Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 03 Domenica calendario

TUTTE LE ALCHIMIE DI ISAAC NEWTON

Il mito di Newton si forgia, nei quasi tre secoli che ci separano dalla sua morte, attraverso una lunga e ininterrotta serie di interpretazioni, riletture critiche o apologetiche, ipersemplificazioni ideologiche (alla ricostruzione di questi percorsi Patricia Fara ha consacrato il saggio Newton. The making of genius, Macmillan, 2002). Primo scienziato propriamente moderno o «ultimo dei maghi», come lo definì John Maynard Keynes, Giano bifronte volto da una parte verso la nuova fisica e dall’altra verso gli arcani dell’alchimia, eretico antitrinitario o inventore del calcolo infinitesimale, eremita della ricerca che trascorre le notti segregato nel proprio laboratorio o uomo di potere che soprintende con pugno di ferro alla zecca di Londra; qual è il vero Isaac Newton?

Le minuzie biografiche sovrabbondano, gli aneddoti fioriscono: poco più che bambino già costruiva mulini a vento in miniatura e altri ingegnosi congegni, nello scrivere i Principia rimase diciotto mesi senza lavarsi, era misogino, irascibile, sospettoso fino alla paranoia, amava i cani e non rideva mai (tranne una volta, quando gli fu chiesto quale profitto avesse tratto dalla lettura di Euclide).

Dalle dispute virulente con Hooke, Flamsteed, Leibniz agli elogi ditirambici da parte di Fontenelle, Algarotti, Voltaire, dalle accuse dei cartesiani agli entusiasmi degli Illuministi, dai versi di Pope e Blake a quelli di Shelley e Wordsworth, da Eulero a Einstein, dell’opera scientifica e filosofica di Newton sono state offerte immagini molteplici e discordanti, il più delle volte manipolate ad hoc per corroborare una tesi piuttosto che un’altra.

Una materia così magmatica e l’indecifrabile grandezza dello scienziato che forse più di ogni altro ha contribuito a mutare l’immagine del mondo hanno un fascino cui è difficile resistere. Non stupisce che le biografie di Newton siano più di duecento, tra le quali svettano la ricostruzione agiografica ma storicamente accurata del fisico David Brewster a metà Ottocento e la monumentale summa di Richard Westfall, Never at rest (1980, traduzione italiana Newton, Einaudi 1989). Se a ciò si aggiunge la mole colossale degli scritti di Newton (7 volumi di corrispondenza, 8 di scritti matematici, migliaia di pagine ancora inedite disperse nelle biblioteche di mezzo mondo), potrebbe sembrare quanto meno temeraria l’impresa di Niccolò Guicciardini di circoscrivere in poco più di duecento pagine la figura del grande scienziato inglese (Niccolò Guicciardini, Newton, Carocci, Roma, pagg. 236, € 16,00).

Eppure, è un’impresa riuscita: profondo conoscitore dell’argomento, al quale ha già dedicato due importanti saggi in lingua inglese (Reading the Principia, Cambridge University Press, 1999 e Isaac Newton on mathematical certainty and method, The Mit Press, 2009), l’autore delinea un ritratto intellettuale aggiornato alle più recenti acquisizioni della storiografia, mettendo in risalto non soltanto gli elementi di continuità, ma anche le cesure, le ruptures épistemologiques, le contraddizioni interne di un iter di ricerca che ha pochi uguali nella storia del pensiero moderno.

C’è un Newton indubbiamente più conosciuto: quello degli studi di ottica, delle severe ricerche matematiche sul metodo delle serie, sul metodo delle flussioni e sulla quadratura delle curve, l’autore degli impervi Philosophiae naturalis principia mathematica, nei quali sono sviluppati, in un quadro teorico innovativo e unificante, tanto i fondamenti della meccanica dei corpi materiali, quanto una teoria della gravitazione in grado di fornire dimostrazione rigorosa delle tre leggi di Kepler sul moto dei pianeti. E c’è un Newton segreto, o almeno rimasto tale fino a tempi relativamente recenti: quello assiduamente dedito, per vari decenni, a esperimenti di alchimia relativi alla trasmutazione dei metalli, l’eretico le cui simpatie vanno al movimento sociniano, il convinto fautore del mito della prisca sapientia ebraica, l’estensore del sorprendente Trattato sull’Apocalisse (esemplare l’edizione curata da Maurizio Mamiani, Bollati Boringhieri, 1994). Tuttavia, queste due diverse prospettive della quête intelletuale di Newton non debbono essere considerate come disgiunte l’una dall’altra, o addirittura in radicale opposizione al pari delle facce di un Giano bifronte (secondo l’efficace immagine suggerita dal titolo di un libro di Betty Dobbs, che rappresentò, nel 1975, il primo contributo serio e documentato a fare luce sugli interessi alchemici di Newton). Al contrario, queste prospettive sono profondamente – e quasi giocoforza – intrecciate e complementari, come le due eliche del Dna, nella complessa struttura interna di una "filosofia naturale" che include sia la matematica, l’astronomia e l’ottica (discipline, avverte Guicciardini, che all’epoca sono «definite nei loro obiettivi e metodi in modo alquanto diverso da come lo sono oggi»), sia l’esegesi biblica, la teologia, l’alchimia e la cronologia.

A riprova di questa indissolubile commistione si possono individuare, nell’opera complessiva di Newton, alcuni temi di fondo comuni, che l’attraversano e la orientano: un corpuscolarismo risolutamente anti-cartesiano e anti-epicureo, un marcato antimeccanicismo, «un’idea della materia come animata da principi attivi non ponderabili, aperta alla prospettiva che Dio intervenga provvidenzialmente e in modo continuo in Natura», una concezione che individua nella matematica il principio di certezza nella filosofia naturale e, al contempo, è caratterizzata da «una prudente modestia sui limiti della ragione umana nel penetrare le cose ultime».

Intento a interrogare, senza cadere nella tentazione della hybris intellettuale, tanto il libro della Natura, quanto i libri delle Scritture, Newton ha lasciato in eredità ai posteri, certamente, mirabili scoperte e grandiose costruzioni della ragione, ma soprattutto problemi aperti e quesiti in attesa di soluzione. Come ha osservato il cosmologo Hermann Bondi, «la grandezza di uno scienziato non sta solo nelle risposte che offre, ma anche nelle domande che pone».