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 2011  luglio 02 Sabato calendario

Ecco perché è inutile anticipare al 2012 la maxi manovra - Silvio Berlusconi, che si di­ceva fosse finito, ha rilanciato con forza la riforma finanzia­ria e fiscale, varando, secondo il suo metodo e i suoi principi, le nuove norme per il pareggio del bilancio nel 2014 e lo sche­ma di legge delega per la rifor­ma tributaria

Ecco perché è inutile anticipare al 2012 la maxi manovra - Silvio Berlusconi, che si di­ceva fosse finito, ha rilanciato con forza la riforma finanzia­ria e fiscale, varando, secondo il suo metodo e i suoi principi, le nuove norme per il pareggio del bilancio nel 2014 e lo sche­ma di legge delega per la rifor­ma tributaria. Non tutti i risul­tati sono convincenti. Una par­te dell’opera, specialmente per la legge delega, è ancora da definire,ma si è rotto l’incante­simo tremontiano del prende­re o lasciare e dell’occhieggia­re trasversale verso il terzo po­lo e i tic della sinistra. Ci sono ancora rimasugli di questa na­tura e Berlusconi si dovrà dare molto da fare per evitare che essi si riproducano e crescano come ninfee nello stagno. Per far capire che non mi sto occupando di metafisica, fac­cio l’ esempio dell’aumento dell’imposta sulle rendite fi­nanziarie dal 12,5 attuale al 20% con esclusione dei titoli pubblici, che viene ventilato, con l’argomento che si tratta di una perequazione nella tas­sazione dei redditi. Esso è, ne­gli effetti economici, una tassa­zione patrimoniale. Infatti l’aumento del 7,5%della tassa­zione dei proventi dei titoli già esistenti e non solo di quelli nuovi riduce il valore capitale di quei titoli sul mercato del ri­sparmio privato, tendenzial­mente di una analoga percen­tuale. Dunque se si vuole adot­tare questo aumento lo si fac­cia solo nel quadro della legge delega di riforma tributaria, giustificandolo come mezzo per raccogliere un gettito, per cofinanziare la riduzione gene­rale dell’imposta sul reddito, nel quadro di una semplifica­zione delle aliquote e del rilan­cio dell’economia. La manovra correttiva per portare al pareggio nel 2014 è stata divisa in quattro tranche: 1,8 miliardi quest’anno; altri 5,5 nel 2015; 17-20 nel 2013 e 20 nel 2014, secondo la linea che ho sostenuto su queste co­lonne. La manovra attuata si­no al 2010, comportava per il 2010 un deficit del 5%, per il 2011 del 3,9% e per il 2012 del 2 ,7 %. Ma nel 2010 esso è sceso al 4,6%. E nel 2011, per effetto del trascinamento di tale mi­glioramento, il trend del defi­cit è del 3,5%. Un altro migliora­mento di 0,3 deriva dal buon andamento delle entrate. E l’intervento correttivo di 1,8 miliardi comporta un minor deficit di 0,12. Perciò la manovra correttiva di 5,5 miliardi pari a 0,34% del Pil ora decisa non solo basta per arrivare al deficit del 2,7 del Pil per il 2012; è possibile che si scenda al 2,5. L’ipotesi che per portare il deficit allo 1,5 nel 2013 occorra una mano­vra di 20 miliardi, pari a 1,25 punti di Pil appare pessimisti­ca. E il non stabilirla ora in mo­do dettagliato non è affatto un metodo per scaricare sul futu­ro furbescamente l’onere del processi di aggiustamento, co­me si legge in vari articoli, an­che di ( pseudo) esperti econo­mici. Potrebbe bastare una correzione parecchio minore. E stabilire adesso per allora una deflazione di quella di­mensione implicherebbe di danneggiare la crescita del Pil deprimendo la domanda glo­bale con tale annuncio. Inoltre il tasso di inflazione nel 2012 sarà almeno il 2,2 del Pil. Perciò il nostro debito, pari al 118% del Pil nel 2012 si svalu­terà del 118 X 2,2= 2,6%. E quin­di il deficit nominale del 2,7% sarà in termini reali il 2,7-2,6=0,1. Insomma il pareg­gio ci sarà già nel 2012, in termi­ni reali. Quelli che vorrebbero una stangata di 45 miliardi su­bito, nella ingenua (o folle) supposizione che ciò sarebbe salutare per la nostra econo­mia, non hanno capito l’entità del processo d’aggiustamento reale in atto. Quanto alla riforma con tre aliquote, Berlusconi ha disin­nescato la mina dell’aumento generale dell’Iva dell’1% dal 20 al 21% per finanziarla. Ci so­no altri mezzi per farlo. L’ali­quota massima prevista dalla legge delega è il 40% e non il 33% enunciato in passato. Un tradimento? No, se si introdu­ce il quoziente familiare, che comporta dividere l’imponibi­le per il numero dei membri della famiglia, riducendo la progressività con questa impo­stazione, più convincente sul piano dei principi. Berlusconi però deve fare attenzione a un grosso neo che c’è nell’annun­cio dello schema di legge dele­ga: si prevedono detrazioni in funzione dei figli e dei giovani, non c’è la «famiglia», forse per l’influenza di economisti e po­l­itici di sinistra che hanno lavo­rato al progetto. Essa va posta al centro perché la riforma sia veramente berlusconiana.