Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 28/6/2011; Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 28/6/2011, 28 giugno 2011
TITOLI TRENTENNALI PER SALVARE ATENE
In alternativa al pugno di ferro dei tedeschi è stato gettato ieri sul tavolo della crisi greca il guanto di velluto dei francesi con un’operazione di compromesso che mira ad accontentare – o meglio non scontentare – un po’ tutti, dalle esangui casse pubbliche greche ai contribuenti tedeschi, francesi, olandesi e finlandesi, dalle banche europee agli investitori istituzionali su scala globale che detengono titoli di stato dell’Eurolandia periferica. Il modello francese ieri sera aveva surclassato già quello tedesco, stando a fonti bene informate.
Le banche francesi, assieme al Tesoro di Parigi e con il disco verde del presidente Sarkozy, hanno avanzato nel week-end e rilanciato ieri una nuova proposta tecnica per risolvere a lungo termine (ma non è ancora chiaro se definitivamente) il problema dell’insostenibile debito pubblico greco. Il meccanismo ricorda alla lontana i Brady-bond, la formula caldeggiata dal Tesoro americano che fu utilizzata per risolvere il crack degli Stati latinoamericani negli anni 80 e proteggere una manciata di banche statunitensi. La Francia propone che i titoli di stato greci in scadenza tra il 2011 e il 2014 vengano rimborsati integralmente e puntualmente. Le banche e le compagnie di assicurazione e anche altri investitori istituzionali che ottengono questo rimborso alla pari reinvestono - su base esclusivamente volontaria - il 70% di quanto incassato in due strumenti: per il 50% in titoli di stato greci a trent’anni che pagano cedole al tasso equivalente a quello dei prestiti dell’Fmi, maggiorato di un extra-premio calcolato in base all’andamento del Pil greco; il rimanente 20% in titoli trentennali con rating "AAA" di tipo zero coupon che quindi vengono emessi ben sotto la pari e poi raggiungono il valore 100 dopo 30 anni. Questo investimento parallelo funzionerà come forma di garanzia per il recupero del capitale investito nei titoli di stato trentennali: il veicolo di salvataggio Efsf potrebbe essere coinvolto tramite l’emissione di questi zero coupon bond oppure con qualche forma di garanzia, ma non è certo.
Il modello francese è molto diverso dalla proposta tedesca. Innanzitutto, il problema non viene rimandato di cinque o sette anni, bensì di trenta. La fiammella della speranza resta accesa: non si può escludere a priori che a condizioni di favore spalmate su un arco trentennale la Grecia non riesca a rialzare la testa. Nel modello tedesco, con una portata di cinque o sette anni, questa eventualità è stata subito scartata dal mercato e abbinata a un haircut, il taglio del capitale. In secondo luogo, Francoforte ha accarezzato l’idea di imporre alle banche la rimodulazione delle scadenze, a tassi punitivi: anche con il rischio di provocare un "credit event" e quindi un default di uno Stato sovrano europeo. Il modello di Parigi invece è volontario e cerca di contenere in tutti i modi le perdite per le banche (quelle francesi sono le più esposte in tutta Europa): con una cedola aggiuntiva indicizzata al Pil, con uno zero coupon di garanzia, con il 30% dei titoli in scadenza rimborsati e incassati dalle banche.
Ieri la formula tedesca e il modello francese sono stati analizzati a fondo e discussi in una riunione convocata a Roma da Vittorio Grilli in qualità di presidente del Comitato economico e finanziario europeo (Cef) e alla quale hanno partecipato una quindicina di banche europee (tra le quali le principali italiane pur avendo un’esposizione minima ai titoli di stato greci) e Charles Dallara, direttore generale dell’Institute of International Finance, l’associazione di lobby che riunisce le maggiori banche mondiali. L’incontro, al quale avrebbero partecipato anche tecnici della Bce e della Ue, ha svolto un ruolo puramente consultivo. Non sono stati presi accordi ma si è «semplicemente» discusso della crisi della greca e dei meccanismi di coinvolgimento dei creditori privati, come ha fatto sapere una fonte vicina alla riunione.
