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 2011  luglio 02 Sabato calendario

Angelino, l’ex dc amico di tutti che sogna di correre a New York - Com’è noto Angelino Al­fano è uomo di garbo che pia­ce a tutti

Angelino, l’ex dc amico di tutti che sogna di correre a New York - Com’è noto Angelino Al­fano è uomo di garbo che pia­ce a tutti. Su ciò ha fatto leva il Cav per chiedere ieri al Consi­glio nazionale di acclamarlo segretario del Pdl senza pas­sare ai voti. «Da quando l’ho designato, nessuno ha pro­nunciato una parola contro di lui e perciò- ha detto il Ber­lusca - ne propongo l’elezio­ne con un applauso». Il batti­mano è scoppiato e Angelino si è ritrovato a capo del Pdl. Il Cav dovrà fare un passo indie­tro. Arretrerà volentieri. Ol­tre a quello del governo co­mincia a sentire il peso degli anni. A questo si è riferito quando, nel passare il testi­mone ad Alfano, ha detto: «Angelino devi ora essere tu a impegnare le tue giovani for­ze al servizio di tutti noi». Mancava solo che aggiunges­se: «Io ho già dato», per dare il senso del tramonto di un’era. Come accennavo, Angeli­no ha innumerevoli estimato­ri, molti amici, tanti cono­scenti, nessun nemico. Sorri­de sempre, ha una parola cor­diale per tutti. Piace alle don­ne, non però perché sia un fi­lone ma, all’opposto, perché è un marito fedele. Piace agli uomini perché è uno che sta al suo posto e non un mandril­lo che insidia le mogli. Piace ai giornalisti perché è attento ai rapporti con la stampa. Non manca mai di inviare un sms di congratulazioni all’au­tore di un articolo che lo ri­guarda. In realtà, io che su di lui ne ho scritti diversi non ho mai ricevuto un sms. È segno che li ha trovati repellenti ma anche la prova che è troppo liberale per alzare la cornetta e mandarti all’inferno. Prima di parlare, infatti, Angelino ci pensa tre volte. Essendo sici­lianamente rapido di cervel­lo, i tentennamenti non si no­tano, ma state certi che ci va con i piedi di piombo. Specie di fronte ai taccuini dei croni­sti soppesa le parole col suo bilancino elettronico inter­no. Incidenti alla Scajola (det­te del rompiballe a Marco Bia­gi appena assassinato dalle Br) a lui non capiteranno. Si può aggiungere che ha un fisi­co dinoccolato e movenze da giovin signore pariniano. Il suo solo gesto di pubblica stiz­za fu il lancio in Aula della scheda di votazione per pro­testa contro un’improvvida decisione del presidente Fi­ni. Tra le sue virtù, quella di condurre vita irreprensibile nonostante abiti nella Roma tentacolare alla quale, tra dro­ghe e orge, tanti suoi colleghi soccombono. Da una decina d’anni, il quarantenne Ange­lino è sposato. Sua moglie, Ti­ziana Miceli, è un avvocato ci­vil­ista che non appare su roto­calchi o tv. Hanno due ma­schi di nove e cinque anni. Angelino fa footing nella ro­mana Villa Pamphili e, segui­to dalla scorta in braghe e scarpe da tennis, percorre non meno di sette chilome­tri. Per mesi il suo obiettivo è stato perdere sette chili acqui­stati da Guardasigilli, come effetto collaterale delle quoti­diane ingestioni degli In­groia, Palamara & soci. Per raggiungere lo scopo, il mini­stro ha corso anche sul tapis roulant in casa e in palestra. Aveva perfino progettato di partecipare alla maratona di New York, convinto dal colle­ga di partito Maurizio Lupi che ne è un veterano. In pre­parazione dell’impresa si è iscritto al Montecitorio Run­ning Club, di cui il medesimo Lupi è la quintessenza, e in­dossando la tuta delle Fiam­me azzurre ha passato un test attitudinario. Oggi ha rag­giunto un accettabile dima­grimento e pesa 74 chili su un 1,85 di altezza. Conta