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 2011  luglio 04 Lunedì calendario

Com’è perfetta la Laguna in fermo immagine - Katharine Hepburn con guanti di tulle al centro di Piazza San Marco in «Tempo d’estate», Alberto Sordi e Anna Longhi che visitano il Padiglione Arte nei Giardini della Biennale, felicemente ignari del senso delle opere esposte, in «Dove vai in vacanza?», Dirk Bogarde che si accascia sofferente tra i candidi capanni della spiaggia dell’Excelsior al Lido, Capucine che gioca con un colombo di piazza San Marco nell’intrigo di «Masquerade», Stefania Sandrelli che passeggia sulle rive della Giudeccca nella «Chiave»

Com’è perfetta la Laguna in fermo immagine - Katharine Hepburn con guanti di tulle al centro di Piazza San Marco in «Tempo d’estate», Alberto Sordi e Anna Longhi che visitano il Padiglione Arte nei Giardini della Biennale, felicemente ignari del senso delle opere esposte, in «Dove vai in vacanza?», Dirk Bogarde che si accascia sofferente tra i candidi capanni della spiaggia dell’Excelsior al Lido, Capucine che gioca con un colombo di piazza San Marco nell’intrigo di «Masquerade», Stefania Sandrelli che passeggia sulle rive della Giudeccca nella «Chiave». Sopraffatti dalla bellezza e intimiditi dalla magia, registi, attori e tecnici che hanno girato a Venezia non riescono a dimenticarne gli scorci irripetibili, i bagliori inattesi, gli angoli misteriosi: «Venezia splende come una bella donna - ha detto Marcello Gatti, direttore della fotografia di «Anonimo veneziano» -. Non ha bisogno di essere illuminata perché lei stessa emana luce...Ho trattato quella stupenda città come un amore, mi ricorda la parte più romantica che è in ognuno di noi. Ogni volta che volgi lo sguardo è come vedere tante donne, t’innamori continuamente». A Venezia la realtà è capovolta, merito e colpa di una situazione geografica irripetibile e insensata. Lingue di terraferma assediate dall’acqua, palazzi che stanno in piedi per scommessa, persone costrette a camminare sospese, in equilibrio su passerelle che congiungono esigue zone praticabili. Per questo il cinema, che in genere arriva nei luoghi e li stravolge, cambiandone le prospettive, giocando con gli inganni delle inquadrature, qui deve fare un passo indietro, provare a confrontarsi con un incantesimo che non si scioglie. Proprio perché così unica e speciale, Venezia è il set dei sogni, ma è anche l’esatto contrario, una città ingombrante, difficile da filmare, un personaggio sempre pronto a oscurare tutti gli altri. Lo sanno bene i grandi maestri che hanno accettato la sfida, dai fratelli Lumiere a Orson Welles, da Woody Allen a Michelangelo Antonioni, da Steven Spielberg a Luchino Visconti. E anche quelli, come Federico Fellini, che, in qualche modo, hanno gettato la spugna, preferendo alla bellezza vera e spontanea, quella imitata, ricostruita in studio. Il «Casanova» con Donald Sutherland fu girato a Cinecittà, in «un’officina grandiosa», raccontava Piero Chiara nel volume di Ludovica Damiani «Set in Venice» (Electa). Un’officina in cui «Fellini si aggira come un mago, alzando ogni tanto un dito per far nascere lagune in tempesta, palazzi, carceri, regge, conventi, alcove...». Non è neanche facile, a Venezia, ripercorrere i luoghi dei film, ogni angolo è già carico di emozioni, ogni vicolo è il fotogramma di uno stato d’animo. Johnny Depp che finisce in laguna sotto il Ponte dei sospiri in «The Tourist» è la ciliegina sulla torta di uno spettacolo grandioso, ma già notissimo. Christopher Walken, con la sua maschera ambigua in «Cortesie per gli ospiti», è un qualunque viaggiatore solitario in cerca di amicizie tra le calli: «E così eravate perduti? - chiede nel film, rivolto alla coppia formata da Rupert Everett e Natasha Richardson -. Succede di perdersi in questi vicoli, soprattutto di notte. Non siete i primi e non sarete gli ultimi...». Nino Manfredi, marito insofferente in «Nudo di donna», esprime, parlando con la consorte Eleonora Giorgi, una sensazione comune a tanti visitatori, quella sottile ansia di muoversi sull’acqua: «...Io non ce la faccio più a vivere in questa città a bagnomaria....da quando siamo a Venezia non facciamo che litigare, e la chiamano la Serenissima, ma dove sta la serenità?». Jude Law, il miliardario cinico e scapestrato che scatena gli istinti più violenti di Matt Damon nel «Talento di Mr.Ripley», intuisce l’ombra della fine parafrasando un luogo comune: «Andare a Venezia? Certo, Tony Musante adoro Venezia, vedi Venezia e poi muori, si dice così? O è Roma? E’ Roma forse...C’è una cosa che fai e poi muori, comunque Venezia è nella lista». Saverio Costanzo, con «In memoria in me», ha immerso i suoi interrogativi su Dio e fede nelle acque limacciose della Laguna: «Volevo che il film crescesse secondo la location, per vedere dove poteva condurmi. E’ stato girato interamente a Venezia, nel monastero, sull’Isola di San Giorgio Maggiore». Tutti, a Venezia, scoprono un pezzo di se stessi che prima non conoscevano, qualcosa di bello, di brutto, di allegro, di triste. Comunque qualcosa di nuovo. Come Licia Maglietta che in «Pane e tulipani» riscopre il suo essere donna, o come Tony Musante, il musicista malato di «Anonimo veneziano», che spiega: «Non potrei aspettare di morire in un’altra città. E non perché sia nato e vissuto qui, oppure perché sia la più bella città del mondo, no. Ma perché è in agonia...e mi da’ questo senso di morire insieme».