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 2011  luglio 03 Domenica calendario

Agenzie di rating, vizi privati e danni pubblici - Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, ha convocato in due distinti appuntamenti perla prossima settimana due delle tre maggiori agenzie di rating: Standard&Poor’s e Moody’s

Agenzie di rating, vizi privati e danni pubblici - Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, ha convocato in due distinti appuntamenti perla prossima settimana due delle tre maggiori agenzie di rating: Standard&Poor’s e Moody’s. Entrambe negli ultimi mesi avevano espresso giudizi particolarmente critici sull’Italia. Dapprima S&P aveva annunciato di aver abbassato l’outlook dei titoli pubblici italiani da stabile a negativo, lasciando presagire un possibile taglio a medio termine del nostro rating. Lo stesso ha fatto Moody’s dopo pochi giorni, minacciando un imminente declassamento dei nostri titoli di Stato. Sin qui gli antefatti. Ma una prima conseguenza di queste decisioni è stata la successiva minaccia di declassamento da parte di Moody’s anche dei rating delle banche italiane. Un’iniziativa che il 23 giugno scorso ha provocato il crollo, sia pure solo temporaneo, dei titoli in Borsa delle stesse banche. Mentre S&P, appena pochi minuti dopo il varo della manovra finanziaria 2011-2014 da parte del Governo italiano, ha subito annunciato che essa non avrebbe probabilmente evitato il taglio del nostro rating. Quest’ultimo annuncio, va sottolineato, è stato fatto senza nemmeno attendere la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del testo della manovra e a mercati aperti. Da qui l’irritazione della Consob. Questi eventi riportano all’attenzione generale il ruolo delle agenzie di rating, che resta singolare per molti aspetti. Innanzitutto, sono tre e tutte di estrazione americana le agenzie più autorevoli al mondo: S&P, Moody’s e Fitch. I loro giudizi su titoli di Stato, azioni e obbligazioni di banche e imprese influenzano pesantemente i mercati. Secondo uno studio di tre economisti pubblicato nello scorso marzo nella collana dei working papers del Fondo monetario internazionale, i pareri espressi dalle tre agenzie su diversi Paesi hanno notevolmente amplificato e peggiorato gli sviluppi della crisi dei debiti sovrani europei, con un effetto a cascata. Pur essendo società private, i giudizi delle agenzie di rating hanno valenza pubblica e pertanto in molti hanno auspicato un depotenziamento del carattere dei loro annunci, ma una nuova regolamentazione tarda ad arrivare. C’è chi ha sottolineato il cambio di passo delle valutazioni delle agenzie di rating, particolarmente tenere con le grandi banche d’affari e del settore immobiliare americano prima dello scoppio della grande crisi finanziaria mondiale (quando i rating di tanti «bidoni» del settore erano altissimi), mentre oggi esse sono diventate improvvisamente severissime nel valutare i Paesi europei. Per carità, non è che la Grecia e l’Irlanda siano meglio della Lehman Brothers: ma il fatto è che le agenzie di rating non avevano affatto previsto il possibile crack di quest’ultima mentre sulla Grecia e l’Irlanda (ma anche su Portogallo, Spagna, Belgio e, da un po’ di tempo a questa parte, persino Italia) esse sparano a zero un giorno sì e un giorno no. In una recente intervista al Sole 24 Ore, il presidente di S&P, Deven Sharma, ha così risposto al giornalista italiano che gli faceva notare come S&P fosse molto dura con i Paesi europei, ma decisamente più tenera con gli Stati Uniti, avendo solo indicato prospettive negative nel rating Usa, ma continuando a mantenere per esso la tripla A, nonostante il super-debito e il super-deficit americano: «Gli Stati Uniti hanno un’economia flessibile e reattiva. Per di più sono avvantaggiati dal fatto che il dollaro è valuta di riserva mondiale. Il rating massimo, di tripla A, è adeguato. Il problema è solo prospettico, per questo abbiamo messo un outlook negativo al loro rating». Sarà, ma nel 2016 il debito pubblico statunitense, secondo il Fmi, toccherà il 112% del Pil mentre quello italiano scenderà al 118%, vale a dire che i due debiti saranno quasi uguali, con la differenza però che le famiglie italiane hanno solo 1/3 dei debiti delle famiglie americane. E vero, poi, che l’eco- nomia Usa è così reattiva? In realtà, dopo lo scoppio della bolla lo è stata esclusivamente grazie a imponenti incentivi pubblici e alla generosa stampa di dollari da parte della Fed. Insomma: l’impressione è che le agenzie di rating guardino un po’ troppo alla pagliuzza nell’occhio dell’Europa e molto poco alla trave che c’è nell’occhio dell’America. Non è un caso che, così come esiste già un’agenzia di rating cinese, è stato espresso l’auspicio che ne possa esistere anche una europea. Non certo per allentare l’attenzione sugli squilibri dei Paesi più fragili del vecchio continente ma per riequilibrare lo strapotere delle agenzie di rating americane, che hanno tutto l’interesse a squalificare i titoli europei. E un dato di fatto che gli Stati Uniti hanno ormai un debito pubblico enorme e un deficit statale che nel 2011 sarà due volte e mezza più grande di quello italiano. Con i cinesi che sempre più fuggono dall’America e dal dollaro ed investono nei debiti pubblici dei Paesi europei, una domanda è d’obbligo: non è, per caso, che il più grande conflitto d’interesse delle agenzie di rating americane sia quello con il loro Paese di appartenenza e con il sistema finanziario che vi ruota attorno? Sapendo che Capital World Investors, una delle più grandi società di gestione del risparmio Usa, è il primo azionista di McGraw Hill (il gruppo che controlla l’agenzia di rating Standard & Poor’s) e nello stesso tempo è anche il primo socio della concorrente Moody’s, la domanda non ci sembra affatto peregrina.