Stephen Fry, Corriere della Sera 28/05/2011, 28 maggio 2011
«NEL POP E NELLA VITA C’E’ BISOGNO DI MAGIA» - M
i avvicino al banco del Lanesborough Hotel, tossicchio con discrezione e sussurro, quasi fosse il genere di osservazione da confidare casualmente alle orecchie del concierge, «Buona sera. Sono qui per incontrare Lady Gaga» . Come senz’altro saprete, è una questione di orgoglio per le stelle di Hollywood registrarsi negli alberghi sotto pseudonimi tanto elaborati quanto talvolta ridicoli. Solo le persone informate sono allora in grado di contattare le loro stanze o chiedere di vederli. Lo staff di Lady Gaga mi aveva avvertito che non era stato attivato alcun codice, ma per qualche motivo sapevo istintivamente che la mia Lady era semplicemente troppo famosa e… troppo… sì, Gaga, per perder tempo con tante sciocchezze. Mentre mi facevo strada verso l’ingresso dell’albergo, tra due ali di folla assiepata all’esterno, molti avevano alzato la voce in grida eccitate e la mano destra irrigidita in una sorta di artiglio, un gesto che avevo tentato goffamente di ricambiare. La folla deve aver indovinato il motivo per cui mi presentavo al Lanesborough ed era solo normale accennare a questo riconoscimento, restituendo il saluto. La mano sollevata in aria a mo’ di artiglio è il simbolo di identificazione globale dei fan di Lady Gaga, detti Piccoli Mostri, come amano definirsi. Non sono per niente imbarazzato di considerarmi anch’io — malgrado l’età avanzata e i chili di troppo — una sorta di Piccolo Mostro. Avevo già fatto conoscenza di Lady Gaga grazie a un amico in comune sulla terrazza della Soho House a West Hollywood: aveva sollevato il velo che indossava quella sera, lasciandosi stampare un bacio su entrambe le guance. Tanti ricordi mi frullavano per la mente mentre venivo scortato fino alla suite dove l’avrei intervistata. Avverti una forte sensazione del carattere e del comportamento di una star fiutando lo stato d’animo di coloro che la circondano. Gli assistenti che di tanto in tanto si affacciano per scusarsi del ritardo (Lady Gaga è impegnata in altre interviste in una suite qui accanto), hanno tutti l’aria tranquilla, cortese e pacata. Certo non hanno lo sguardo spento di personale prezzolato oppresso dal lavoro e tormentato dalle intemperanze verbali della celebrità, che volessero prepararmi agli umori scontrosi e alle bizze prepotenti della celebrità. In quel momento, proprio mentre mi chiedo se non è il caso di versarmi un’ altra tazza di tè, ecco che Lady Gaga compare nella stanza. Non posso affermare che il copricapo di ispirazione chiaramente wagneriana sia stato scelto in mio onore, ma certamente ha contribuito a farmi sentire a mio agio, come pure le semplici parole, «Ben ritrovato!» e l’offerta della guancia. Si è seduta su una sedia, ha appoggiato tranquillamente le gambe sul bracciolo del sofà dove mi ero accomodato e l’intervista è cominciata. Rimasti soli, ho esordito con una voce raccolta tra il personale dell’albergo qualche ora prima. «Ho sentito che ieri sera hai fatto distribuire qualcosa da bere a tutti i fan raccolti davanti all’albergo? «Beh, ieri ho offerto loro cioccolata calda e biscotti, e siccome oggi sono stata impegnata tutto il giorno con la stampa, mi dispiaceva non aver avuto un attimo per scendere giù a salutarli. Però ho fatto comunque un salto e ho portato loro ancora biscotti e fiori» . «I tuoi fan sono diversi oppure si somigliano tutti in giro per il mondo?» , le chiedo. «Si somigliano, direi. Ma i Piccoli Mostri costituiscono una comunità, mi fanno sentire a casa mia dovunque mi trovi» . «Sembri felice di essere portavoce degli emarginati, degli estranei, dei reietti, di quelli che non si adeguano, di quelli che restano al di fuori della tribù, per così dire...» «Potrebbero essere chiunque...» «Già...— azzardo— siamo tutti emarginati, in realtà. È solo che alcuni di noi sono più bravi degli altri a tenerlo nascosto» . «Alcuni sanno portare la maschera. E il mio nuovo album «Born This Way"parla appunto della capacità di rinascere, a più riprese, nel corso della propria vita» . «Davvero?» . Resto interdetto. «Io credevo che il significato del brano che dà il titolo all’album è "sono nato così: gay, etero, bi, lesbica, transgender, qualunque cosa"e che tu volessi affermare che…» «In realtà la sessualità rappresenta solo una piccola parte di noi... è interessante vedere come la gente si aggrappa alle parole. Dici "gay"in una canzone e di colpo tutte le altre parole svaniscono nel nulla. Sono contenta