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 2011  luglio 01 Venerdì calendario

Pisani Vittorio

• Catanzaro 22 maggio 1967. Poliziotto. Dal 2004 capo della mobile di Napoli, ammanettò pericolosi latitanti e boss. Oggetto di un provvedimento di divieto di dimora in città con l’accusa di favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio, nel 2011 fu trasferito alla polizia amministrativa a Roma • «[...] Amico di [...] Marco Iorio, imprenditore legato al clan Lo Russo di Miano (quartiere a nord di Napoli), e frequentatore della sua pizzeria “Regina Margherita”, Pisani gli avrebbe dato “dritte” per scampare all’indagine della procura sul riciclaggio. Una fuga di notizie che avrebbe consentito a Iorio e a Bruno Potenza (in un muro di casa del padre di quest’ultimo gli investigatori trovarono 8 milioni di euro in contanti) di trasferire in Svizzera una parte dei beni e di progettare la vendita a prestanomi. [...] Per i magistrati [...] Pisani sarebbe stato al corrente che i ristoranti facevano riciclaggio e tuttavia non avrebbe indagato. Sullo sfondo il rapporto tra il poliziotto e il boss Salvatore Lo Russo, suo confidente. [...]» (Stella Cervasio, “la Repubblica” 1/7/2011) • «È rimasto intrappolato nella terra di nessuno, sul confine dove certe cose non si possono raccontare. Lui stava lì in mezzo da una vita, ostentando quella sua maniera di essere sbirro. Uno dei più bravi d’Italia, dicono. Uno che veniva addirittura pronosticato come un possibile futuro capo della Polizia. Uno giovane e già vecchio. Un specie di fenomeno contro la camorra che è il perfetto ritratto di un poliziotto di mezzo secolo fa. Spregiudicato, schivo, elegante e altezzoso, nella Napoli dei duri Vittorio Pisani si sentiva il più duro di tutti. Colpa sua e ogni tanto colpa anche di qualcun altro. Il [...] questore Merolla [...] l’ha paragonato per talento al bomber Cavani. Vecchi metodi polizieschi e risultati investigativi eccellenti (tanti latitanti catturati, tantissimi arresti) l’hanno trascinato in un gorgo. Di sospetti. Dietro a questa “situazione” napoletana, però alla fine c’è solo un piccolo grande mistero: che razza di poliziotto è questo Vittorio Pisani?, come lo è diventato uno dei più bravi d’Italia?, quali armi ha usato per conquistarsi la fama di super-investigatore? A Napoli a volte non può bastare l’abilità e non può bastare il fiuto. Troppo complicata e infida. E troppo tempo ci ha passato lì Pisani, un calabrese che non ha più niente di calabrese e che ormai sembrava più napoletano di un napoletano. Mischiato alla città. Immerso nelle sue viscere. Nel 1991 è arrivato come capo della “Omicidi” e se n’è andato nel 1998, è tornato nel 2004 [...] come capo della squadra Mobile. Quindici anni a fare la guerra alla camorra. A modo suo. All’antica. E con tutti i mezzi. Fino a fare lui soffiate sulle indagini del suo stesso ufficio. Ad amici sotto inchiesta che intanto avevano il tempo di far sparire beni all’estero. E depistare. Poliziotto “dentro” Napoli, quella Napoli. Con un’intimità sempre più spinta – anno dopo anno e indagine dopo indagine – con le sue fonti, i camorristi. Con un baratto sempre più intenso, un chiedere e un dare al limite e a volte oltre il limite. Con una disinvoltura eccessiva nel portare a conclusione operazioni servendosi di tipi come quel Salvatore Lo Russo dei “Capitoni” di Secondigliano. Grazie a lui prende un boss e salva l’altro, decide lui chi sta dentro e chi sta fuori, decide lui se un’indagine si fa o non si fa. Come usava tanto tempo fa nelle caserme. Tanto tempo fa. Quando altri poliziotti su quella linea di confine si sfioravano e poi pure si piacevano, si facevano confessioni, si aiutavano