Giorgio Santilli, Il Sole 24 Ore 28/5/2011, 28 maggio 2011
TORINO-LIONE FIGURACCIA EUROPEA
Dopo dieci anni di scontri sul territorio, traccheggi, incertezze politiche, progetti abbozzati, mezze varianti e tavoli infiniti, siamo allo snodo fondamentale della Torino-Lione. Lo hanno ribadito ieri Piero Fassino e Sergio Chiamparino, con Confindustria e le altre organizzazioni imprenditoriali, ribadendo l’importanza strategica dell’opera e la necessità di superare l’opposizione di chi sul territorio, anche con manifestazioni violente, contesta l’apertura dei cantieri. Restano aperte tre questioni decisive, ormai al punto di non ritorno. Una decisione va presa in tempi rapidissimi per non compromettere tutto. Anzitutto, il piano economico-finanziario atteso al Cipe nelle prossime settimane. È chiaro ormai che l’opera si farà solo con un progetto low cost (si veda Il Sole 24 Ore del 22 maggio) capace almeno di dimezzare l’investimento attuale di 9-10 miliardi: rinvio a dopo il 2030 (solo se le condizioni di traffico lo richiederanno) della seconda canna del tunnel di base del Frejus, oltre al mantenimento della linea storica senza raddoppio da Torino fino a Susa. Queste sono le principali novità del "progetto leggero" che ancora non è stato ufficializzato ma è l’unico che il ministero dell’Economia sembra disposto ad approvare.
Seconda questione che arriva a scadenza è la trattativa con i francesi. Il punto si incrocia con il primo, perché anche Parigi chiede la “fasizzazione” dell’opera, cioè la divisione in più lotti e la realizzazione di una sola canna del tunnel di base entro il 2030. La trattativa nella commissione intergovernativa italo-francese dovrebbe portare però - chiede l’Italia - anche al riequilibrio della quota di finanziamento della tratta internazionale che oggi è per il 67% a carico di Roma. Per tornare a una ripartizione 50-50 si dovrà accorciare la parte internazionale della linea e allungare quella italiana, ma anche avviare subito i lavori del cunicolo della Maddalena, come chiedono i francesi.
Qui si arriva al terzo punto: l’avvio dei cantieri in val di Susa,chiesto anche dalla Ue. Se non si parte entro martedì perderemo il finanziamento Ue e non saremo più attendibili quando andremo a parlare di infrastrutture a Bruxelles. Nei giorni scorsi lo ha spiegato anche il viceministro alle Infrastrutture, Roberto Castelli.
I tre punti si intrecciano in un gioco complesso ma in una direzione unica, che rende possibile un’intesa sia con i francesi sia con le popolazioni locali. A patto che il Governo abbia coraggio ora nel rivedere realisticamente il costo dell’opera, come chiede Tremonti, e che non si riparta con un’altra estenuante trattativa sul territorio.
La variante leggera può mettere d’accordo tutti, esigenze di finanziamento, consenso delle frange meno estremiste della popolazione locale e partner francesi. È forse l’ultima strada realistica e percorribile per evitare che si avvii inesorabilmente al tramonto un’opera che vogliono davvero, ormai, solo in pochi. I francesi non l’hanno mai amata e preferiscono gli assi est-ovest a nord delle Alpi, le Fs hanno sempre prediletto il Brennero, i costi economici sono elevati per lo Stato, il traffico su quest’asse continua a diminuire, a Milano le istituzioni guardano più volentieri ai tunnel svizzeri, la Lega non si è mai stracciata le vesti (lo disse esplicitamente Bossi una volta, salvo rimangiarsi l’affermazione per non mettere in difficoltà un tiepido Cota). Se tutto si bloccasse ora, faremmo una figuraccia con l’Europa, ma a pagare il prezzo più alto in termini di isolamento sarebbero Torino e il Piemonte.