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 2011  luglio 01 Venerdì calendario

I MINATORI SCHIAVI CHE ESTRAGGONO L’ORO DEI TELEFONINI

Immaginereste mai che nel vostro cellulare possa respirare l’anima di un gorilla? Se ascoltate bene, dice una leggenda africana, è proprio così. È una leggenda recente, non più di una ventina d’anni. È nata nella regione orientale della Repubblica Democratica del Congo, al confine col Ruanda, nelle foreste della città di Goma. L’hanno inventata e la raccontano ancora oggi i protagonisti di questa storia dimenticata. Una storia che, elevata a potenza, sembrerebbe tratta di peso dalle pagine di “Cuore di tenebra”, capolavoro di Joseph Conrad. Ma che è più facile ridenominare “Cuore di Coltan”.
Cosa è il Coltan e cosa c’entra con i gorilla e con la leggenda che gira nelle foreste di Goma? È un minerale metallico la cui polvere, il Tantalio, costituisce le nervature elettroniche dei nostri sempre più sottili telefonini cellulari. Ha quindi un valore industriale, commerciale e strategico enorme. È sepolto in forma di vene rocciose nelle viscere profonde del Congo orientale: quasi l’80% delle riserve mondiali di Coltan sono lì. Costa fino a 600 dollari al chilo, se lo contendono quattro o cinque colossi mondiali dell’estrazione – americani, inglesi, belgi, canadesi – che a loro volta esportano il 70 per cento della materia prima in Cina. Lì, una volta trasformata in sottilissime componenti, viene utilizzata per l’assemblaggio dei cellulari dei giganti del settore, Nokia, Motorola, Samsung. O anche Sony, perché il preziosissimo tantalio trova ampio uso anche nella produzione delle play station e dei personal computer.
Cosa c’entrano i gorilla quindi? Un enorme esercito di diseredati, uomini, donne, bambini – molte migliaia di bambini – lavora in regime di semi schiavitù nelle miniere di coltan, denuncia ormai da anni l’Onu. Sono minatori improvvisati, disposti a tutto. Sudano come bestie fino a 15 ore al giorno in autentici gironi infernali: voragini scavate a forza di braccia, con picconi e martelli, perché la regione mineraria è immersa nelle remote foreste dove sarebbe troppo difficile e soprattutto costoso trasportare escavatrici e mezzi meccanici.
Scavano ricoperti di polvere bianca – altamente nociva – fino a trenta metri di profondità per riempire quello che chiamano “il sacchetto della sopravvivenza”. Il terriccio ricco di coltan che vanno poi a sciacquare per ore nel corso d’acqua più vicino per ricavarne una manciata di pietre nerastre, il minerale base da cui si ricava il tantalio. Al termine di una giornata di lavoro massacrante, al massimo tirano su – dicono le statistiche delle Nazioni Unite – una chilata di pietrisco. Che viene pagata loro dai trafficanti locali un massimo di venti dollari.
L’estrazione del coltan non è affare pacifico. La regione congolese di frontiera è contesa dal Ruanda e da almeno altri quattro paesi africani di confine. Dal 1998 – quando il business del minerale ha cominciato la sua irresistibile ascesa – una guerra terribile ha insanguinato le miniere. Secondo le denunce di varie organizzazioni non governative che operano nella regione, del governo americano che con Obama ha cominciato a occuparsi attivamente del devastante conflitto, e delle Nazioni Unite, sono morti per il coltan quasi tre milioni di esseri umani.
Per fermare l’eccidio si sono mobilitate le immancabili star, Leonardo di Caprio in testa, per denunciare fra gli altri orrori l’immenso traffico di ragazze e bambine costrette a prostituirsi nelle baraccopoli minerarie. E la tragica sorte dei grandi primati che vivono nell’ex paradiso terrestre congolese. Perché le riserve montuose orientali della Repubblica Democratica del Congo ospitano il più numeroso habitat planetario dei gorilla. Anzi ospitavano, dato che la popolazione dei magnifici animali si sta riducendo al punto da rischiare l’estinzione.
Gli uomini-schiavi che sudano nelle miniere di Coltan vivono a centinaia di chilometri dal primo centro abitato. Hanno fame. E per sfamarsi vanno a caccia di “bush meat”, la carne della boscaglia. Quella che offrono loro gli inconsapevoli, incolpevoli cugini di King Kong. La cui anima, dice la leggenda, spira nei nostri cellulari.