uno con l’altro. Anche regali si scambiavano. Come riferisce [...] quel Lo Russo su Vittorio Pisani. Maglioncini, casse di vino, pomodorini. Chi è questo superpoliziotto che a Napoli è diventato un mito e che è stimato da molti (ma non da tutti) in ogni Questura italiana? È il portatore di una cultura investigativa che in tante altre città dominate dal crimine organizzato – Palermo e Reggio Calabria per esempio – è praticamente scomparsa. E ha un bel dire sempre il questore Luigi Merolla (“Il poliziotto deve anche mettere le mani nel fango per poi uscirne superficialmente sporco, ma pulito dentro. L’importante è che tutto si svolga in un chiaro rapporto con il magistrato”) se pensiamo solo a quanti investigatori negli ultimi anni sono morti ammazzati (e anche magistrati come Paolo Borsellino) proprio per avere rifiutato trattative e negoziati con mafie e mafiosi. Il poliziotto Pisani non ha mai fatto mistero del suo “stile”, un vanto quella storia con i confidenti, quel traccheggio perenne che altri suoi giovani e assai accreditati colleghi disprezzano. Al contrario lui – il superpoliziotto di Napoli - si è autocelebrato in più di un’occasione. Come [...] anni fa. Prima un attacco violento e a freddo, incomprensibile contro Roberto Saviano in un’intervista sul magazine del Corriere: “Io faccio anticamorra dal 1991, ho arrestato centinaia di delinquenti, ho scritto, ho testimoniato, bè giro per le vie della città con mia moglie e i miei figli senza scorta… Saviano non doveva avere la scorta, le minacce che aveva ricevute non sono state riscontrate”. E poi si è sfogato svelando sino in fondo la sua filosofia di sbirro e quel debole di vecchia data per i confidenti: “Arrestammo dei latitanti e subito dopo fui indagato: ero in contatto telefonico con il latitante Guglielmo Giuliano, un confidente leale, il questore Arnaldo La Barbera mi disse: ‘Nel mestiere l’accusa che ti fanno vale più di un encomio’…”. Alla fine ricordò anche: “Quando vado a testimoniare gli imputati mi salutano dalle celle”. Proprio come i poliziotti di un’altra èra. Repubblica dedicò un commento all’esibizione di Pisani. Titolo: “Quel poliziotto non può restare”. Così aveva parlato il super-poliziotto autore di saggi – Informatori, notizie confidenziali e segreti di polizia – e che firma aggiornamenti della Treccani alla voce Atti di Polizia Giudiziaria, che non guarda mai la tivù e non legge i giornali, che nel 1987 – primo anno alla scuola di polizia – per i voti più alti vinse il premio Luigi Calabresi. Sul suo essere sbirro nessuno può aggiungere niente e niente in effetti c’è da aggiungere: ha già detto tutto lui» (Attilio Bolzoni, “la Repubblica” 1/7/2011) • «[...] Il capoclan oggi pentito Salvatore Lo Russo racconta ai magistrati: “La paura che provo non è da meno. Sono perfettamente consapevole della potenza del dottor Pisani e non so cosa possa accadermi. Le dico anzi che temo più la sua persona che cento camorristi. I miei rapporti con Pisani nascono alla fine degli anni Novanta durante un incontro in un ristorante della costiera sorrentina. Pisani mi diede il suo numero di telefono dicendomi che per qualsiasi cosa potevo rivolgermi a lui. Notai l’anomalia di questa circostanza, e mi incuriosii tanto che la sera stessa gli telefonai da una cabina telefonica. Fui molto diretto, gli chiesi in pratica cosa volesse da me. Lui mi chiese di incontrarci e così ci vedemmo a San Martino. Mi spiegò che era interessato a catturare Gaetano Bocchetti. Non mancai di mettermi subito a disposizione” [...] Continua il boss pentito: “Il rapporto tra me e Pisani si strinse di lì a poco in occasione dell’arresto di Longobardi, un latitante. Mentre stavo a Ischia con