattaneo e,
attraverso di lui, con Berlusconi. Infine si dimette quando Cattaneo decide
certe nomine senza passare per il CdA (la secca risposta al solito
chiacchiericcio che segue le dimissioni dice tutto sul suo carattere: «Non mi sono candidata, non andrò ai talk show a parlare di Rai né rilascio interviste, non scriverò un libro sulla mia esperienza in Rai, non è vero che andrò a Pechino come corrispondente del Corriere. Che ci vado a fare in Cina?»). Andrà invece a fare l’editorialista alla Stampa, giornale che ancora mancava alla sua collezione, di
cui cura anche la posta con i lettori. Richiamata in Rai a condurre una
trasmissione politica (
In 1/2 ora) costringerà Berlusconi a scappare e strattonerà Prodi con tanta fermezza da meritarsi l’elogio sul Foglio di Giuliano Ferrara, che la definisce “grande giornalista” • Figlia di ferroviere. «Mi vergognavo della mia casa popolare coi panni stesi. “Sei una piccola borghese”, mi diceva papà, sindacalista comunista delle Ffss». Il papà la portava tutte le mattine all’asilo, in treno, affidandola a un collega di Avellino Scalo. Un giorno nevicava
e per non farle bagnare le scarpine Lucia venne provvisoriamente deposta sulla
carta di un quotidiano. E qui si scoprì che la piccola sapeva leggere: aveva imparato da sola. «Uno dei miei ricordi più lontani è stato il 1956. Avevo sei anni, abitavamo in un casello ferroviario in Irpinia,
mio padre ascoltava alla radio la storia, le notizie della repressione
ungherese e fumava nervosamente in cucina. La mia educazione politica è stata vivere tra passioni e tormenti. Come tutti i comunisti, era un uomo
tormentato ma non gli piaceva lo stalinismo, non gli piacque l’invasione di Praga, però viveva in Italia. Quando avevo un anno ed abitavamo in Irpinia, un fulmine ha
colpito la casa e s’è propagato attraverso tutti i locali e una scheggia di fulmine mi ha colpito un
occhio, bruciandolo per sempre. Vivere con un solo occhio ti abitua a un
controllo delle tue risorse. Si è più attenti a quello che si fa»
• Nel 68, era «una militante scatenata». Dopo la laurea in Filosofia, sposò un napoletano di origini olandesi, Wanderlingh, con cui si trasferì in Sardegna, sognando la rivoluzione. Ha raccontato a Giancarlo Perna: «I compagni operai di Portovesme mi addestravano a sparare nei boschetti di
Carbonia». Nel 74, in una riunione dell’extrasinistra, si imbatté in Luigi Manconi, di Lotta continua. «Scoppiò l’amore, finì il matrimonio. Furono anni di gioie, botte, tradimenti»
• Passò al Manifesto come giornalista. «Maestri sono Pintor e la Rossanda. Il quotidiano assembleare, elegante e
moderatamente estremista si rivela una di quelle esperienze che nella vita e
nella carriera si definiscono fondanti. è innamorata della cronaca, vive i suoi vent’anni con frettolosa generosità. In redazione la stimano, la contestano, la valorizzano. Ma lei non si
accontenta mai. è sveglia, decisa, conosce un mare di gente. S’innamora, vive la stagione civile più difficile, ma cerca anche l’altrove, quindi parte, traversa l’oceano, arriva in America: New York. Qui all’inizio fa una specie di vita bohemienne: case incerte, ospitalità improbabili, pochissimi soldi, ma “siamo tutti compagni”. Sono gli anni Settanta, del resto, e qualche ricco inviato della stampa
borghese che ti paga la cena c’è sempre. Ma poi anche l’America le diventa stretta. E allora via in Centroamerica. Sono i brividi della
cronaca, la febbre del reportage. Quando segue la guerra dei Contras in
Nicaragua e poi va a cercare notizie (e guai) nel Salvador è già un piccolo mito di coraggiosa sventatezza, nella comunità giornalistica. Un paio di volte se la vede brutta. I poteri costituiti, gli
eserciti, le polizie di frontiera - sarà una costante della sua carriera - diffidano istintivamente di quella ragazza
con penna e taccuino che sa alzare la voce. Di solito se la cava da sola. Ma in
Salvador dovette venire a salvarla, con un camion, uno dei più famosi fotografi di New York, James Nachtwey» (Filippo Ceccarelli)
• Intanto aveva sposato Daniel Williams del Washington Post, attuale marito. Passò a Repubblica e seguì la guerra del Golfo. Poi tre anni di Corriere della Sera, prima della Rai e di
Ap Biscom, di cui è stata direttore • «Nell’estate del 1995 le avevano affidato un talk-show politico. Prima puntata tutta
al femminile con Suni Agnelli e Giovanna Melandri. Lei se l’era anche cavata egregiamente, ossia con grinta e ritmo, video-qualità tra le più richieste in quel genere di arene. Ai politici chiaramente mendaci e ai
numerosi pesci in barile della Repubblica l’Annunziata quasi mai si rivolgeva con aggressività. Quelli parlavano, parlavano, parlavano, ma lei semplicemente se li guardava
con un certo distacco e quindi gli sparava addosso una frase che divenne un po’ la sua cifra televisiva: “Mi dia una riposta plausibile”. Ad alcuni, recidivi, diceva: “Mi dia una risposta più plausibile”. Ebbe successo. Ma quello stesso successo, probabilmente, la portò la notte dei risultati elettorali a salire sul palco montato a piazza Santi
Apostoli per celebrare la vittoria dell’Ulivo. Che non è una cosa simpatica, per una giornalista. Tanto meno è simpatica se qualche mese dopo questa stessa giornalista viene promossa alla
guida di un tg. E insomma, così fu. Era la primavera-estate del 1996. Si disse che lo sponsor era D’Alema (che pure su quel palco non era stato invitato). Ma per dire le
contorsioni della politica, e ancora di più quelle della Rai, quando nemmeno due anni dopo ebbe termine la direzione di
Annunziata al Tg3, sempre si disse che dipendeva da D’Alema» (Ceccarelli)
• Abita a Roma «in un antichissimo edificio che un tempo sembrava del tutto cadente e oggi è bellissimo, perfino lussuoso» (Ceccarelli). Ha una figlia, Antonia: «Sul piano personale si finisce di sognare quando nasce un figlio. Diventi adulto
e capisci che i sogni del figlio contano più dei tuoi».



