Elisabetta Rosaspina, Corriere della Sera 28/06/2011, 28 giugno 2011
LA SCELTA DI ZAPATERO: «FARO’ IL PENSIONATO» —
Otto anni di governo, la metà nella bufera: se c’è una questione chiara nel prossimo futuro di José Luis Rodriguez Zapatero è che non seguirà le orme del suo predecessore, José Maria Aznar. «Ho bisogno di una stagione tutta per me» ha detto ai suoi più stretti collaboratori. Che non hanno dubbi: quando lascerà la Moncloa, con moglie, figlie e bagagli, il premier abbandonerà anche (senza rimpianti) la prima linea politica e la ribalta mediatica. Non cederà alle sirene delle fondazioni, degli organizzatori professionali di simposi, dei consigli d’amministrazione a caccia di consulenti ben introdotti. E non si lascerà sedurre dagli interventi retribuiti a gettone (d’oro), né dalla tentazione di dirigere il suo successore, con irrefutabili suggerimenti. Mancano nove mesi (forse meno) all’alba. Ancora un dibattito sullo stato della nazione, oggi al congresso, con il leader dell’opposizione. L’ultima battaglia, per Zapatero. L’ultima barricata contro l’assalto dei popolari per le elezioni anticipate in autunno. Il premier difenderà la necessità di terminare le riforme economiche avviate per consentire al paese di riemergere dalla crisi economica. Ma, da domani, il vero avversario di Mariano Rajoy, presidente del Partito Popolare e premier in pectore, sarà l’attuale vice presidente, il coriaceo e tagliente Alfredo Pérez Rubalcaba, candidato del Psoe all’ardua successione. E il presidente del governo potrà finalmente cominciare a pensare al suo trasloco. Ma soprattutto alla sua vita dopo i 50 anni. Il «buen ritiro» di Zapatero si chiama León. L’uomo che ha fatto sognare la sinistra italiana, l’ultimo baluardo socialista in Europa, conta i giorni che lo separano dalle sue «vacanze» , quelle vere. Se le elezioni generali non saranno anticipate, a marzo il premier 51enne lascerà la Moncloa, anzi Madrid, per tornare alla città, nel nord est della penisola, dove è cresciuto, ha studiato, è diventato avvocato e ha conosciuto, a una manifestazione di protesta, una studentessa di legge e di musica lirica di nome Sonsoles, sua moglie. La famiglia ha già trovato casa e Zapatero non ha alcuna intenzione di percorrere i 340 chilometri che lo separeranno dalla capitale per occupare uno scranno di deputato al Congresso. In questo si distinguerà anche dal precedente primo ministro socialista, Felipe González, in Parlamento, all’opposizione, fino al 2004. Al vitalizio di 80 mila euro annui, che gli spettano come ex presidente, Zapatero aggiungerà i 74 mila che gli comporterà l’incarico di membro del Consiglio di Stato. Controcorrente anche qui. Prima di lui nessun premier uscente aveva accettato il posto, a parte José María Aznar, che però non aveva esitato ad abbandonarlo di fronte alla più appetitosa (ma incompatibile) proposta del magnate americano, Rupert Murdoch, di occupare una poltrona nel consiglio d’amministrazione della News Corporation, e di un compenso doppio: 160 mila euro all’anno. Quando l’ex presidente del governo popolare accettò anche una consulenza per Endesa, multinazionale dell’elettricità, all’inizio di quest’anno, in Spagna si aprì una polemica sulle carriere d’oro dei premier in pensione. Il giornale on line, El Confidencial, fece i conti in tasca a Felipe González e a José María Aznar, citando i 30 mila euro richiesti dal primo per una conferenza, e i 90 mila che pretenderebbe il secondo per lo stesso compito. Niente di straordinario: molti ex presidenti, come Bill Clinton, George W. Bush, Gerhard Schröder o Tony Blair, capitalizzano sapientemente gli anni passati nelle stanze dei bottoni. Ma, sempre secondo El Confidencial, Aznar si è trasformato in un’industria di conferenze, consulenze e produzione editoriale da un milione e mezzo di fatturato all’anno. «Non è quello lo specchio in cui si riflette il futuro politico e umano di Zapatero» assicura chi lavora con lui. Anche il post-zapaterismo, a quanto pare, sarà un’era originale.
Elisabetta Rosaspina