Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 28/6/2011, 28 giugno 2011
IL FATTO DI IERI - 28 GIUGNO 1940
Era il solo a possedere il carisma del suo capo. Il solo a insidiargli la popolarità e a sfidare la sua supremazia. Dicono che Mussolini, quando parlava di Italo Balbo non nascondesse irritazione per quella sua aria da moschettiere un po’ insolente e così poco cortigiana. Eppure Balbo, Quadrumviro della Rivoluzione, trasvolatore dell’Oceano, Maresciallo dell’Aria, era stato uno dei fascisti puri e duri della prim’ora, prima camicia nera nella marcia su Roma, temibile ras dello squadrismo ferrarese, mussoliniano di ferro agli esordi della dittatura. Uno di fegato, smarcatosi gradualmente dai fanatismi di regime, fino a diventare scomodo bastian contrario, inviso ai gerarchi per la sua inclinazione al dissenso e allo stesso Duce, geloso di quell’eroe azzurro, osannato per le sue epiche trasvolate nei cieli del mondo, e dunque puntualmente “esiliato” in Libia, governatore nel deserto. Una promozione sospetta che farà parlare di complotto o di attentato quando il 28 giugno ’40, nei cieli di Tobruk, l’apparecchio di Balbo, impegnato contro i trimotori della Raf, verrà abbattuto per errore dalla distratta contraerea italiana. Per l’“aquila del regime”, mito dell’aviazione, una fine comunque beffarda.