Elio Trifari, La Gazzetta dello Sport 19/5/2011, 19 maggio 2011
IL RISORGIMENTO DELLO SPORT. 13 PUNTATA
Mussolini ordina «Vincere ai Giochi». E l’Italia si adegua -
Quando nel 1928 l’Italia torna dai Giochi di Amsterdam con un bilancio di 19 medaglie, tre in più rispetto a Parigi ’ ’24 ma quattro in meno del record di Anversa 1920, al sesto posto nel medagliere alla pari dell’Olanda, Mussolini che chiedeva una perentoria affermazione degli azzurri olimpici non sprizza gioia. Convoca con modi bruschi il presidente del Coni, Lando Ferretti, da lui stesso insediato tre anni prima, e gli impartisce una sonora lavata di testa. «L’Italia rivaleggia con le prime nazioni al mondo, dev’esserlo anche nello sport» , tuona il Duce, che per il riscatto incarica, nel 1929, il vicesegretario del Partito Starace di rilanciare il Coni e lo sport italiano di vertice. Immagine L’operazione ha lo scopo di presentare al mondo, e agli emigrati d’Italia negli Stati Uniti, il volto di un’Italia moderna e vincente attraverso le affermazioni olimpiche che devono essere programmate senza risparmio di mezzi per l’edizione di Los Angeles 1932. Per questo traguardo, nulla dovrà essere tralasciato: meticolosa selezione, preparazione lunga e puntigliosa, «senza perder tempo con le donne» (che infatti per l’Italia a Los Angeles non andranno), tecnici stranieri e di prestigio. Quando sul «Conte Biancamano» prendono posto i 101 prescelti, i futuri «eroi olimpici» , l’ordine è categorico: vincere, ovviamente. E vinceremo, in effetti: il numero di medaglie raccolte a Los Angeles, 36, sarà eguagliato soltanto nell’edizione casalinga di Roma ’ 60, e mai più superato; nel medagliere, saremo secondi soltanto ai padroni di casa, trionferemo finalmente in atletica, ma non nella marcia, con Beccali, risorgeranno scherma e canottaggio, serbatoi tradizionali. Il 12-12-12 collezionato in California— miglior rapporto della storia fra atleti inviati e podii conquistati— sarà uno dei fiori all’occhiello della nuova Italia che si sta formando, trampolino di lancio per poter chiedere, ambizione suprema del Duce, l’organizzazione dei Giochi. Passo indietro Ma la politica induce Mussolini prima a cedere il passo ai tedeschi per il ’ 36, infine ai giapponesi dell’asse per il 1940 (Giochi poi cancellati), mentre il 1944 che nei sogni del Coni sembrava certo (i Giochi invece vanno a Londra, poi a Helsinki, infine svaniscono sotto le bombe) vedrà il mondo e i cinque cerchi letteralmente in ginocchio. A Berlino siamo terzi nel computo di medaglie, quarti per gli ori, ma a stratosferica distanza da tedeschi e statunitensi. E quella generazione che avrebbe dovuto poi trionfare a Tokyo 1940 sarà dispersa dalla guerra, che porta via con sé le ambizioni internazionali di Mussolini. Niente «stadio olimpionico» al Foro Mussolini (oggi Italico), nessun altro faraonico impianto di quelli progettati nel 1935; ci penserà l’Italia repubblicana, e un duo di cui ci occuperemo tra poco: i due Giulii, Onesti e Andreotti.