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 2011  marzo 21 Lunedì calendario

Anno VIII – Trecentosessantacinquesima settimana Dal 14 al 21 marzo 2011 -“Odyssey Dawn”, cioè la guerra con la Libia, guerra a cui partecipiamo

Anno VIII – Trecentosessantacinquesima settimana Dal 14 al 21 marzo 2011 -

“Odyssey Dawn”, cioè la guerra con la Libia, guerra a cui partecipiamo. I francesi bombardano con i loro aerei Rafale, gli americani sparano contro le coste decine e decine di missili Tomahwak, i Tornado italiani, domenica sera, sono andati ad accecare i radar libici, mentre Gheddafi se ne è rimasto chiuso per tutto il tempo nel suo bunker, vivo e a quanto pare per niente intenzionato ad arrendersi.

Onu Gheddafi era praticamente arrivato a Bengasi, e l’avrebbe riconquistata. Ma, alle porte della città, ha lanciato questo annuncio: «Vi stiamo venendo a prendere, vi troveremo anche dentro gli armadi, arrendetevi deponendo le armi altrimenti non avremo pietà». Si racconta che questa frase bellicosa abbia definitivamente persuaso il Consiglio di sicurezza dell’Onu, riunito in quel momento, ad approvare la risoluzione 1973, presentata da Francia, Gran Bretagna e Libano. Era giovedì, quando da noi è già notte. Al Consiglio di sicurezza esiste il diritto di veto, e russi e cinesi – non nemici fino a quel momento del Raiss – avrebbero potuto esercitarlo. Ma hanno scelto di astenersi e così la risoluzione è passata con l’astensione di Germania, Russia, Cina, India e Brasile e il sì di tutti gli altri.

Risoluzione La risoluzione autorizza «tutte le misure necessarie» a proteggere il popolo libico. Quindi certamente la no-fly zone, cioè l’azione che impedisce agli apparecchi di Gheddafi di alzarsi in volo. Ma i raid? I francesi hanno cominciato a bombardare per primi, alle 17.45 di sabato 19 marzo, prendendo di mira l’artiglieria del Raiss intorno a Bengasi. La sera, e poi ancora la notte, dalle navi americane sono partiti i missili Tomahwak, un centinaio, diretti contro le batterie contraeree libiche. Raid e bombardamenti sono continuati ancora domenica. La sera è stata la volta dei Tornado italiani, levatisi in volo da Trapani Birgi per andare ad accecare i radar di Gheddafi: sei apparecchi in tutto, quattro Ecr destinati all’azione e due Ids per i rifornimenti in volo. Due ore di azione senza incidenti e, a quanto se ne sa, senza vittime. Il portavoce dei ribelli, Hafiz Ghoga, ha detto a Sky News che la controffensiva di Gheddafi ha provocato invece ottomila morti tra gli insorti. Gli attacchi e i bombardamenti continuano mentre scriviamo. Sparano gli inglesi, sparano i danesi, alla coalizione formata da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia, Spagna, Canada e Danimarca s’è aggiunto da ultimo il Belgio e sono entrati già in azione quattro caccia del Qatar, una presenza molto significativa per gli occidentali, dato che si tratta di un paese musulmano. A giorni dovrebbero unirsi alla coalizione anche gli aerei degli Emirati arabi uniti.

Vittoria Questo spiegamento di forze farebbe supporre una vittoria facile e raggiungibile in poco tempo. E tuttavia: la risoluzione dell’Onu, insieme con la volontà dei rivoltosi e della parte musulmana che sostiene l’attacco, impedisce azioni a terra. Quindi nessuna fanteria, nessun carro armato, nessun marine, insomma il divieto assoluto di conquistare materialmente il territorio e metterlo sotto controllo. Gli Alleati hanno intimato a Gheddafi il “cessate il fuoco” e Gheddafi ha sostenuto due volte di aver smesso di sparare. Però gli americani non gli credono: uno scontro furibondo sarebbe avvenuto (e forse è ancora in corso) a Misurata, varie esplosioni e incendi sarebbero state registrate nella stessa Bengasi, una città di un milione di abitanti, dove si segnalano, comprensibilmente, migliaia di civili in fuga. Il Raiss, che abbia o no abbassato le armi, non sembra minimamente intenzionato ad arrendersi. Sta chiuso nel suo bunker di Bal-al-Azizya (parzialmente distrutto dai raid), annuncia che centinaia di libici sono pronti a fare da scudo umano alle incursioni rendendosi volontariamente bersaglio intorno a lui, e domenica ha anche parlato alla tv di stato: «La nostra terra sarà un inferno per voi… Tutto il mondo vede che è in corso una crociata contro il mondo islamico e la Libia in particolare… Barbari… Vi sconfiggeremo, non potete nascondervi dietro i missili e dietro le vostre navi, siamo aggrappati alla nostra terra… Tutto il popolo libico è in armi… Siamo pronti a una guerra lunga e voi non ne avete la capacità… Voi volete il petrolio, ma la nostra terra ci è stata data da Dio e non ve la lasceremo prendere… Abbiamo subito dei raid e questi sono metodi terroristici, se si combatte si combatte sul terreno con una battaglia e non con gli attacchi di questo tipo… I Paesi cristiani sono dei criminali… Italia, sei una traditrice… Noi vinceremo col partito di Satana contro il partito di Allah…».