FRASI «Sono napoletana nel cuore, ma svizzera nella testa» • «Un giornalista non è uno scrittore, un politico o un intellettuale. Il mestiere di giornalista è un mestiere in cui ci si dedica alla scrittura quotidiana virgolettata dall’impatto tra i fatti e le persone» • «Sono famosa per avere un caratteraccio, ma non è vero. Lavoro moltissimo in modo eccessivo, sono perfezionista, ho delle
fortissime opinioni ma questo non è cattivo carattere» • «Ce l’hanno con me perché sono selvaggia, arrogante, presuntuosa» • Il suo modello è Oriana Fallaci: «è stata il punching ball dei nostri soloni. Però è stata famosissima per le interviste a schiena dritta. Io sogno di essere presa
a botte come lei».



CRITICA «è organica al centrosinistra. è stata una presidente di garanzia della Rai che non ha garantito nulla: ha
consentito che la censura proseguisse e ha persino votato la sospensione di Raiot di Sabina Guzzanti» (Marco Travaglio) • «L’Annunziata è indisponente. E parla quando parlano gli altri» (Enrico Vaime).



POLITICA Dalemiana.


VIZI «Non è un’habituée dei salotti romani, quelle case da provincialotti da strapazzo. Preferisce
altri mondi, molto più interessanti: le residenze degli ambasciatori, dei diplomatici. Lucia vola più in alto di quelli che fanno salotto a Roma» (Claudio Velardi).