però di scendere a 71 chili che consi­dera il suo peso forma. Non ha invece finora esaudito il so­gno di partecipare alla mara­tona newyorkese, sia per mo­tivi di tempo, sia per un pro­blema al metatarso di en­trambi i piedi in via di supera­mento. Per completare il peri­plo dei talenti sportivi del neo segretario pidiellino, va ricordato che quindicenne ha partecipato alle finali di salto in alto nei Giochi della gioventù, con un balzo di 1,50 e che da liceale ha gioca­to a basket. Oggi si limita a tifa­re il Palermo, ma con più so­brietà del presidente del Se­nato, Renato Schifani, che ha per la squadra un trasporto li­bidinoso e a sedere davanti al­la tv per le gare di atletica e le partite di tennis. Gli avi Alfano sono origina­ri di Sant’Angelo Muxaro. La notizia è irrilevante ma ho tro­vato irresistibile quella «x». Ciò che conta, è che a un cer­to punto la stirpe si è trasferi­ta nella vicina Agrigento, do­ve tanto il padre Angelo che il figlio Angelino (non è dimi­nutivo ma nome vero, per di­stinguerlo dal genitore) si so­no illustrati. Angelo senior, gran democristianone, è sta­to vicesindaco nella città dei Templi. Il figlio, ancora impu­be, è emerso come secchione e leader. Per tutta la carriera scolastica è stato capoclasse. A 18 anni, mollò il basket, per andare convittore a Milano e frequentare Legge alla Catto­lica. Tornato con laurea a pie­ni voti, diventò il più giovane consigliere comunale d’Ita­lia in quota Dc. Angelino si considera tuttora «un figlio del ’92», ossia marchiato dal­le stragi di Falcone e Borselli­no. «Ai siciliani della mia età la mafia fa schifo», ha ripetu­to più volte. Crollata la Dc sotto le ran­dellate di Tangentopoli, Alfa­no passò a Forza Italia senza fare una piega. Ha racconta­to come: «Nel ’94 mi sono uni­­lateralmente innamorato di Silvio Berlusconi. Innamora­mento da tubo catodico. Ho aderito a lui e a Fi attraverso la tv. Nessuno in carne e ossa mi ha convinto». Il Cav ha lar­gamente ricambiato questa passione germinata nell’ete­re favorendo la carriera del giovanotto e con elogi conti­nui. Si va da «Angelino mi pia­ce perché è un ottimista », a «è sempre pieno di energia posi­tiva », fino alla bausciata: «Non sembra siciliano. Quan­do parla si capisce quel che dice». Sotto il vessillo forzista, Al­fano diventò a 26 anni - nel 1996 - il più giovane parla­mentare mai entrato all’As­semblea regionale siciliana. Tanto imberbe che il primo giorno fu scambiato per il fi­glio di un parlamentare che voleva entrare in Aula di stra­foro. Dovette convincere i commessi documenti alla mano. Cinque anni dopo, quando già lo si dava per vice­­presidente della Regione, An­gelino mise la barra su Roma. A 31 anni, nel 2001, entrò a Montecitorio, voltando defi­nitivamente le spalle alla Sici­lia e alle insidie della politica che si intreccia con la mafia. Un giorno del 2002 gli arrivò però un pacchetto per posta. Era il filmetto di una festa di nozze cui Alfano aveva parte­cipato nel 1996. Un fotogram­ma lo mostra mentre bacia il padre della sposa, un capo­mafia di Palma di Montechia­ro. Un tipico avvertimento si­culo. Angelino chiarì subito: «Ero stato invitato dallo spo­so. Non conoscevo né la spo­sa, né suo padre». Fu creduto da tutti, amici e avversari e, quel che più conta, dalla su­per malfidata magistratura si­ciliana. Quando ha preso in mano la Giustizia, il Guardasigilli Alfano ha ricambiato le to­ghe. Ha fatto molta «ammui­na » e poche riforme. Ha com­pi­aciuto i magistrati che vole­vano lo statu quo e deluso il Pdl che sognava la rivoluzio­ne. Ora che ne prende le redi­ni ha l’obbligo di riscattarsi.