Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 06 Mercoledì calendario

UN PAESE DI SANTI

Niente da fare, questo resta un Paese forcaiolo dentro, uno Stato mezzo bizantino che di comprendere l’abc della giustizia occidentale non vuole proprio saperne. Ora è spuntata la bestialità del «sacrificare Alfano o Papa», secondo il principio che arrestare Papa gioverebbe al «partito degli onesti» e non arrestarlo però gioverebbe al suo dna garantista. Solo un Paese malato cronico di politica poteva concepire una bestialità del genere, un Paese che il garantismo lo fa coi sondaggi. Eppure il punto è uno solo: se l’arresto sia necessario per la prosecuzione delle indagini e se risponda, cioè, ai requisiti per cui è stato chiesto. C’è pericolo di fuga o di inquinamento delle prove? Papa è pericoloso socialmente? No? C’è fumus persecutionis da parte dei magistrati? Stop, fine, le domande cui rispondere sono finite, e con esse ogni «nodo politico» di questo Paese bacato. La Camera non deve decidere se Papa sia colpevole o innocente, l’arresto non equivale a colpevolezza, il mancato arresto non è un’assoluzione: quel brav’uomo di Santo Versace, deputato Pdl, ha detto per esempio che «ha letto le carte» e che si è convinto che «le accuse abbiano un fondamento». E allora? Possono benissimo avere un fondamento e però l’arresto può non essere necessario, esattamente come per Bisignani, che infatti non si capisce che cosa ci faccia ancora in galera. O meglio: si capisce benissimo, in Italia.
FILIPPO FACCI