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 2011  giugno 27 Lunedì calendario

KAPOOR, IL BANCHIERE CHE APRE LE VIE DELL’INDIA

L’ innovazione? «Non è un concetto astratto: costituisce il dna del nostro gruppo, il filo conduttore che lega ogni aspetto del business» . A parlare non è i l presidente di un’azienda hi-tech. Rana Kapoor è il fondatore (e ceo) di Yes Bank, l’ultima (in termini temporali) banca privata creata in India che in soli sette anni di vita ha collezionato una lunga serie di riconoscimenti anche internazionali (tra cui «Banca privata numero uno in India» nella classifica 2010 di Ernst &Young e «Banca con la maggior crescita dell’anno» secondo il Bloomberg Awards 2011). Parlare con lui non è come intervistare un banchiere occidentale: Kapoor, 53 anni, nonostante i suoi 15 anni passati a Bank of America (1980-1995), ragiona con altre logiche e con uno spirito più imprenditoriale che finanziario. Ha in sé la carica di un Paese emergente come l’India che scommette sul proprio futuro, sposa l’innovazione tecnologica senza dimenticare le proprie radici e la realtà di una nazione con vaste aree di arretratezza. A differenza di altri istituti privati, Yes Bank non aveva alcun appoggio istituzionale alle spalle. «Non potevamo far altro che essere unici» sostiene il banchiere indiano che in sette anni ha aperto filiali in 26 Stati (sui 28 dell’India) e punta a quasi triplicare gli asset, dai 13,2 miliardi di dollari attuali (+62%nel 2011) a 35 miliardi nel 2015, con un Roe stimato tra il 22 e il 24%. Non è un caso che in questi giorni sia di passaggio a Milano, per incontrare imprenditori e banche italiane interessate a fare business in India. «Per noi si apre una nuova fase: da banca domestica a "ospite", in grado cioè di accompagnare le imprese italiane e straniere intenzionate a fare affari o joint venture con partner indiani» . La strada scelta da Kapoor è quella delle «alleanze» , per questo ha incominciato a dialogare con Intesa Sanpaolo e Unicredit (ma anche Ubi e Mps), consapevole del fatto che l’Italia è il sesto partner commerciale dell’India e dell’interesse crescente per i prodotti italiani del lusso, ma anche auto e infrastrutture. Che cosa significa essere una banca innovativa? «Per i primi cinque anni, innovare era l’unico modo per sopravvivere, proponendo un nuovo business: una banca d’investimento sostenibile in grado di rispondere alle necessità di risorse e consulenza di centinaia di imprenditori che stanno cominciando l’attività in ogni angolo dell’India. E adesso, fino al 2015, l’innovazione ci servirà per crescere. Dovevamo scrivere un’architettura dal nulla. Abbiamo puntato su una tecnologia di servizio creativa, persone mosse da uno spirito imprenditoriale, nuove idee sostenute dall’impegno e dall’azione, insomma un dna di cultura imprenditoriale con un’ossatura tecnologica» . E come? «Innanzitutto tanta information technology, in outsourcing per tenere bassi i costi ma alta l’efficienza del servizio. Secondo, la volontà di creare un knowledge banking , con consulenti in grado di aiutare i clienti a migliorare il loro business. Un gran numero di dirigenti del nostro team non sono bancari, ma esperti nei settori in cui l’istituto si è concentrato: agro-alimentare, telecomunicazioni, automotive, istruzione, salute, media, beni di lusso. Questo da un lato rafforza la relazione con il cliente dall’altro porta a un incremento dei margini, rendendo la banca attrattiva» . Una banca attrattiva? «Sia per il cliente, sia per chi ci lavora, a oggi 4.000 persone, diventeranno 4.500 tra sei mesi, in 255 filiali. Alla base un sistema di relazioni e dialogo a due livelli: dal top management per l’attuazione delle strategie nelle filiali; e dal basso per raccogliere e discutere idee innovative. Grazie a un modello che noi definiamo yes community abbiamo messo a punto programmi di microfinanza per avvicinare al credito le comunità a basso reddito, e di responsabilità sociale per sviluppare soluzioni innovative per problemi socio-ambientali» . Assumete più di 100 persone al mese, dove le trovate? «Per attrarre giovani talenti abbiamo un programma che coinvolge 600 college in tutto il Paese e un team di mentori che trasmettono la loro esperienza. Una volta ogni tre mesi ogni dipendente porta in banca un membro della famiglia per un te. Quando parlo di un miglioramento della banca a mia madre, lei mi chiede: "Quanti posti di lavoro hai creato?", è l’unica cosa che le interessa» . Quali sono le linee guida per lo sviluppo futuro? «La prossima scadenza per noi è il 2015, a cui abbiamo intenzione di arrivare con una crescita del 35%l’anno, il doppio dell’incremento del credito indiano, spostando il focus sempre più sulle piccole e medie imprese, il 40%del Pil indiano, e sul retail. L’obiettivo è ridurre il business corporate dall’attuale 65%al 40%, e alzare quello con le medie imprese dal 23 al 30%, e con le piccole e il retail dal 12 al 30%. Una grossa trasformazione nella composizione della banca e una crescita interna che ci porterà ad aprire 750 filiali con 12 mila dipendenti».