che la gente abbia preso di mira quella parola, perché è una parola importante da liberare. L’album, però, parla della rinascita in ogni senso. Rinascere più volte finché non si scopre l’identità che è dentro di noi e ci definisce al meglio in quello che siamo e questo ci fa sentire campioni nella vita» . Passo al nuovo album della cantante, del quale ho avuto modo di ascoltare anticipatamente qualche brano. La canzone «Hair » riporta la gustosa vignetta di una madre che non vuole lasciare uscire la figlia «conciata a quel modo» , un problema sul quale figli adolescenti e genitori si scontrano da anni. «A soli 25 anni — le dico — sei ancora abbastanza giovane per non darti arie di superiorità quando ti metti dalla parte dell’adolescente contro i genitori, ma forse tra una decina d’anni avrai un figlio tuo. Credi che questo potrebbe cambiare la tua prospettiva, o ti basta aspettare e vedere quello che succederà?» . «Non saprei, penso che aspetterò di vedere come si metteranno le cose. E forse qualcuno mi accuserà di guardare dall’alto in basso, perché ci sono persone che non sentono la necessità di liberarsi. E non c’è nulla di male. È solo che io porto un messaggio e sono pronta a battermi fino alla fine» . Il messaggio, «Scopri chi sei e vivi la tua vita» ha un significato importantissimo per Lady Gaga. Come tutti i semplici aforismi può apparire profondo o ingenuo, a seconda del punto di vista. Penso di essere vecchio abbastanza per capire quando vengo deriso, smontato o preso in giro. Ma negli occhi e nella voce di Lady Gaga vedo qualcosa che mi dice che questa ragazza sarà tutto, ma non una bugiarda. I «messaggi» convogliati dalle sue canzoni, l’invito alla libertà e alla realizzazione di sé, i richiami alle forze armate Usa sulla politica ipocrita e dannosa del «non domandare, non rivelare» , l’appoggio dato agli emarginati della società potrà far inarcare le sopracciglia a qualcuno, con l’immancabile osservazione cinica che fare l’amico di quelli che non hanno amici è un’ottima strategia di mercato. Contro tanto arido cinismo vorrei sottolineare che Lady Gaga non ne ha certamente approfittato, sotto il profilo monetario. Pur avendo segnato il più grande successo degli ultimi anni, il suo ultimo tour l’ha portata sull’orlo della bancarotta. «Sono sincera quando dico che il denaro per me non ha nessun valore. Le sole cose costose che ho comprato finora sono la valvola cardiaca per papà e la Rolls Royce per l’anniversario dei miei genitori. E solo perché papà aveva la targa LADY GAGA sulla vecchia macchina e la cosa mi faceva infuriare perché lo seguivano dappertutto, e così gli ho comprato una nuova macchina. A parte questo, reinvesto tutto nello spettacolo, e in realtà sono finita in rosso dopo il primo prolungamento del "Monster Ball Tour". Il bello è stato che non me ne sono nemmeno accorta! Ricordo di aver chiamato a destra e a manca per dire "Perché andate dicendo che non ho più un soldo? È ridicolo, ho cinque brani in testa alle classifiche". Mi hanno risposto che avevo tre milioni di dollari di debiti» . I suoi critici la definiscono una reincarnazione estrema di Madonna: stesse origini italiane a New York, stesse manipolazioni della personalità, stesso modo di vestire estremo e spesso scioccante, stessa propensione ad assorbire e modificare, fino al sacrilegio, il linguaggio e l’iconografia cattolica, nella quale sono entrambe cresciute. Vengono additate altre influenze: Freddie Mercury (è dalla canzone dei Queen, «Radio Gaga» , che ha preso il nome), David Bowie, Debbie Harry... innumerevoli sono gli affluenti confluiti nel fiume Gaga ed è lei la prima a riconoscere il suo debito verso tutti loro, innanzitutto nei confronti di Madonna. Ciò che la infastidisce a questo proposito, mi confida, è che la gente pensa di indispettirla nel porle la domanda. «In realtà Madonna mi piace tantissimo. La trovo incredibile. È impossibile da duplicare e sì, anch’io sono di origini italiane e vengo da New York ma non è colpa mia se le assomiglio. E allora trovo davvero insopportabile quando la gente insinua che non mi piace essere paragonata a lei… Madonna è meravigliosa, una fonte di ispirazione e di liberazione, e certamente ha ispirato i miei album, come pure David Bowie, Prince, Michael Jackson, e ancora Grace Jones, sono la prima a riconoscerlo» . Adesso Lady Gaga mi rivela un particolare che mi sorprende e mi fa capire fino a che punto sia una vera perfezionista. «Ieri ho rivisto la mia performance in un programma tv. Non mi stancavo di