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 2011  giugno 28 Martedì calendario

PECHINO MANDA IN ORBITA IL «PALAZZO CELESTE» —

La stazione spaziale cinese non è più una battuta politica per impressionare l’Occidente. Dal prossimo autunno la vedremo brillare in cielo. Il suo primo modulo abitato Tiangong-1 («Palazzo celeste» ) sta per arrivare sulla rampa del poligono di Jiuquan, da dove sarà lanciato tra settembre e ottobre. Il progetto, che prevede il completamento nel 2020, è stato presentato al salone aerospaziale parigino con il corredo degli altri progetti chiave dello spazio della Cina, riguardanti lo sbarco sulla Luna di una rover e la costruzione del potente lanciatore Lunga marcia 5.
Il «Palazzo celeste» con un’architettura a croce formata da cinque-sei moduli abitabili ancorati ad un nucleo centrale peserà circa sessantacinque tonnellate. «Le tecnologie necessarie per costruire la nostra stazione e affrontare permanenze a lungo termine dei nostri taikonauti ora le possediamo interamente» , sottolinea Qi Faren, il progettista capo delle navicelle spaziali Shenzhou e ormai in servizio dal 2003, quando Yang Liwei ha compiuto il primo volo. «Con la costruzione della stazione — aggiunge — la Cina completa la terza fase del programma di volo umano iniziato ancora nel 1992. E lo sforzo ha permesso il progresso tecnologico e favorito l’innovazione aumentando il prestigio e la potenza del Paese» .
L’avvio della base orbitale verrà effettuato con cautela. Quando Tiangong-1 sarà in orbita si procederà al lancio della navicella Shenzhou-8 senza uomini a bordo, la quale, automaticamente, volerà ad agganciarsi al «Palazzo celeste» . Se l’operazione andrà a buon fine, solo allora, sempre da Jiuquan, partirà la navicella Shenzhou-9 con due taikonauti (così in Cina sono chiamati gli astronauti) e qualche mese dopo Shenzhou-10 con altri due. A questi equipaggi è affidato il compito di gestire le prime fasi di rodaggio della stazione e predisporre il modulo per le operazioni successive. Il nuovo insediamento cosmico sarà collocato ad una quota analoga a quella della stazione spaziale internazionale (ISS), cioè circa 400 chilometri, ma su un’orbita diversa, a 40 gradi di latitudine Nord (ISS è invece a 51 gradi). Negli anni scorsi Pechino aveva avanzato la richiesta di entrare a far parte del progetto ISS ma la Casa Bianca si era sempre opposta per impedire lo scambio di conoscenze tecnologiche avanzate. Anche una risposta positiva, difficilmente avrebbe comunque impedito la costruzione già in corso di Tiangong-1 le cui caratteristiche ricordano le stazioni Salyut sovietiche.
In parallelo Pechino, dopo il lancio nell’ottobre scorso della seconda sonda lunare Chang’e, ora allontanata dal nostro satellite naturale per consentire agli ingegneri di impratichirsi nella navigazione interplanetaria, sta realizzando una mini rover robotizzata che verrà spedita sulle sabbie seleniche nel 2013. È il primo passo, al quale seguirà una seconda rover di maggiori dimensioni e complessità. Questa sarà trasportata all’interno di un veicolo capace di allunare sulle sue gambe, collaudando una tecnologia necessaria al terzo passo successivo previsto; cioè lo sbarco dei primi taikonauti «dopo il 2020» . Ma secondo il Pentagono americano potrebbe accadere anche prima.
Per attuare questi programmi si sta realizzando un vettore spaziale più potente del Lunga marcia-2F che lancerà Tiangong 1. Il successore della taglia del vettore europeo Ariane 5 dell’ESA trasporterà 25 tonnellate, consentendo l’invio sia di grandi moduli abitati sia di veicoli lunari più pesanti. Il primo test è previsto nel 2014 dal nuovo poligono spaziale sull’isola di Hainan nell’estremo sud del Paese.
Intanto Pechino non trascura altri impegni cosmici preziosi per la Terra. Sta infatti completando la costellazione dei satelliti di navigazione Beidou (il GPS cinese) e sta lanciando potenti satelliti per le telecomunicazioni e l’osservazione della Terra. Lo spazio, insomma— come si sottolinea —, è la finestra alla quale esporre potenza politica, tecnologica, militare ed economica.
Giovanni Caprara