GIAMPAOLO VISETTI, la Repubblica 27/6/2011, 27 giugno 2011
LA LIBERAZIONE SENZA LIBERTÀ DEI DISSIDENTI CINESI
Hu Jia, l´uomo che ha dedicato la sua vita ai cinesi malati di Aids, è stato scarcerato l´altra notte dopo quasi tre anni e mezzo di prigione. Nel 2008, tre mesi prima delle Olimpiadi di Pechino, era stato arrestato per «sovversione». La sua colpa: aver denunciato lo scandalo del sangue infetto, un commercio che ha arricchito alti funzionari del partito e nuovi miliardari della sanità. In Cina solo pochi ricchi possono permettersi un´assistenza medica di qualità. Chi è morto, o chi è stato condannato alla malattia per colpa di una trasfusione avvelenata, non solo non ha ottenuto alcun risarcimento, ma è costretto alla vergogna da una società nelle mani della propaganda.
Tre anni fa le autorità, con la vaghezza dell´accusa che in Cina colpisce chiunque ambisca ad esprimersi liberamente, avevano voluto togliere dalla circolazione uno dei dissidenti più coraggiosi e impegnati nella richiesta di riforme democratiche, per impedirgli di parlare con i giornalisti stranieri. Anche Hu Jia, come avvenuto mercoledì con l´archistar oppositore Ai Weiwei, è stato liberato a notte fonda, per ragioni di salute e solo formalmente.
Attorno alle 2.30 locali, quando anche le strade di Pechino appaiono pressoché deserte, il premio Sacharov 2008 è riuscito a raggiungere la sua casa, che non può lasciare.
Per almeno un anno gli è vietato di comunicare con l´esterno e per andare in ospedale è costretto a ottenere il permesso della polizia. Pur avendo solo 37 anni, Hu Jia in carcere ha contratto una grave cirrosi epatica. «È di nuovo a casa con me e con i suoi genitori - ha detto la moglie Zeng Jinyan, pure nel mirino per il suo sostegno alla democrazia - non so quando potrà tornare a parlare». La finta liberazione di Hu Jia e di Ai Weiwei, nel giro di pochi giorni e mentre il premier Wen Jiabao si trova in Europa per acquistare un´altra rata dei nostri debiti pubblici e rassicurare sulla sostenibilità della crescita cinese, segna una tappa nuova nella politica del dissenso promossa da Pechino. Per evitare anche le sempre più blande ramanzine ufficiali dei governi occidentali sulla violazione dei diritti umani, la seconda potenza economica del mondo ha scelto la strada di far uscire dal carcere i suoi oppositori più famosi all´estero. Scarcerare, in Cina, oggi non significa però liberare. Hu Jia e Ai Weiwei, come l´avvocato Chen Guangcheng, condannato per aver denunciato la violenza contro le donne costrette ad aborti e sterilizzazioni forzate, non sono più in una cella ma restano isolati dal mondo.
La minaccia di scomparire per sempre, o di vedere perseguitati e torturati genitori, coniugi e figli, impedisce loro di infrangere il silenzio e la solitudine a cui sono costretti. Ciò che resta dell´ultima generazione del dissenso cinese non è però accomunato solo dalla nuova forma di «liberazione senza libertà». Tutte le ultime scarcerazioni sono avvenute nel cuore della notte e per ragioni di salute. È come se il partito-Stato, che venerdì prossimo celebrerà i novant´anni dalla sua fondazione in un´isteria di retorica maoista, improvvisamente iniziasse a vergognarsi di mostrare il volto sofferente dei detenuti per reati di opinione e temesse che qualcuno possa infine morire in carcere.
Fino ad oggi, per decenni, le autorità cinesi hanno esibito una totale indifferenza verso le rimostranze occidentali su diritti umani e libertà di espressione. Qualcosa, dentro gli equilibri misteriosi di un politburo che nel 2012 sarà interamente rinnovato, sembra essersi rotto. La dimensione della Cina, nei tre anni di crisi finanziaria dell´Occidente, è cambiata. L´unico comunismo di successo ad essere sopravvissuto al Novecento si appresta a guidare sviluppo e crescita mondiale in questo secolo. Cancellerie, mercati e popoli del resto del pianeta sono spaventati dall´idea che per la prima volta sia un autoritarismo asiatico a governare un pianeta economico che con la fine della seconda guerra mondiale ha fatto la scelta della democrazia. A Pechino non basta dunque più acquistare i debiti di Usa e Ue, assorbire le merci straniere, produrre sottocosto e comprare le aziende occidentali in crisi. Per essere accettata nella buona società la Cina inizia a prendere atto che deve anche rendersi presentabile, riconoscendo i valori universalmente rispettati. Il problema è capire se le «liberazioni senza libertà» sono il primo passo verso una progressiva distensione reale, oppure si riducono alla «via cinese» verso l´ipocrisia di una apparente buona volontà, ad uso di politici e mezzi di comunicazione. Per i dissidenti essere reclusi in casa è preferibile che languire in cella. Il loro status di prigionieri politici però non cambia e non si può dimenticare che dietro una decina di nomi famosi, restano centinaia di anonimi oppositori in carcere, nei campi di lavoro e in quelli di rieducazione, nei manicomi, in esilio, o scomparsi da anni in luoghi segreti. Il caso più drammatico è quello di Liu Xiaobo, condannato a 11 anni per aver sottoscritto «Charta 08». Gravemente ammalato, giace in una galera della Manciuria, e neppure il premio Nobel per la pace, consegnato nel dicembre scorso ad una sedia vuota, lo ha avvicinato alla libertà. Al contrario: dall´11 ottobre hanno smesso di essere liberi anche sua moglie, Liu Xia, sua madre e i suoi fratelli. Anche l´altro Nobel cinese, il Dalai Lama, è un esule dal 1959, viene definito «criminale» e se tornasse in Tibet verrebbe arrestato. In Cina è iniziata l´era delle scarcerazioni selettive, ma nessun dissidente riassapora una vita libera. Tocca all´Occidente non lasciarsi ingannare, o cedere alla tentazione di fingere cinicamente di credere in una svolta umanitaria. Il premier cinese Wen Jiabao ieri in Inghilterra ha assistito ad una commedia di Shakespeare, oggi sarà a Londra con Cameron, domani a Berlino con Angela Merkel. L´incertezza interna e l´ambizione esterna di Pechino per l´Europa sono una grande, forse l´ultima occasione: a patto di pretendere che per Hu Jia, Ai Weiwei, Liu Xiaobo e altri centinaia di senza nome, le porte chiuse si aprano davvero.