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 2011  luglio 02 Sabato calendario

IN GIRO PER IL MONDO A COSTRUIRE SUPER DIGHE

Si chiama Turimiquire la diga in Venezuela alta 114 metri che, attraverso una tubazione sotto il mare, fornisce acqua a un milione di abitanti dell’isla Margarita. Turimiquire doveva essere riparata. «Se avessero dovuto svuotarla all’isla Margarita sarebbero rimasti a secco», spiega Alberto Scuero. «Le autorità venezuelane ci hanno chiesto di lavorare sott’acqua; i nostri sommozzatori stanno installando a 65 metri sotto il mare teli di geomembrane sintetiche per impermeabilizzare di nuovo la diga. È la prima volta al mondo che si fa un intervento di tale estensione e a tale profondità!».
Tipo avventuroso (dopo la laurea al Politecnico di Torino partì con un amico- zaino e sacco a pelo- e in 4 mesi andò dalla Bolivia agli Stati Uniti) Alberto Scuero, 61 anni, l’ingegnere torinese che guida il gruppo Carpi, leader mondiale nei rivestimenti impermeabili per opere idrauliche, sede operativa in Svizzera ma tecnologia made in Italy. Risultato: c’è un bel po’ d’Italia su 103 dighe in giro per il mondo; da Sar Chemesh in Iran a Miel 1 in Colombia, da Gibe III in Etiopia a Bovilla in Albania alla diga costruita nella contea di San Diego per garantire una riserva d’acqua di 90 giorni in caso di un forte sisma (il canale che porta l’acqua dal nord della California attraversa proprio la Faglia di Sant’Andrea). «Il concetto base è semplice», minimizza Alberto Scuero, da buon piemontese amante del basso profilo. «Per rendere impermeabili le dighe ed evitare pericolose infiltrazioni o perdite d’acqua si metteva un manto di calcestruzzo che, prima o poi, si deteriorava. Noi riusciamo ad avere risultati migliori in tema di sicurezza, costi e durata usando fogli di plastica (le geomembrane) spessi solo 5 millimetri». Visto che anche le dighe invecchiano -al mondo ci sono circa 50 mila dighe, quasi 25 mila in Cina- e che per evitare catastrofi («Il crollo di una di queste dighe può provocare centinaia di migliaia di morti») in molti Paesi, come l’Italia, esiste un regolamento che impone di verificarne costantemente lo stato e mantenere standard di sicurezza sempre più elevati per Scuero il lavoro non manca. «A Turimiquire è già finita la prima fase dell’intervento; ora, anche in Canada, ci hanno chiesto di riparare una diga a 100 metri di profondità sotto il mare», dice l’ingegnere. «I nostri prossimi progetti? In Arabia Saudita, Brasile, Panama, Colombia e Australia. E ancora. Sto preparando un’offerta per i francesi di Edf. Avevano riparato una loro diga con un sistema che costava meno. Non ha funzionato; hanno bisogno di un nostro intervento d’urgenza».
Oltre quello con sua moglie Valentina Dubini (dal loro matrimonio è nata Martina) l’incontro decisivo nella vita di Alberto Scuero avvenne a fine anni ‘80 quando era direttore tecnico dell’impresa di costruzioni Borini& Prono. Sul lavoro conobbe Flaminio Monari, il fondatore della Carpi che aveva sviluppato un metodo d’impermeabilizzazione di gallerie e canali usando fogli di plastica simili, anche se con prestazioni più sofisticate, a quelli che si usano per le piscine. «Intuì che quella tecnologia poteva essere sviluppata e che il mondo avrebbe avuto sempre più bisogno di tener l’acqua dentro o fuori dalle strutture», racconta l’ingegnere. Nel 1995 si trasferì a lavorare in Svizzera (dove ora risiede) e, diga dopo diga, brevetto dopo brevetto, da geniale inventore ha perfezionato l’uso delle sempre più magiche e italiche geomembrane.
«La nostra è la storia di un gruppo di persone appassionate e tenaci che sono riuscite a portare all’onor del mondo una tecnologia davvero innovativa», dichiara Alberto Scuero. «Siamo partiti riparando il calcestruzzo; negli anni l’applicazione di questo nuovo materiale è diventata sempre più ampia fino a convincere i progettisti che si potevano fidare. Morale: un tempo lo applicavamo a dighe di 30 metri, oggi si parla di costruire dighe alte 350 metri (in Tagikistan, ndr) in cui il solo elemento impermeabile è questo foglietto di plastica. Non solo. Stiamo perfezionando materiali in grado di resistere alle intemperie per almeno 100 anni».