Dubbi Il primo problema è che la coalizione non ha la solidarietà piena del resto del mondo. Ha fatto intanto sensazione la decisione tedesca di astenersi sulla risoluzione e di non partecipare poi in alcun modo ai combattimenti. Guido Westerwelle, il loro ministro degli Esteri, ha fatto ufficialmente sapere che, per quanto li riguarda, le sanzioni sarebbero state più che sufficienti. Questa presa di posizione può avere conseguenze importanti a livello europeo: i tedeschi hanno in genere fatto asse con i francesi, e Sarkozy è intenzionato invece a farla da protagonista in questa guerra alla Libia. Non si deve sottovalutare poi la posizione di Putin: la Russia, astenuta sulla risoluzione, ha prima deplorato i raid, poi, il giorno dopo, li ha condannati con toni più forti. Idem la Cina, per ora solo “rammaricata”, ma evidentemente guardinga: s’è astenuta sulla risoluzione e ha in Africa interessi fortissimi e una presenza molto attiva (miliardi e miliardi di investimenti, nutrite colonie di tecnici, terre affittate per secoli, ecc.). L’Unione africana, che riunisce quasi tutte le nazioni di quel continente, sta con Gheddafi e si sta dando da fare sul piano diplomatico perché gli occidentali la smettano. Anche la Lega araba, che ha appoggiato la no-fly zone, è spaccata: domenica pomeriggio il segretario Amr Moussa s’è scagliato contro i bombardamenti («non era questo che intendevamo»), ed è poi stato costretto a smentirsi.

Alleati Qualche incrinatura emerge già anche tra le forze della coalizione. Intanto sono divisi gli americani: a una linea morbida al limite dell’indifferenza di Obama (il pacifista che teme l’accusa di aver aperto un terzo fronte dopo Iraq e Afghanistan) si contrappone la volontà fortemente interventista di Hillary e dei clintoniani, padroni assoluti fino ad ora della politica estera Usa. Non è chiaro chi comanda e soprattutto chi comanderà la coalizione: gli americani vogliono che la palla passi agli anglo-francesi, Sarkozy non vuole che il quartier generale sia a Napoli, ma casomai a Ramstein, gli inglesi mostrano qualche titubanza, ma intanto loro uomini sarebbero da molte settimane addirittura sul terreno ad aiutare gli insorti. Spaccatura anche sul ruolo della Nato, per ora tenuta in disparte. Stampa e televisione, quasi ovunque, appoggiano l’intervento senza esitazione, ma l’opinione della gente comune, quella che vota e determina i sondaggi d’opinione, è tutta da verificare. L’operazione è davvero così umanitaria? Non ci sarà di mezzo il petrolio? La guerra non è per caso un tentativo di banalizzare la crisi economica o di farla dimenticare?

Italia Problemi anche in Italia, dove il Pd, Casini, Fini hanno appoggiato l’intervento. Ma la Lega ha disertato il voto alle Commissioni Esteri e Difesa, e Bossi ha parlato francamente contro: «Perderemo gas e petrolio e saremo invasi da migliaia di immigrati». L’Italia ha messo a disposizione sette basi e otto aerei, gli inglesi agiscono da Gioia del Colle, gli spagnoli da Decimomannu, i canadesi da Trapani, il cui traffico civile è stato sospeso. La guerra a Gheddafi contraddice tutta la politica estera di Berlusconi, che da anni ha puntato sulla Libia e su Putin e che si trova improvvisamente scaraventato sull’altro fronte.