Varie, 28 maggio 2011
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Maccanti Elena
• Torino 5 febbraio 1971. Politico. Nel 2008 eletta alla Camera con la Lega Nord, ha poi dato le dimissioni per diventare assessore della Regione Piemonte (agli Affari istituzionali, Rapporti con il Consiglio regionale, Controllo di gestione e trasparenza amministrativa, Promozione della sicurezza e polizia locale, Enti locali, Rapporti con società a partecipazione regionale) • «[...] La Lega fa crescere la propria classe dirigente [...] perché da noi non c’è l’abitudine di consolidare il potere individuale. Si pensa al futuro del Carroccio. L’obiettivo finale è il federalismo, il movimento. E infatti Bossi dice sempre di votare il partito senza scrivere la preferenza, perché gli elettori hanno fiducia nelle scelte della nostra classe dirigente [...]» (Francesca Basso, “Corriere della Sera” 31/3/2010) • «Diventata leghista a 22 anni, nel 1993 [...] rappresenta l’evoluzione genetica della Lega. Simbolo dell’ultima intuizione sociale e politica di Bossi, che punta sull’onda rosa, oltre che sui giovanissimi, per espandere la potenza territoriale del Carroccio. [...] Proveniente da una famiglia socialista, Elena è una delle ultime figure emergenti di cui si sentirà parlare. Ha fatto la tipica gavetta territoriale padana: militante, vicesegretario provinciale, consigliere comunale [...] segretaria cittadina della Lega a Torino e deputata [...] ha curato la campagna elettorale di Roberto Cota, come tutte le leghiste, ha un solo faro: Bossi. Infatti nel suo archivio ha conservato gli schemi sociali che il Capo faceva pubblicare sulla Padania, che lei, dice, ha capito solo anni dopo. “Anche quando parlava di devolution non capivo bene quali fossero le sue intenzioni, non sapevo neanche come pronunciare questa parola. Se all’inglese, o con l’accento piemontese, ma non suonava bene perché sembrava spagnolo. Mi chiedevo: ma di cosa sta parlando? Ma lo sapevo che prima o poi lo avrei capito. E infatti è stato così”. Quando è arrivata in Parlamento, nel 2008, le sembrava tutto farraginoso, lontano dalla realtà. Della politica romana, non sopportava i tempi morti: tre, quattro settimane per una risposta a un’interrogazione parlamentare; mesi per una legge. E un bisogno impellente di riformare il bicameralismo, di ridurre il numero dei parlamentari, di fare in fretta, di dare risposte ai suoi elettori, ai militanti rimasti a casa. [...] Come tutte le leghiste, o quasi, va matta per la piazza, le liturgie collettive. “Quando sono a Torino, gazebo tutti i giorni. In Piemonte abbiamo vinto per un motivo: stiamo in mezzo alla gente. Le donne possono fare la differenza, ma spesso non si fanno avanti perché la politica richiede troppi sacrifici. Gli uomini sono arroccati, temono di perdere il loro feudo. Io dico sempre: avanti, c’è posto per tutti, non si può essere eletti e governare pensando solo a come essere rieletti nella prossima legislatura. La politica si deve adattare ai ritmi delle donne: dobbiamo promuovere politiche adatte per aiutare le donne a conciliare famiglia e carriera”» (cris.g., “Il Foglio” 15/4/2010).