mia moglie in barca, mio fratello mi presentò Gennaro Longobardi e mi spiegò che si trattava di un latitante. Li salutai e andai via. Avvisai il dottor Pisani. Di lì a poco sopraggiunse la polizia e arrestò Longobardi [...] I miei rapporti con Pisani sono durati ininterrottamente, e posso dire che ne è nata una vera e propria amicizia. Nel corso degli anni ci siamo scambiati sempre regali. Gli ho regalato del vino francese e casse di champagne. E anche diverse casse di fuochi artificiali natalizi. Pisani mi raccontò che aveva avuto un diverbio in Procura perché gli era stato chiesto di attivare delle intercettazioni nei miei confronti ma lui si era rifiutato chiedendo che le facessero altri in quanto lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere a me [...] Per comunicare con Pisani utilizzavamo schede telefoniche e telefoni riservati. Pisani si occupava di ricaricarle. Ogni ricarica durava molto tempo sia perché era di due, trecento euro, sia perché le comunicazioni duravano poco tempo. Durante la mia detenzione è mia moglie a intrattenere i medesimi rapporti con Pisani [...[ Con mia moglie utilizziamo un linguaggio cifrato, per cui quando intendiamo riferirci a Pisani parliamo di ‘avvocato’. Con il dottor Pisani ci siamo sempre incontrati in occasioni in cui andavamo in giro insieme con la macchina arrivando fino a Caianello. Ci incontravamo al Vomero alto e prendevamo la tangenziale e poi l’autostrada fino a Caianello e tornavamo indietro [...] Pisani è amico di Marco Iorio presso il cui ristorante va a cenare tutti i giorni. Fu Marco Iorio ad attivarsi con Pisani perché questi facesse in modo che Mario Potenza (l’usuraio, ndr) ottenesse il rilascio del passaporto che non so perché da molto tempo non riusciva ad avere” [...] Lo Russo riferisce di una rapina allo staff della fiction “La Squadra”: “Mentre lo staff tecnico stava girando una puntata nel mio quartiere subì una rapina. Fui contattato da Pisani che mi disse che voleva fare una bella figura e mi chiese se potevo aiutarlo ad arrestare i rapinatori. Venni a sapere che a fare la rapina era stato un nipote di mia moglie, così chiesi a Pisani se me lo chiedeva da amico o da funzionario di polizia. Mi rispose che me lo chiedeva da amico, gli risposi che si trattava di un nipote di mia moglie. Lui capì il senso delle mie parole e dunque non fece nulla [...] In virtù di questi rapporti intrattenuti con Pisani ho maturato un forte senso di protezione per me e per gli affiliati.. Sono convinto del fatto che lui non avrebbe mai fatto un’indagine nei miei confronti. Lo davo per scontato sebbene non mi sia mai stato detto [...]”» (Irene De Arcangelis, “la Repubblica” 1/7/2011) • «Raffaele Cantone, autore dei best seller Solo per giustizia e I Gattopardi [...] il magistrato che da pubblico ministero alla Dda di Napoli ha ottenuto l’ergastolo per il capo dei Casalesi, Francesco Schiavone detto Sandokan. Ha conosciuto Pisani quando era ancora un funzionario della squadra mobile, ha coordinato alcune delle indagini portate avanti da lui. E una volta ha definito Pisani “il miglior poliziotto d’Italia” [...] “Lo ritengo un eccezionale professionista. Un ottimo conoscitore della criminalità organizzata, tanto di quella napoletana quanto di quella casertana [...] So che si tratta di un professionista particolarmente attento nei confronti delle garanzie e dei diritti dei cittadini. I risultati conseguiti nella lotta alla criminalità da Vittorio Pisani sono noti alle cronache e sotto gli occhi di tutti. [...]”» (s. cer., “la Repubblica” 1/7/2001) • Vedi anche Giuseppe D’Avanzo, “la Repubblica” 15/10/2009 («Quel poliziotto non può restare»; F. B., “Corriere della Sera” 19/11/2010.