GIANNI CLERICI , la Repubblica 4/7/2011, 4 luglio 2011
WIMBLEDON È SUO SUPER DJOKOVIC È DAVVERO IL N. 1
Quella macchina spesso ottusa del computer non ha, per una volta, avuto torto. Il fresco Numero Uno, Novak Djokovic, ha confermato la classifica conquistata l´altro ieri, accedendo alla finale dopo aver, quest´anno, smarrito un solo match, contro un Federer resuscitato, ahilui solo per un giorno.
Nella mia ingenuità di esordiente a Wimbledon – 55 anni di reportage - avevo creduto che la ripresa di Nadal, quest´anno battuto quattro volte dal serbo, potesse metterne in pericolo la quasi imbattibilità. Aveva, Nadal, disputato due match ammirevoli contro il risanato Del Potro, e il beniamino locale Andy Murray mostrando, in entrambi i casi, una continuità in crescendo. Pensare si arrestasse oggi, com´è accaduto, non era spiegabile se non con una lettura psicologica del suo rapporto diretto con Djokovic. Un rapporto in cui le quattro sconfitte avevano evidentemente lasciato un complesso d´inferiorità ben superiore al desiderio di riscatto.
Simile constatazione mi pare di qualche rilievo in un gioco in cui, secondo Freud che ci si è provato, e ne ha scritto, l´immaginazione di una partita non conta meno della sua realtà. E´ parso subito, sin dall´inizio, che il clan di Djokovic, l´allenatore ceco Vajda in testa, avessero chiara l´impostazione tattica. Sappiamo ormai tutti che Nadal è quasi ingiocabile quando, dal proprio angolo destro, o dal centro, può sferrare il terribile gancio diritto. Bisognava quindi, per prima cosa, evitare questo schema, e creare invece pressione sul suo rovescio, alternando rimbalzi di diversa parabola, che Djokovic è felicemente in grado di produrre. Assieme a ciò, e sembra facile da dire, era necessario tenere lunghezza di palla tale da far sì che gli schemi dello spagnolo divenissero il meno possibile aggressivi, e addirittura, sulla diagonale del rovescio, si accorciassero, aprendo al contempo il campo agli attacchi di Nole, il soprannome dell´eroe di Belgrado.
Tutto ciò che era in mente serba non ha faticato a verificarsi sin dall´inizio, e l´attuazione si è addirittura accentuata per il rendimento insolitamente altalenante di Rafa, incapace, soprattutto, di mantenere i propri rimbalzi oltre la riga di metà campo. Ma, poiché anche un ottimo Djokovic non è esente da qualche passaggio a vuoto, come mi confermava anche un grande del passato, Bjorn Borg, oggi in tribuna reale assieme ad altri vincitori, la partita, che pareva un felice allenamento agonistico di Djokovic, si è ad un tratto impennata e ha creato, pur nella sua improvvisa mediocrità, più di un´incertezza.
Avevo ammirato, all´inizio, lo stesso Djokovic visto a Roma e Parigi sulla terra, capace di dirigere di continuo le danze, anche per i tiri quasi sempre corti e parabolici del Nadal di oggi. Forse appagato dal non facilissimo successo della fine del primo set, e da quella sorta di allenamento in cui si era trasformato il secondo, Nole avrebbe, d´un tratto, smarrito la direzione della vicenda, e riammesso Rafa in partita.
Quel terzo set, iniziato dopo un´ora e un quarto di match ad una sola direzione, quel terzo set che pareva ad alcuni offrire una nuova speranza allo spagnolo era dovuto, soprattutto, ad un autentico passaggio a vuoto di Djokovic che, sicuramente sollevato dal vantaggio, smarriva, insieme, direzione tattica e regolarità. Lo 1 a 6, seguito immediatamente al 6 a 1, pareva eccessivamente illogico a chi non sa entrare nei pensieri dei tennisti. Nole, con i suoi due set di vantaggio, e soprattutto grazie al modo con cui li aveva realizzati, si sentiva ormai sicuro, e rifiatava, prendendosi una sorta di vacanza.
Sentendosi a sua volta ormai sconfitto – e l´avrebbe confermato nella conferenza stampa – Rafa aveva rischiato il rischiabile, trovando, per una mezz´ora, sguarnite le difese dell´avversario. Dopo simile intermezzo il match avrebbe ripreso il suo andamento ormai prevedibile, ormai configurato dal destino. Un break a Nadal nel quarto game del quarto set sembrava l´anticipo della fine. Ma un break back riapparigliava il punteggio, se non gli schemi, sino ad un altro strappo, questa volta decisivo, che conduceva il serbo al 5 a 3, e subito alle manifestazioni di gioia, ai baci alla Coppa Dorata, addirittura ad una manifestazione insolita per Wimbledon, impersonata da tifosi serbi di educazione – si fa per dire - calcistica.
Sembra ormai evidente che la stagione 2011 debba chiudersi nel segno di Djokovic, anche perché pare improbabile che un Nadal tanto rassegnato riesca a trovare, come lui stesso ha affermato, una chiave tattica per ribaltare il confronto. Né pare che né un Federer ormai incapace di continuità, né un Murray ammirevole ma non imbattibile, possano minacciare Djokovic. L´avversario più pericoloso potrebbe essere forse un Del Potro risanato e al meglio sul cemento americano, dove si sposterà ora il circuito; oppure la Fatica.
Una Fatica che Nole potrebbe alfine risentire, dopo la sua straordinaria cavalcata. Per solito chi vince Giro e Tour ha diritto a un meritatissimo riposo. Qui si tratta di continuare. Sino a quando sarà umanamente possibile?