Il modello francese sicuramente piace alle banche e al mercato: e anche per questo ieri l’andamento dei titoli di stato europei periferici, dopo un avvio burrascoso a causa dell’attesa del voto del Parlamento greco sul nuovo piano di austerity, ha chiuso la giornata senza toni isterici. Ma evitare il default della Grecia con una partecipazione volontaria e soft dei privati è solo una soluzione parziale. Potrebbe valere qualche decina di miliardi di euro ma non di più. La Grecia invece avrebbe bisogno di un nuovo pacchetto di aiuti attorno ai 100 miliardi: le banche europee faranno sicuramente la loro parte, ma poi gli Stati dell’Eurozona (tramite Efsf o prestiti bilaterali intergovernativi) e l’Fmi dovranno comunque fare la loro. Isabella Bufacchi • IL MODELLO SONO I BRADY BOND - La lezione latinoamericana degli anni 90 è il modello al quale si rifà la proposta francese per coinvolgere i creditori privati nella soluzione della crisi del debito greco. Una proposta estremamente complessa e dai dettagli ancora insufficienti per poter essere valutata in tempi stretti, osservavano ieri diversi esponenti della comunità finanziaria internazionale. E sulla quale comunque continua a pendere la spada di Damocle del giudizio delle agenzie di rating, che potrebbero etichettarla come forzosa, e quindi un default, anche se viene presentata come volontaria.
Il riferimento esplicitamente avanzato ieri dagli estensori della proposta è quello dei Brady bond, le obbligazioni emesse dai Paesi indebitati dell’America latina dal 1989 in poi e che avevano come garanzia titoli del Tesoro Usa. Il suo ideatore fu Nicholas Brady, il banchiere d’affari divenuto segretario al Tesoro degli Stati Uniti, che riuscì alla fine a indovinare la strada che portò (quasi) tutti i Paesi latinoamericani a districarsi da una crisi debitoria che per quasi un decennio era apparsa intrattabile.
Stavolta peraltro non ci sarebbe un intervento diretto della mano pubblica, secondo l’interpretazione di parte francese, anche se è stato ipotizzato che alcuni dei titoli possano avere una garanzia della Banca europea degli investimenti o del fondo salva-stati europeo Efsf.
Il 50% dell’esposizione attuale, in scadenza fra il 2011 e il 2014, verrebbe reinvestito in titoli greci a 30 anni, i quali assicurerebbero una cedola del 5,5%, la quale potrebbe però essere aumentata nel caso che la crescita dell’economia greca superasse una soglia prefissata. Anche questo elemento è tratto dall’esperienza latinoamericana: è stato utilizzato in particolare dall’Argentina, ed è stato l’elemento che ha consentito agli investitori che hanno accettato di partecipare allo swap decretato da Buenos Aires nel 2005 di ridurre notevolmente le perdite accusate dopo il default del dicembre 2001.
La complessità dell’operazione è notevole: essa prevede anche che un 30% non venga rinnovato, per aumentare l’appetibilità per le banche, e che il restante 20% venga investito in un veicolo speciale, del quale i creditori della Grecia detengano il capitale (riducendo così la propria esposizione al debito greco) e che investirebbe in titoli zero-coupon tripla A. Questo servirebbe a compensare in parte il rischio dei trentennali. Ed è su questo punto che potrebbe intervenire la garanzia della Bei o dell’Efsf. Molti osservatori di mercato, sia della piazza finanziaria londinese, sia di altre piazze europee, affermavano ieri di non disporre ancora degli elementi per valutare la proposta e la sua convenienza per le banche.
L’ottimismo che si era diffuso in un primo momento sui mercati, che la proposta potesse condurre a una soluzione rapida (entro le riunioni europee delle prossime due settimane) del coinvolgimento dei privati è stato in parte raffreddato dalle dichiarazioni del presidente della Deutsche Bank, Josef Ackermann, secondo cui quella francese è solo una delle opzioni che vengono considerate dalle banche. Considerato che Ackermann è anche presidente dell’Institute of International Finance, l’associazione delle grandi banche internazionali che ieri ha partecipato alla riunione di Roma con le autorità europee, la sua voce ha chiaramente un notevole peso. In attesa di una pronuncia delle agenzie di rating. Alessandro Merli