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 2011  giugno 30 Giovedì calendario

Lassaw Ibram

• Alessandria d’Egitto (Egitto) 4 maggio 1913, New York (Stati Uniti) 30 dicembre 2003. Scultore • «[...] ha vissuto la grande stagione dell’arte americana degli anni Cinquanta che il critico Harold Rosenberg ha battezzato Action painting. I suoi compagni di strada sono pittori del calibro di de Kooning, Rothko, Pollock, gente che ha fatto del carattere gestuale, impulsivo e istintivo dell’arte la propria cifra. Esattamente come lui che dichiarava: “Quando sono nello studio c’è una musa con me... e credo in lei. La musa rappresenta il mio istinto e la mia intuizione - e questo è il fondamento dell’espressionismo astratto - credere nel proprio istinto”. O ancora: “Penso che il modo in cui lavoro avrebbe potuto essere chiamato ‘action sculpture’. Non ho un progetto preciso in mente, l’opera si sviluppa in una specie di arena dell’azione, fa le sue richieste mentre si sviluppa”. Lassaw, per ascoltare la sua musa non modella né scolpisce la materia, ma predilige la tecnica della saldatura diretta tra i diversi materiali che finiscono per diventare segni nello spazio, scarabocchi, intarsi, griglie in cui ogni elemento sembra darne vita a un altro, come in un’eterna e irrazionale creazione. Succede in opere come Clouds of Magellan, del 1953, suggestiva per il gioco di incastri tra il metallo e le ombre che proietta, o in quelle sospese come Morning Star. Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1913 da una famiglia di ebrei russi fuggiti ai pogrom e arrivata a New York nel 1921, Lassaw compie una vera e propria svolta stilistica nel 1950. Da questo momento e fino alla fine, avvenuta nel 2003, mette insieme armonicamente le due anime che avevano contraddistinto separatamente la sua scultura degli inizi: un surrealismo che strizza l’occhio alle figure biomorfe di Miró e l’astrazione geometrica di Mondrian. Ma fin da bambino Lassaw è affascinato dalla scienza, dalla struttura degli organismi viventi. E così le sue sculture sembrano anche animali misteriosi che ti vengono incontro con un’andatura lenta ma implacabile dal buio delle grotte (Solstice, 1961) ma anche coralli, rami di alberi, forme appena emerse dal mare, da mondi sotterranei. “Gli orditi della mente umana sono anche gli orditi della natura” affermava. L’artista, a differenza della maggior parte degli scultori, è attratto anche dalla rappresentazione del colore che per lui è un elemento espressivo irrinunciabile fin dagli esordi quando colora un corpo femminile di gesso completamente di blu. Il cromatismo lo conquista con l’uso di diversi materiali ma anche servendosi di prodotti chimici e di patine responsabili dei blu, dei verdi, dei rossi. Così questo mondo di “cose crescenti”, come le chiamava lui, ha una sua singolare verità. Come certe foreste di Max Ernst o il dripping di Pollock: espressioni che non consentono di separare la forma non tanto dalla mente e dalla ragione quando dalla parte più profonda e segreta dell’individuo» (Lea Mattarella, “La Stampa” 16/6/2008) • Vedi anche “la Repubblica” 23/6/2008; Franco Fanelli, “Corriere della Sera” 17/8/2008.