Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 03 Domenica calendario

«Occhi rossi e rosario in mano Le giornate di Mora in carcere» - Giovedì 30 giugno, in qua­lità di Europar­lamentare, mi sono recata in visita alla Casa Circondariale di Opera per in­contrare Lele Mora, cui volevo testimoniare affetto e solida­rietà umana

«Occhi rossi e rosario in mano Le giornate di Mora in carcere» - Giovedì 30 giugno, in qua­lità di Europar­lamentare, mi sono recata in visita alla Casa Circondariale di Opera per in­contrare Lele Mora, cui volevo testimoniare affetto e solida­rietà umana. Conosco Lele Mora da più di vent’anni, anche se ho lavora­to con lui solo per un paio d’an­ni, ai tempi di Ok, il prezzo è giusto . Anche se non ci fre­quentiamo, sentivo il deside­rio di andare a trovarlo: fa par­te del mio ambiente ed è stato un personaggio fondamenta­le per il successo e la fortuna di tantissimi artisti. Sento però il bisogno di esternare le mie emozioni e di parlare del Lele che conosco io, non di quello di cui si è letto e si legge sui giornali. Lele è un uomo generoso, lo è stato con moltissimi artisti, sia nei momenti di massimo splendore, sia, come accadu­to recentemente in occasione della scomparsa di Nilla Pizzi, quando le cose per lui iniziava­no ad andare meno bene dal punto di vista lavorativo. Non sapevo come avrei tro­vato Lele e la cosa mi preoccu­pava. Quando sono entrata nella sua cella, l’esiguità dello spa­zio mi ha impressionato. Il cal­do era soffocante e la finestra con le sbarre, seppure aperta, non riusciva a stemperare l’afa. Ho trovato Lele molto prova­to, dimagrito e con gli occhi ar­rossati dal pianto, ma sereno. Lele è un uomo forte, ma l’esperienza del carcere riesce a scalfire qualsiasi corazza. Mi ha fatto piacere trovarlo vestito con pantaloni e cami­cia: sembra banale, ma per il morale è importante non la­sciarsi andare anche nei picco­li gesti quotidiani. Sul piccolo tavolino, tra i tan­ti telegrammi di amici e paren­ti e il blocco di carta con cui rispondere ai messaggi, mi ha fatto piacere notare un picco­lo rosario: credo che in questo momento di grande difficoltà la fede possa dargli un senso di profondo conforto. Il direttore e il comandante degli agenti di Polizia peniten­ziaria mi hanno accompagna­to attraverso le strutture del carcere, permettendomi di in­contrare anche quei detenuti che godono della possibilità di svolgere un’attività lavorati­va durante la reclusione. Mi sono resa conto che, in tutti i detenuti che ho incontra­to, ho sentito trasparire, insie­me alla sofferenza, anche una grande umanità e la paura di essere di­menticati dal mon­do ester­no. Durante la visita ho avuto mo­do di ap­prezzare l’efficien­za, l’orga­nizza­zio­ne e la sen­sibilità la­v­orativa di­mostrata daldiretto­re, dagli agenti e dagli edu­catori; no­nostante l’entusia­smo e la passione con cui svolgono il loro lavo­ro, credo che, se le carceri de­vono esse­re struttu­re di recupero e non solo di pe­na, sia indispensabile da parte di tutti una maggiore cono­scenza del mondo carcerario e un impegno perché vi siano destinate le necessarie risor­se. Io ho avuto la possibilità di entrare in carcere e di sincerar­mi delle sue condizioni, ma credo che quelle devono esse­re strutture di recupero oltre che di pena, che sia necessa­rio un maggior confronto e, so­prattutto una maggiore cono­scenza di cosa sia questo mon­do.