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 2011  giugno 29 Mercoledì calendario

«CONTI SBAGLIATI». VIA I SIGILLI DALLE VILLE DI VERDIGLIONE —

Un mare di fatture false per operazioni inesistenti, questo sì. Ma allo scopo di innalzare i volumi d’affari e rendere i bilanci più appetibili alle banche chiamate a erogare mutui e finanziamenti, non allo scopo di evadere il fisco in dimensioni industriali: quello che secondo la Procura e la Guardia di finanza di Milano era un giro di 3 miliardi di euro di fatture false per operazioni inesistenti tra società riferibili alla galassia del controverso psicanalista imprenditore Armando Verdiglione (4 anni e 2 mesi nel 1986 per truffa, tentata estorsione e circonvenzione di incapace, più un patteggiamento a 1 anno e 4 mesi nel 1992) in realtà non avrebbe tolto al Fisco né i contestati 165 milioni di euro né un solo centesimo, ma si sarebbe fiscalmente risolto in un gioco a somma zero.
È su questa base che ieri il Tribunale del Riesame di Milano ha annullato quasi interamente i decreti con i quali il 7 giugno il gip Cristina Mannocci aveva concesso al pm Bruna Albertini il sequestro preventivo delle dimore storiche di Villa San Carlo Borromeo a Senago (edificio del Trecento, 10 ettari di parco, hotel 5 stelle) e di Villa Rasini Medolago a Limbiate, quali equivalenti del profitto di 165 milioni di euro che Verdiglione, la moglie Cristina De Angeli Frua e altre 24 persone erano accusate di aver ricavato dai reati di associazione a delinquere, evasione fiscale in relazione all’emissione di fatture false per operazioni inesistenti, e truffa allo Stato per conseguire erogazioni pubbliche. Proprio su quest’ultimo punto, relativo a sovvenzioni pubbliche per restaurare le magioni, il Tribunale ha ritenuto esistente il «fumus» per giustificare l’unico mantenimento di un sequestro, ma per 2 milioni («liberando» gli altri 163).
Lo schieramento di avvocati (Giacomo Lunghini, Davide Sangiorgio, Francesco Arata, Vittorio Virga, Lucio Lucia) ha valorizzato il fatto che le società del gruppo, a fronte dell’emissione di fatture per operazioni ritenute ora inesistenti, provvedevano comunque alla regolare registrazione in contabilità generale delle fatture, e gli importi delle operazioni inesistenti confluivano poi in sede di dichiarazione nel computo annuale dell’imposta a debito o a credito: sul versante delle società che vendevano qualcosa e dunque emettevano fattura e ricevevano l’Iva, l’imposta veniva regolarmente riconosciuta all’erario; mentre sul versante delle società acquirenti, che ricevevano la fattura e versavano l’Iva, la fattura veniva contabilizzata e l’imposta portata in detrazione come credito Iva. Neutralità fiscale: finché le cessioni hanno luogo tra imprese l’applicazione dell’Iva è indifferente per l’erario, perché l’imposta versata all’erario dall’impresa che vende è restituita all’impresa che acquista.
In attesa delle motivazioni del Tribunale del Riesame, è immaginabile che i giudici Busacca, Gerli e Tacconi abbiano accolto queste tesi dei difensori che lamentavano che Finanza e pm avessero «parcellizzato» e «balcanizzato» le operazioni invece di considerarle nel loro insieme, con il risultato di duplicare Iva e supposti profitti fino a contestare 165 milioni di euro di tasse evase. E invece l’Iva dovuta all’Erario sarebbe stata sempre pari a zero, sia nel caso che l’operazione fosse reale (come Verdiglione rivendica per compravendite di opere d’arte, consulenza aziendale, organizzazione di convegni) sia nel caso che l’operazione fittizia fosse stata correttamente contabilizzata.
Un’avvisaglia, paradossalmente, la poteva rintracciare proprio nei sequestri annullati ieri, dove il gip Mannocci esplicitamente scriveva che gli sarebbe parso più adeguato un altro titolo giuridico di sequestro: quello che avrebbe sottratto la disponibilità degli immobili non come confisca per equivalente di un profitto di reato da dimostrare, ma per impedire che la loro disponibilità agevolasse la commissione di ulteriori fatti-reato. Ma questo tipo di sequestro non aveva potuto essere disposto «in mancanza di esplicita domanda» del pm. Che però in precedenza aveva formulato quel tipo di richiesta il 7 maggio 2010, ma se l’era vista respingere da un altro gip il 24 settembre.
Luigi Ferrarella