riesaminarlo, l’avrò guardato decine di volte. Ho studiato tutti i punti che mi piacevano e tutti quelli che non mi piacevano… Studio nel dettaglio tutti i particolari dello spettacolo. La cosa più bella per me come artista è che questo sogno non finirà mai, perché non mi lascio sedurre dalle cose materiali e non mi importa niente dei soldi e non m’importa niente dell’adorazione del pubblico, per me conta solo l’amore dei miei fan. Per me il lavoro è tutto, per far crescere la mia arte» . Aggiunge: «L’opinione corrente sui cantanti pop e sulle personalità pubbliche è che… pensiamo solo a noi stessi, e com’è possibile che una donna come me, che adora il teatro, la fantasia e la magia, com’è possibile che possa fare sul serio? A me sembra davvero una posizione antifemminista, affermare che una donna che porta i capelli e i tacchi come faccio io manchi di sincerità» . Il discorso prosegue: «Vivo costantemente tra realtà e fantasia perché così ho scelto, e tutti possono farlo. Sono convinta che ognuno di noi abbia qualcosa di magico e perché mai, in quanto società, siamo tanto spaventati dalla magia? Perché magia è sinonimo di artificio? Perché il fantastico è sinonimo di menzogna? Se l’arte è inganno, allora vi dico che mentirò ogni giorno finché non la farò diventare vera» . Le chiedo se per caso non abbia creato Lady Gaga proprio per poter disporre di un grandioso alter ego pronto ad assorbire tutta l’attenzione, le critiche, le lusinghe e le intemperanze mentre Stefani Germanotta, pacata e diligente, può tranquillamente occuparsi a far funzionare gli ingranaggi professionali dietro le quinte. Mi sbaglio, pare, e di grosso. «Non mi identifico in due persone distinte e non considero Lady Gaga, cioè io, come protettrice di Stefani… mi vedo piuttosto coinvolta in una fase di trasformazione costante. Io sono per il teatro senza intermezzi» . E continua: «C’è una parte di fantasia, una parte di teatro, tutto è perfettamente comprensibile… Ciò non rovina l’integrità né la fantasia del teatro, anzi, è una dichiarazione generale sulla corruzione del governo e l’esigenza di trasparenza… Perciò, se vuoi lanciare un messaggio al mondo, puoi dire che Lady Gaga è la Bertolt Brecht della musica pop» . Parliamo di maschere e di Oscar Wilde e della natura della rappresentazione teatrale e dell’esigenza degli artisti di seguire la propria vocazione. Mi cita il verso di Rilke che si è fatta tatuare sul braccio sinistro: «Nell’ora più buia della notte, confessa che preferiresti morire se ti impedissero di scrivere. E leggi nel profondo del tuo cuore, dove affonda le radici, la risposta, e chiediti, devo scrivere?» . È un tatuaggio molto esteso, mi confessa. Le propongo un’altra citazione sulla scrittura, questa volta di Thomas Mann: «Lo scrittore è una persona che trova più difficile scrivere rispetto agli altri» . Mi capisce al volo. Non so che cosa mi aspettavo da questo fenomeno globale, ma non era questa seducente miscela di calore umano, umorismo, acume e autoironia che ho trovato. Lady Gaga ha espresso le sue idee sul suo lavoro che indubbiamente ha già manifestato altrove. Anch’io, nel mio piccolo, ho dovuto percorrere la medesima strada per farmi conoscere e so benissimo quanto sia logorante e quanto sia facile sciorinare le stesse identiche risposte. Tuttavia, sono rimasto lusingato, vecchio buffone che non sono altro, dall’attenzione con la quale ha accolto ogni mia domanda e dalla sua inesauribile vitalità, anche dopo una dura giornata di lavoro. Ma non è finita qui. «Chiama il fotografo» , mi dice e subito si mette a dirigere lei stessa la sessione fotografica come un’esperta regista. Prende una rosa da un vaso e dice, seria, rivolta a Shamil: «Comincia a scattare al tre, d’accordo?» . Si accomoda sul divano accanto a me, stacca i petali della rosa e li lancia in aria, sopra le nostre teste, per poi pronunciare: «Tre!» . Ed eccoci lì, Lady Gaga ed io, con i petali della rosa che scendono fluttuando davanti a noi. Chissà che cosa porterà il futuro a una star salita già tanto in alto, tanto in fretta e che brilla di luce così fulgida nel mondo? Che cosa sia in grado di offrire a tutti coloro che non sanno comporre canzoni, che non hanno amici, né buon senso, né autostima, lo sappiamo fin troppo bene. La nostra stella sembra ben fornita di quelle doti, e altre ancora, tanto che questo Piccolo Mostro ha piena fiducia che il mondo resterà incantato da Lady Gaga per molti anni ancora.
Stephen Fry
© 2011, Financial Times (traduzione di Rita Baldassarre)