Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  luglio 02 Sabato calendario

CARA, PERCHÉ OGGI NON CUCINI NUDA?

Diecimila ottocento volte. È il numero delle volte in cui, in quindici anni di matrimonio, lui, il Marito, ha lasciato la tavoletta del water alzata. Costringendo lei, la Moglie, a posare le chiappe sulla gelida ceramica. E spingendola per l’esasperazione a comprare, purtroppo senza esito, una tavoletta parlante che grida “Abbassami, abbassami”.
È uno degli episodi che Marica Facci (pseudonimo di una donna allo stremo) racconta nel libro Le cazzate che dice mio marito (Aliberti Editore, pp. 141, euro 12). Una sorta di fenomenologia delle miserie della vita coniugale dal punto di vista di lei, che osserva attonita come le azioni quotidiane del marito rendano il matrimonio una specie di tragicommedia che si ripete ogni giorno uguale. In una sorta di assurdo eterno ritorno del tappo del dentifricio non avvitato, del costoso shampoo femminile usato con noncuranza, dei calzini lasciati in giro.
E proprio il problema calzino abbandonato a sé, che non arriva neanche alla consapevolezza di lui (nonostante lei glie-li lasci sopra lo schermo del pc, nella borsa da lavoro, nella tazzina del caffè) diventa il simbolo del fallimento della convivenza. O forse, chissà, della sua segreta riuscita, come se l’impossibilità di raggiungere l’Ordine Perfetto tenesse uniti i due. Assieme alla terapia della scrittura, visto che l’autrice ammette apertamente che il suo diario-denuncia è una forma di sfogo alternativo al divorzio.
Come nel gioco in scatola Cluedo, dove l’assassino può colpire con diverse armi e in diverse stanze, Marica Facci suddivide le azioni incriminate nei diversi luoghi della casa, raccontando cosa il marito fa o, per dirla meglio, non fa. Seguiamola in questo percorso immobiliar-esistenziale dell’orrore, che certamente scatenerà le reazioni sia dei mariti feriti che delle mogli-medee. Pronte a difendere, con i capelli a serpente, il proprio compagno dalle accuse dell’autrice. E insieme il proprio ruolo ufficiale di raccatta-calzini.
Prima, però, sveliamo qual è stata l’incredibile argomentazione filosofica del marito alla questione della tavoletta, degna di un Socrate contemporaneo (e molto paraculo): “Tesoro, perché tu devi trovarti tutto già pronto, mentre io devo alzarmi la tavoletta e poi addirittura abbassarla? Non dici sempre che dovremmo avere gli stessi diritti e doveri? Allora forse potremmo cominciare da questo: fammi trovare la tavoletta alzata e io te la abbasserò volentieri”.
BAGNO
“Vado in bagno e vedo che è il mio shampoo a essere finito, mentre il suo è ancora a metà. ’Scusa, ma perché usi il mio shampoo per capelli ricci?’. ‘Ma sono tutti uguali, non lo sai?’. ‘Se sono tutti uguali, perché non usi il tuo, scusa?’. Eh, non risponde. Non ha il coraggio di ammettere che adora la densa schiuma del mio costosissimo shampoo”.
BAGNO/2
“Cosa c’è di più facile che fare una lavatrice? Ma a quanto pare l’elettrodomestico, una tecnologia rimasta pressoché invariata dagli anni Cinquanta, risulta astruso ed estremamente complicato da usare all’uomo del Duemila che senza alcuna difficoltà installa programmi sul computer e si destreggia tra decoder, lettori blu-ray, Wii e Playstation. Prima è venuto con un asciugamano color panna per domandarmi se non c’era il rischio che scolorisse. Poi mi ha portato una federa con i bordi ricamati: ‘Non è che si rovina il ricamo?’ ‘Tesoro, no. E non pensare che sia stata ricamata a mano da una nonnina sarda, è roba industriale, è Ikea, vedi l’etichetta?’”.
CUCINA
“Mio marito è davanti al frigo, sta per aprirlo e so già che entro due secondi mi chiederà dov’è il cibo con cui vuole riempirsi lo stomaco. Tic-tac fa l’orologio della cucina. ‘Dov’è il latte?’. Come volevasi dimostrare. Mi giro e lo osservo: è impalato davanti al frigorifero aperto e guarda dritto davanti a sé, vale a dire che sta fissando il ripiano più alto, dove il latte non è MAI stato, né mai ci sarà. Non gli rispondo, ma lui imbambolato e attratto come una falena dalla luce del frigo ripete meccanicamente: ‘Dov’è il latte?’”.
CUCINA/2
“Si struscia un po’ e poi mi sussurra all’orecchio con tono ammiccante: ‘Perché una volta non cucini nuda?’. Mi giro e lo guardo sconvolta. Sono ben intenzionata a spegnere questa fantasia scollacciata sul nascere , per cui gli rispondo così: ‘Bè, per prima cosa non so come ti possa venire in testa questo pensiero mentre sono conciata così. Poi ti spiego perché non cucinerò mai nuda: non voglio turbare i bambini, non voglio ustionarmi con schizzi di olio bollente, non voglio sentirmi dentro a un film con Edwige Fenech e Lino Banfi’”.
STANZA DA LETTO
“È il sacro giorno del calcetto. Sono le dieci di sera e tra cinque minuti la mia dolce metà varcherà la soglia di casa gemendo e sbuffando. Farà cadere pesantemente il borsone, si toglierà le scarpe emettendo grugniti di sforzo e dolore e infine verrà ad accasciarsi sul letto, accanto a me, che beata mi leggo la mia rivista preferita dopo aver messo a dormire i bimbi. Rumore di porta che si apre. Tonfo di borsone pieno di sudiciume. Gemiti . Grugniti. Rumore di scarpe lasciate in caduta libera. Passo zoppicante in avvicinamento. ‘Hai fatto gol?’. In anni di matrimonio ho capito che è molto importante fargli questa domanda. Ormai riesco a simulare piuttosto bene una sincera partecipazione”.
SALOTTO
“‘Dov’è il telecomando?’. Ecco la fatidica domanda. Sento l’angoscia di mio marito che aumenta: prima tasta convulsa-mente il divano attorno a sé, poi comincia a girare la testa di qua e di là, poi si alza di scatto facendo cadere a terra la sua copertina, nella quale non manca di inciampare. Mi sembra un licantropo, metà uomo e metà lupo, che fiuta l’aria alla ricerca della sua preda di plastica. In questo momento la sua ragione è offuscata e la caccia al telecomando procede per inutili tentativi. Apre le ante della credenza, cerca tra i piatti e i bicchieri del servizio buono, ma niente. Quando si avvicina alla consolle sulla quale ho disposto con cura la mia collezione di anima-letti Swarovski, capisco che è il momento di intervenire”.