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 2011  giugno 28 Martedì calendario

Ellsberg Daniel

• Chicago (Stati Uniti) 7 aprile 1931 • «[...] è l’ex-funzionario del ministero della Difesa americano che nel 1971 consegnò al New York Times i “Pentagon Papers”, le più importanti rivelazioni sulle menzogne della guerra nel Vietnam. Finì sotto processo, fu assolto e poi riconosciuto come un paladino della libertà di informazione. [...]» (e.f., “la Repubblica” 24/19/2010) • «[...] Era un beniamino del segretario di Stato Henry Kissinger, che lo definì “il più brillante dei miei allievi” (per poi cambiare parere dopo il botto dei Pentagon Papers, e chiamarlo “l’uomo più pericoloso d’America”). Lavorava alla Rand Corporation dal 1967, e quell’importante think tank geostrategico era coinvolto in uno studio top secret commissionato da Robert McNamara, il segretario alla Difesa dei due presidenti democratici John Kennedy e Lyndon Johnson. Intitolato “Relazioni Stati Uniti-Vietnam dal 1945 al 1967”, quello studio conteneva documenti di intelligence riservati, la ricostruzione delle decisioni politiche che avevano portato all’intervento militare americano. C’erano lì dentro le prove dei numerosi errori e fallimenti delle Amministrazioni Usa. C’era una descrizione dell’andamento della guerra ben diversa dalle versioni ufficiali che la Casa Bianca e il Pentagono fornivano alla stampa. C’era infine la prova che in diverse occasioni i presidenti avevano mentito al popolo americano e al Congresso. Una delle bugie più gravide di conseguenze riguardava il celebre “incidente del Tonchino”, il presunto attacco nordvietnamita contro la US Navy nel Golfo del Tonchino. Una montatura, che nel 1964 servì a Johnson per convincere il Congresso ad approvare la sua escalation militare. Con la pubblicazione integrale, risulta evidente che gli autori dei Pentagon Papers erano perfettamente consapevoli del contenuto controverso e potenzialmente destabilizzante di quel rapporto. In un memorandum firmato da Leslie Gelb, allora capo della task force incaricata da McNamara di stendere quello studio, si legge: “Scrivere la storia, specialmente quando si mescola con gli eventi attuali, è un esercizio ad alto rischio”. Ellsberg cominciò a passare al New York Times una parte di quelle carte all’inizio del 1971. Tenendo fuori alcuni documenti, per esempio sui negoziati di pace con Hanoi, per non compromettere quello sforzo diplomatico. Il New York Times studiò le carte per mesi, prima di iniziarne la pubblicazione il 13 giugno. La reazione dell’allora presidente Richard Nixon fu durissima. Anche se i Pentagon Papers compromettevano i suoi predecessori, Nixon cercò di mettere il silenziatore alla stampa, avviò un giro di vite contro tutti i suoi collaboratori che parlavano alla stampa. La sua sconfitta resta una pagina memorabile: la Corte suprema diede ragione al New York Times con una sentenza storica in cui si afferma che “solo una stampa del tutto libera e senza restrizione può vigilare contro gli inganni del governo”. Ellsberg, trascinato in tribunale per spionaggio e con dodici capi d’accusa per i quali venivano chiesti 115 anni di carcere, venne scagionato perché vittima di “abusi da parte del governo”. Nixon ne trasse la lezione sbagliata: cominciò una politica di spionaggio interno, anche a danno di Ellsberg, poi sfociata nello scandalo del Watergate che gli sarebbe costato la presidenza. [...]» (Federico Rampini, “la Repubblica” 14/6/2011).