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 2011  luglio 05 Martedì calendario

Perseguitati dai mutui eterni: bruciati 4 miliardi ogni anno - Il modello «pay over time» è stato messo a dura prova dalla crisi recessiva degli ultimi an­ni

Perseguitati dai mutui eterni: bruciati 4 miliardi ogni anno - Il modello «pay over time» è stato messo a dura prova dalla crisi recessiva degli ultimi an­ni. Le formule di pagamento ul­tradilazionate e ultrafacilitate che hanno spinto le famiglie statunitensi a indebitarsi sen­za essere sicure di poter onora­re i propri impegni (vedere alla voce «mutui») sono state giudi­cate con severità da analisti ed economisti. Noi italiani ci sia­mo difesi meglio perché da de­cenni ormai l’indebitamento è guardato con grande diffiden­za e l’acquisto di una casa o di qualsiasi altro bene è rinviato se le risorse disponibili non lo consentono. Per gli italiani funziona così. E per l’Italia? Non proprio. Vi­sto che nello stato di previsio­ne del ministero dell’Econo­mia ci sono oltre 4 miliardi di mutui e altri prestiti da onora­re annualmente. Non è poco. È in pratica una manovra corret­tiva. Certo, rivedere questo ca­pitolo di spesa al ribasso sarà molto difficile. Anche se per più della metà si tratta di presti­ti che lo Stato ha fatto con se stesso, cioè con la Cassa depo­siti e prestiti (Cdp) che, pur es­sendo stata privatizzata, è an­cora a maggioranza pubblica (70 per cento al Tesoro, 30 per cento alle Fondazioni banca­rie). Ma è il principio di fondo che va rimesso in discussione anche per il futuro: se si deve spendere, meglio farlo utiliz­zando prevalentemente ciò che si ha in cassa piuttosto che far ricadere per anni sulle spal­le dei contribuenti gravami dei quali nessuno vorrebbe ricor­darsi. Come l’Efim, ad esempio. Un buco di 6 miliardi di euro tappato faticosamente dal 1992 in poi con la sua faticosa liquidazione che procede an­cor oggi attraverso Fintecna che gestisce gli ultimi conten­ziosi. La terza holding di Stato dopo Iri ed Eni impiegava nei fulgidi anni ’70 circa 50mila di­pendenti e le sue aziende spa­ziavano dall’avionica, alla co­struzione di autobus, dalla me­talmeccanica fino al vetro, dal­l’alluminio e ai surgelati. Oggi non esiste più ma si continua a pagare 183 milioni di mutui, re­siduati di un passato che fu. E altri 40 milioni ci costa il Banco di Napoli, la banca del regno delle Due Sicilie che fu statalizzata con l’unificazio­ne, utilizzata come veicolo di fi­nanziamento della politica e degli amici della politica meri­dionale per tutta la Prima Re­pubblica. Quasi fallita fu salva­ta con un’abile idea: scorpora­re gli attivi di pessima qualità e tenere il resto. Se la aggiudicò per la cifra irrisoria di 60 miliar­di di vecchie lire la cordata Bnl/ Ina che poi lo cedette al San Pa­olo di Torino (oggi Intesa San Paolo). Ma lo Stato continua a pagare le scelte sbagliate del passato, proprio con quei 41 milioni, finalizzati alla priva­tizzazione di un istituto semi­decotto dopo la belle epoque di Ferdinando Ventriglia. Un’altra eredità del passato è rappresentata dai mutui con­­tratti per finanziare le infra­strutture del Giubileo 2000: una serie di realizzazione per le quali tutti i contribuenti pa­gheranno quest’anno 142 mi­lioni di euro. E bisogna pensa­re che non si tratta solo di mi­glioramenti per Roma e il Vati­cano, ma anche di opere realiz­zate nel resto d’Italia per facili­tare l’afflusso verso gli altri luo­ghi di culto. E che continuano a pesare sul bilancio pubblico. Osservati nel loro comples­so questi mutui contratti con Cdp rappresentano «bruscoli­ni » se paragonati ai 500 milioni che si spendono per i vari finan­ziamenti concessi per il ripia­no del deficit sanitario delle Re­g­ioni ai quali lo Stato contribui­sce. È difficile, perciò, non pen­sare che dietro ogni mutuo si nasconda uno spreco più o me­no mascherato. Da un lato, gli «stipendifici» delle holding di Stato, dall’altro le spese folli dell’intervento nel Mezzogior­no e dall’altro ancora le ineffi­cienze del settore sanitario. È solo la punta di un iceberg: giacché risultano 38 milioni impegnati per i disavanzi del Servizio sanitario nazionale nel 1989 e nel 1991 (con annes­so sbilancio della Croce Rossa nel 1991), mentre altri 5 milio­ni sono destinati al finanzia­mento della spesa sanitaria nel 1987 e nel 1988. Niente da aggiungere: è solo la fotografia di un’Italia che per tanti, trop­pi anni ha vissuto al di sopra dei propri mezzi. Tutte incrostazioni di un pas­sa­to contrassegnato da una ge­stione finanziaria discutibile: 521,5 milioni di mutui per le aree depresse, 42 milioni per ri­pianare il deficit del settore tra­sporti e 15 milioni per i mutui del trasporto pubblico locale e 535 milioni per i finanziamenti accesi per l’Alta Velocità da In­frastrutture spa. Altri 15, 5 mi­lioni sono stati destinati alle co­munità montane per sostene­re il Fondo nazionale per la montagna. Oltre quattro miliardi vanno via così. Come i prestiti da 3,5 milioni per la stabilizzazione dell’Unire, l’ente che si occu­pa di razze equine. Dai cavalli fino ai supertreni agli aerei. Ec­co, l’Italia continua a essere un po’ tutto questo: un Paese do­ve lo Stato fa un po’ di tutto, tranne che i panettoni. Solo perché costretto a privatizzar­li.