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 2011  luglio 05 Martedì calendario

IL TONNO DI FUKUSHIMA FA SPERARE IL GIAPPONE

DAL NOSTRO INVIATO PECHINO— Una nave scuola ha riportato il sorriso nella prefettura di Fukushima. In una splendida giornata di sole, gli studenti del liceo marittimo Iwakikaisei sono entrati nel porto di Onahama, a soli 50 chilometri dalla centrale atomica, e hanno depositato sulla banchina il loro carico di 200 tonni pescati nel Pacifico durante la tradizionale spedizione di addestramento. «Spero proprio che questi pesci possano riportare un po’ di serenità a tutti» , ha detto un ragazzo intervistato da un reporter della televisione giapponese Nhk, chiamata per l’evento. A quattro mesi dal terremoto-tsunami che ha spazzato il Nord-Est del Giappone, provocando uno dei più gravi incidenti nucleari della storia, anche un carico di tonni può significare ritorno alla vita, alla normalità. A Onahama, solitamente uno dei punti di approdo più trafficati dai pescherecci— linfa vitale dell’arcipelago — dall’ 11 marzo non si era più vista un’imbarcazione entrare o uscire dal porto. Prima di tutto perché le onde alte oltre dieci metri avevano devastato tutto, sollevando le navi come fossero di carta e depositandone diverse sui moli. Poi, una volta riportato un po’ di ordine, le autorità portuali avevano dovuto fare i conti con la gravità dell’inquinamento radioattivo del mare prospiciente la centrale di Dai-ichi, poco più a nord, e il conseguente blocco della pesca. Persino gli studenti che qui imparano a andare per mare, a caccia di tonni, prima sui banchi di scuola e poi a bordo di un vero peschereccio, erano stati costretti a rimandare di tre settimane la missione nel Pacifico. Missione che si è finalmente conclusa nel migliore dei modi, dopo 43 giorni a migliaia di chilometri da casa: studenti tutti promossi, nelle loro uniformi candide, e un carico di tonni conservato nelle stive dopo il tour arrivato a toccare le lontane isole Hawaii, al riparo dagli effetti della centrale danneggiata. La normalità ritrovata, dunque, dopo l’immane disastro che ha provocato oltre ventimila tra morti e dispersi? Certo, quei ragazzi sorridenti che osservano la gru sollevare i tonni per poi calarli sul molo ormai ripulito dalle macerie possono far pensare che il peggio sia alle spalle. In realtà, il Giappone non ha ancora chiuso i conti con quanto successo a Dai-ichi. La centrale nucleare è tuttora un problema da risolvere. Proprio a Onahama è in costruzione una struttura in acciaio e materiali isolanti che verrà calata appena possibile, come un sarcofago, sul calderone del reattore numero 1: per contenere le radiazioni che ancora tracimano dalla struttura, inquinando l’ambiente e l’oceano. Tuttavia, nonostante le difficoltà, le autorità cominciano a mostrare un po’ di ottimismo. La Tepco, la società proprietaria dell’impianto, continua nella sua opera di bonifica, con iniezioni programmate di azoto, un gas inerte, che dovrebbero prevenire possibili nuove esplosioni, consentendo di continuare nella difficile opera di stabilizzazione. Il nuovo responsabile della task force ministeriale che si occupa del disastro nucleare, Goshi Hosono, ha detto: «Una volta che il governo sarà in grado di verificare che le misure per la prevenzione delle esplosioni sono in atto, prenderà in considerazione la sospensione dell’ordinanza di evacuazione per alcune aree tra i 20 e i 30 chilometri dall’impianto» . Il primo ministro Naoto Kan, sempre più criticato in patria, resiste alle richieste di dimissioni che arrivano soprattutto dai suoi stessi compagni di partito e, nonostante le aspettative, sembra aver accantonato per il momento l’annuncio di una possibile uscita del Sol Levante dal nucleare. Lo fa un suo possibile successore. Seiji Maehara, uno dei principali leader del Dpj, il Partito democratico al governo, ha dichiarato al Financial Times che la costruzione di nuovi reattori nucleari «dovrebbe semplicemente essere fermata» . Maehara sostiene che il Giappone farebbe meglio a uscire completamente dal nucleare. La lezione di Fukushima è ancora un quaderno bianco. In Giappone c’è addirittura chi comincia a pensare che, in vista di future calamità, è venuto il momento di preparare una possibile alternativa «logistica» alla capitale, Tokyo, spostando a Osaka alcune funzioni del centro politico nazionale. Fantasie? Nel porto di Onahama i sopravvissuti allo tsunami si accontentano di ritornare a solcare il mare, a raggiungere l’orizzonte e riportare un carico di tonni a casa.