Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 27/06/2011, 27 giugno 2011
BARBERINI. LE STANZE DELL’ARTE
Con la riapertura delle dieci sale al secondo piano di Palazzo Barberini, la Galleria nazionale di arte antica è finalmente completata. Sono stati necessari sessant’ anni, ma ora la reggia barocca voluta da Maffeo Barberini nel 1623 ha ritrovato la grandiosità delle sale, lo sfarzo della decorazione, la maestosità delle architetture, la luce degli spazi esaltata dai colori delle pareti dipinte con terre naturali a base di calce che riprendono le tonalità degli antichi velluti e damaschi. Il nuovo allestimento al secondo piano si inaugura a nove mesi esatti dalla presentazione dell’ ala settentrionale del piano terreno, che ospita la sezione dei dipinti dal XII al XV secolo, e del piano nobile, con le quattordici sale che raccolgono opere dal Rinascimento al primo Barocco e dal Manierismo al Naturalismo. Il giorno dell’ inaugurazione, Anna Lo Bianco, direttrice del museo, aveva previsto che la ritrovata magnificenza avrebbe fatto raddoppiare i visitatori, da centomila a duecentomila all’ anno. Previsioni più che avverate. «In certi giorni - dice - il picco è altissimo. Per esempio, nell’ Epifania del 2010 abbiamo avuto trecento visite, nel 2011 quasi millecinque». Le dieci sale del secondo piano, che nel Seicento costituivano l’ appartamento della principessa Costanza Barberini, ora proseguono in evidente continuità il percorso del piano nobile, con duecento dipinti databili tra la metà del Seicento e la seconda metà del Settecento. E, unite alle precedenti ventiquattro sale, trasformano la Galleria nazionale d’ arte antica in uno dei più grandi musei romani. «Un unicum per chi vuole avvicinarsi allo studio della storia dell’ arte - fa notare la soprintendente del polo museale Rossella Vodret -. A differenza degli altri musei romani, qui si raccolgono opere tra loro molto diverse per epoca, temi, scuola, provenienza geografica: una vera antologia delle espressioni pittoriche. Il percorso parte dalle Croci e dalle tavole del XII secolo, attraversa i capolavori del Rinascimento, come la Fornarina di Raffaello o l’ Annunciazione di Filippo Lippi, si conclude con il tardo Barocco e il Neoclassico». Un percorso agevolato anche da alcune novità adottate durante i lavori di restauro e consolidamento degli spazi. Come le scalette per collegare le varie stanze, che in alcuni punti presentano un dislivello nel pavimento di oltre un metro. L’ architetto Laura Cherubini voleva creare un passaggio che permettesse anche alle persone con difficoltà motorie di girare in piena autonomia tra i vari spazi, senza bisogno di accompagnatori. «Non mi sono data pace finché non ho trovato la soluzione - racconta -. Alla fine ho scoperto un meccanismo brevettato in Danimarca. È la prima volta che viene adottato in un museo». Si tratta di una scala con i gradini in legno e i corrimano in ferro, molto meno invasiva rispetto alle pedane inclinate che si usano di solito. Basta premere un pulsante nella parete e i gradini si trasformano in una piattaforma che scende a livello del suolo. Una volta trasferiti sulla pedana, anche in carrozzella, si preme una levetta accanto al corrimano e la pedana si alza fino al livello della stanza che si vuole raggiungere. Terminata l’ operazione, si preme un altro pulsante e i gradini tornano al loro posto. Per le pareti, Cherubini ha scelto colori evanescenti, che variano dal rosa all’ azzurro e al grigio, in sintonia con le cromie settecentesche dei quadri. Si passa dai protagonisti della scena napoletana, come Salvator Rosa, Bernardo Cavallino e Luca Giordano, al barocco di Bernini a Maratta; dai toscani genovesi e veneti al neoclassicismo romano, a cui partecipano artisti provenienti da tutta Europa, come Raphael Mengs che realizzò addirittura un falso, l’ affresco staccato con Giove e Ganimede, eseguito con straordinaria abilità copiando la tecnica e la materia della pittura pompeiana. Tra le vedute, spiccano quelle di Canaletto e Van Wittel e i paesaggi di Hackert, che si affaccia alla stagione del romanticismo. Subito dopo la bellissima Sala Corvi - interamente decorata intorno al 1780 da tempere di Domenico Corvi e appena restaurata - si passa alla saletta riservata alla Collezione Lemme, che con i bozzetti della basilica di San Clemente offre una panoramica del moderno classicismo della pittura romana, e a quella dedicata alla collezione del Duca di Cervinara, che presenta la grazia seducente dei pittori francesi, da Fragonard a Bouchet, da Greuze a Robert. La Galleria nazionale di arte antica è dunque conclusa. Ma Palazzo Barberini riserva altre sorprese. In autunno saranno infatti conclusi i lavori nell’ ala meridionale del pianterreno: mille e settecento metri quadrati destinati a mostre temporanee. La soprintendente Vodret vorrebbe cominciare con una rassegna sul Guercino a Roma, in concomitanza di un convegno dedicato a sir Denis Mahon, celeberrimo storico dell’ arte scomparso due mesi fa.
Lauretta Colonnelli