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 2011  luglio 01 Venerdì calendario

IL LEONARDO RITROVATO IN AMERICA

Un dipinto di Leonardo ritenuto perduto è stato autenticato da alcuni tra i maggiori studiosi del maestro di Vinci e sarà esposto per la prima volta alla National Gallery di Londra nella mostra «Leonardo da Vinci: Painter at the Court of Milan» che si inaugurerà il 9 novembre. L’opera è il Salvator Mundi e raffigura Cristo con la mano destra benedicente e la sinistra che tiene un globo. È un dipinto ad olio su tavola di legno che misura 66 centimetri di altezza per 46 di larghezza. Leonardo l’avrebbe dipinto a Milano poco prima di abbandonare la città (1499), lasciandone anche alcuni studi, i più noti dei quali sono conservati a Windsor. L’opera appartiene a collezionisti americani che l’hanno consegnata alla National Gallery per un restauro prima della mostra. Qui, dopo la rimozione di uno strato di pittura scolorita e di vernice applicata in un precedente intervento, i tecnici hanno chiamato a valutarlo insigni studiosi. E questi hanno attribuito il lavoro a Leonardo. L’opera— di cui pubblichiamo un’immagine prima del restauro (abbastanza diversa da quella che vedremo in mostra) — era nota grazie ad un’incisione di Wenceslaus Hollar eseguita intorno al 1650. La rivista «Artnews» , che ha riportato la notizia della scoperta ripresa anche dal «Wall Street Journal» ha ipotizzato una valutazione di 200 milioni di dollari. Tra gli insigni studiosi che l’hanno valutata per l’attribuzione c’era anche Pietro Marani. «Ho visto l’opera l’anno scorso alla National Gallery. Prima del restauro era conciata male, coperta da pitture antiche. La si credeva di bottega, perché erano stati aggiunti barba e baffi che modificavano il viso del Cristo rispetto all’incisione di Hollar, che era una immagine identica all’originale. Ma durante il restauro è emersa la qualità della pittura, i colori meravigliosi, i rossi e gli azzurri del panneggio che ricordano proprio quelli dell’Ultima Cena» . Ci sarebbero anche conferme scientifiche (ovviamente ci sarà tempo per discutere l’attribuzione, che verrà presentata nel catalogo della mostra). «È stato fatto un confronto sui pigmenti con quelli della Vergine delle rocce (pure restaurata) e anche ciò sembrerebbe confermare che si tratta di dipinto di Leonardo» . Inoltre, prosegue Marani, «le riflettografie e altre analisi scientifiche mostrano l’analogia con i disegni preparatori» . Quello che apparirà particolarmente sconvolgente è la finezza del globo che Cristo tiene nella mano sinistra. «Simula un cristallo di roccia» . L’opera è di proprietà di un consorzio di commercianti americani, il cui capofila è Robert Simon, proprietario della omonima galleria d’arte di New York. Sarebbe stato acquistato in una vendita immobiliare negli Stati Uniti circa sei o sette anni fa. Simon non ha voluto commentare il prezzo pagato all’asta: «Mi è stato chiesto di non parlarne» , ha detto. Molto complicato è ricostruire i passaggi di proprietà precedenti. Del soggetto del dipinto, infatti, pittori coevi e successivi a Leonardo ne realizzarono diverse copie, rendendo complicate le identificazioni. Secondo alcune attestazioni, l’opera di Leonardo finì in un convento a Nantes. Ma quando Hollar la incise a metà Seicento, l’opera risultava registrata nelle collezioni di Carlo I e Carlo II d’Inghilterra. Si persero poi le tracce finché si pensava coincidesse con il Salvator Mundi comparso nelle mani di sir Francis Cook, leggendario collezionista del XIX secolo. Ma quest’opera, che venne poi venduta al barone de Lareinty e, successivamente, al marchese de Ganay, dovrebbe essere il Salvator Mundi (assai simile) dipinto da Marco D’Oggiono o, secondo un catalogo Sotheby’s, da Boltraffio. Simon dopo l’acquisto in asta ha portato il suo Salvator Mundi al Metropolitan per una valutazione. Il lavoro è stato poi visionato dai curatori del Museum of Fine Arts, Boston; ma Federico Ilchman, curatore del museo, ha rifiutato di commentare. È stato infine portato alla National Gallery di Londra diciotto mesi fa. Qui Nicholas Penny, direttore del museo, e Luke Syson, curatore della mostra su Leonardo, hanno invitato quattro studiosi per valutarlo. Gli studiosi sono stati Carmen C. Bambach, curatore di disegni e dipinti presso il Metropolitan Museum, gli studiosi milanesi Pietro Marani e Maria Teresa Fiorio, autori di numerosi libri su Leonardo e sul Rinascimento e Martin Kemp, professore emerito di storia dell’arte a Oxford, che ha trascorso più di 40 anni a studiare Leonardo. L’accettazione è stata generale.
Pierluigi Panza